lunedì 15 ottobre 2012

De rouille et d'os - Un sapore di ruggine e ossa

4

I primi due più alti onori che un regista possa essere in grado di ricevere sono l'Oscar e al Festival di Cannes la Palma d'Oro. L'Oscar ha peso, la Palma d'Oro valore. Dovrebbero essere entrambi il segnale di un lavoro superbamente svolto, e in molti casi rappresentare un grande avanzamento di carriera per coloro che sono premiati. Si potrebbe aggiungere che entrambi i premi, eventuali premi, sono comunque irrilevanti ai fini della qualità di un film o di uno spettacolo. Essi sono preziosi solo come promozione delle opere verso la massa di spettatori che altrimenti forse non ne avrebbe voluto sapere, per non parlare di convincerla a vedere dato film, senza potersi fregiare di questi marchi come buoni per l'approvazione del pubblico.

In un certo senso, ogni stagione ha i suoi film più o meno in odore di Oscar (forse la frase più repellente che esista utilizzata dai magazine di cinema come Ciak e BestMovie) ed essi iniziano il loro avvicinamento agli Academy Awards proprio a Cannes, che precede la notte degli Oscar di circa nove mesi. Il Festival dello scorso anno ha ospitato la prima mondiale del multiplo vincitore di Oscar “The Artist”, così come i candidati a Miglior Film “Midnight in Paris” e “The Tree of Life”. Così corre già gran voce che dal Concorso di Cannes di quest'anno, l'appena distribuito nelle sale italiane “Un Sapore di ruggine e ossa” (De Ruis et d'Os/Rust and Bone), possa attirare l'attenzione non meno dei film citati, anche perchè il regista Jacques Audiard venne candidato già due anni fa per il Miglior Film non Americano con l'eccezionale “Il Profeta” (Un Prophète), perdendo però con l'altrettanto eccezionale film argentino “Il Segreto dei suoi occhi” (El Segreto de sus ojos) di Juan Josè Campanella- con questa storia d'amore di riabilitazione, costruita con delle immagini splendide e suggestive invenzioni della trama – come possibile vincitore per il prossimo febbraio nella categoria del Miglior Film Straniero. Il rullo di tamburi della pubblicità sembrava già risuonare sul tappeto rosso del Grand Palais, destinandosi a raggiungere il suo culmine sul tappeto rosso della prossima notte degli Oscar.

Un Sapore di ruggine e ossa” come detto ci arriva certamente con un suo pedigree. Il regista e co- sceneggiatore è Jacques Audiard figlio e cineasta uomo di cinema dotatissimo di cotanto padre Michel, il cui dramma carcerario “Il Profeta”, uno dei dieci migliori film del 2010, è stato votato come il vincitore del Gran Premio della Giuria (secondo posto) proprio a Cannes nel 2009, prima di essere come detto nominato agli Academy Awards tra i film in lingua straniera, più precisamente gli Oscar, mentre la protagonista femminile del film è Marion Cotillard, bravissima, luminosa attrice francese che ha vinto un Oscar come Miglior Attrice Protagonista interpretando Edith Piaf in “La vie en rose”, riuscendo quindi ad essere stata la seconda attrice straniera a vincere un Oscar come Migliore Attrice per un film non in lingua inglese dopo Sophia Loren ne “La Ciociara” di Vittorio De Sica del 1962. Com'era prevedibile, diversi recensori e blogger hanno presto scommesso sul duo Audiard-Cotillard e su “De Ruis et d'Os”, e hanno citato la Cotillard come una scommessa sicura per la nomination agli Oscar. Bellissima anche ma è ovvio, la colonna sonora originale composta come per “Il Profeta” e pure “The Tree of Life” di Malick, da Alexandre Desplat.

Alla fine, potrà accadere davvero così, anche perché il suo ruolo è del tipo che l'Academy ama - una donna che subisce un' orribile giravolta del destino e impara a combattere. Stéphanie, che tutti chiamano Stéph, ama il suo lavoro di istruttrice di cetacei e orche, guidandole per degli spettacoli al famoso Parco acquatico di Antibes, a pochi chilometri da Cannes lungo la Costa Azzurra. Quando un orca salta fuori della piscina e con la sua enorme mole schiaccia Stéph sulla pedana, lei perde entrambe le gambe al ginocchio. Si isola nelle sue ferite fisiche e psicologiche da sola, fino a decidersi di chiamare Alain (Matthias Schoenaerts), che tutti chiamano Ali. Si erano incontrati una sola volta,quando scoppiò una rissa in una discoteca che lei frequentava, e nella quale lui faceva il buttafuori, riportandola poi in macchina a casa.

Ali ha i suoi problemi – nient'altro che problemi. Come Stéph è fisicamente devastata e psicologicamente a dir poco provata, così Ali è emotivamente dilaniato per il suo bambino di cui ha la cura mentre la madre è scappata chissà dove chissà con chi. Alì è una figura piena di lividi inferti dalla vita e con il sogno di diventare un Ultimate Fighter, il quale è venuto al sud della Costa Azzurra con il figlio, un bambino di cinque anni di nome Sam (Armand Verdure), per andare a stare con sua sorella Anna (Corinne Masiero). Ali ha una responsabilità che è comunque adattabile al suo spirito forte e resistente. Può trovare da mangiare per se stesso e Sam con i panini mangiati a metà e lasciati da altri viaggiatori nei vagoni ferroviari e rubare merce elettronica da rivendere, in un negozio quando arriva a Antibes. Ma le sue capacità genitoriali molto limitate, francamente, pregiudicano il suo interesse per il figlio. Ali preferisce guardare i combattimenti di arti marziali sul pc piuttosto che tenere d'occhio il bambino. Egli, tuttavia, vigila su Stéph. Devia la sua rabbia- quando le chiede se qualcuno viene ad aiutarla, lei gli risponde: "Aiutarmi, in che cosa?A camminare?"- e la riporta fuori dal suo appartamento tomba dopo mesi, a fare dei bagni terapeutici nel Mediterraneo per lei che aveva sempre così amato l'acqua, proprio nel mare di fronte alla splendida Croisette di Cannes. A poco a poco, diventano partner erotici: lei vuole sapere se il suo apparato sessuale "funzioni ancora" e lui, un veterano delle “avventure/scopate da una notte”, si sente amichevolmente obbligato. Stéph sviluppa anche una fascinazione per la carriera che parte in erba di Ali come combattente negli incontri illegali a mani nude e all'ultimo sangue. Al centro del film, “De Ruis et d'Os” diventa una sorta di “Rocky V” francese, con Stéph sia come ragazza del combattente Alì che poi suo manager.

Per tutta la grinta della sua ambientazione e dei contrasti cinematograficamente forti di luminosità accecante e oscurità di mezzanotte così tipici dello stile fiammeggiante e “naturalistico” di Audiard, questo è un film della vecchia scuola, “Delitti senza castigo” (Kings Row) (Usa 1942) di Sam Wood, con Ann Sheridan, Robert Cummings, Ronald Reagan, Betty Field, Claude Rains, Charles Coburn, Nancy Coleman ecc., e “Un amore splendido” (An Affair to Remember) (Usa1957) di Leo McCarey, con Cary Grant e Deborah Kerr saltano alla mente. Audiard e il suo co-sceneggiatore Thomas Bidegain spudoratamente impiegano tutti i trucchi di manipolazione del pubblico. Ali sta subendo una dura lezione e una sconfitta in uno dei suoi match, fino a che non vede le protesi di Stéph che scende dall'auto nella sua linea di visuale e da questo è ispirato per ribaltare e vincere l'incontro. Verso la fine, gli sceneggiatori mettono a repentaglio la vita del bambino, al fine di spingere verso Ali verso una vera paternità, e le sue intrinseche responsabilità.

Molti degli spettatori saranno in grado di riconoscere questi dispositivi d'immedesimazione nei personaggi- avendoli certamente già visti molte volte prima – ma anche così e per tutti coloro che invece non li vedranno, potranno rimanere ancora impressionati dai due protagonisti che paiono vivere un'intimità dei loro ruoli“non forzata”. Schoenaerts, che aveva nel 2011 interpretato il protagonista in un altro film candidato all'Oscar come Miglior Film Straniero per il Belgio, ovvero “Rundskopp”( Bullhead) di Michael R. Roskam, trasuda una mascolinità che è sia di grande forza che travaglio interiore, egli è il delinquente che tratta Stéph come una donna, mentre gli altri non lo hanno fatto. E la Cotillard dimostra ancora una volta la sua capacità di restituire inquietanti e complessi sentimenti sul proprio viso, come se dall'interno, provenissero davvero e senza protagonismi, queste emozioni.

I suoi teneri momenti non sono con Ali, ma con le balene. La sicurezza del suo recupero si presenta allo spettatore come inequivocabile quando lei si siede sulla sedia a rotelle e nel terrazzo di casa mima i segnali a mano che usava per dirigere le orche. Più tardi, visitando il Parco acquatico per la prima volta dopo il tragico incidente, la vediamo davanti ad un enorme vetro della piscina dell'acquario di fronte a un orca, segnalando con i gesti delle mani alla creatura addestrata a i suoi comandi. È la comunione senza parole di due anime - come diversi gli uni dagli altri, come Steph non è da Ali - come la storia del più puro amore può compiersi in questa maniera a volte in maniera avvincente, o in una storia d'amore a volte esasperante. In queste scene, la Cotillard mostra una volta di più se ce ne fosse la necessità quanto ella non abbia bisogno della convalida di Cannes o dell' Academy Awards. Il suo forte, le interpretazioni sottili ma intense, lei le vince gloriosamente da sola.
Napoleone Wilson


4 commenti:

  1. dovrei riuscire a vederlo in settimana. Il Profeta m'era piaciuto molto poi questa rece è estremamente intrigante. se tanto mi dà tanto...

    RispondiElimina
  2. Sì, molto interessante. Segnato tra i film da vedere assolutamente.

    RispondiElimina
  3. Il Film merita di essere visto, su questo non ci piove, però...
    Però francamente speravo in una versione migliore, meno melensa (a tratti); il libro a cui il regista si è ispirato, ossia Rust and Bone di Craig Davidson (che in realtà è una raccolta di racconti) mi aveva davvero entusiasmato, e mi ero illuso...
    Ma, come già detto, Jacques Audiard si è solo ispirato allìopera letteraria, tracciandone un racconto furbo, che piacerà al pubblico, sopratutto quello Americano, e ai critici.
    Comunque, ce ne fossero...

    RispondiElimina
  4. non dispongo di paragoni col libro. d'altronde è quasi regola costante che il film non lo rispecchi fino in fondo, salvo eccezioni...
    il film è stata una visione grandiosa. sicuramente, insieme a "Il sospetto", il migliore che ho visto quest'anno. concordo con la rece su tutta la linea e penso che non tarderà la Cotillard a ricevere i riconoscimenti che merita.

    come cavolo han fatto a mostrarla nuda e senza gambe per me è un mistero

    RispondiElimina