venerdì 16 dicembre 2011

Le Havre - Miracolo a Le Havre

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Aki Kaurismaki
è un autore che da sempre lavora su temi ricorrenti, nel suo solito stile e con molti attori che sono già apparsi nei suoi film precedenti, Kaurismaki potrebbe essere accusato di fare lo stesso film più e più volte. Ma ad essere onesti, ogni sua ennesima iterazione è così bella da guardare che è fin troppo facile perdonarglielo.

Nell'ultimo film della sua serie di impassibili melodrammi, André Wilms (bravissimo) impersona alla perfezione con il nome di Marcel Marx(!), un lustrascarpe che sbarca il lunario in un'esistenza modesta con l'amorevole moglie (la sempre meravigliosamente divertente Kati Outinen, attrice preferita del nostro finlandese), nella città portuale di Le Havre, in Normandia. Dico perfettamente a partire già dal nome del nostro personaggio, Marcel Marx, interpretato da Wilms il quale dà al suo dolce ritratto, quasi silenzioso, compassionevole, un po' di quel giusto e appropriato più che mai, margine politico. Ed è anche una connotazione quanto mai adatta per il film.

Le Havre è uno dei porti più trafficati della Francia e un importante punto di transito per le merci in viaggio verso la Gran Bretagna. Non è sorprendente che vi sia situato anche un hub strategico per gli immigrati irregolari alla ricerca di riuscire a trovare la possibile esistenza di una vita per loro migliore. Quando in un container è casualmente rilevata la presenza di un carico umano di africani che stanno cercando di raggiungere l'Inghilterra, la vita sedentaria di Marcel ne viene capovolta. La compassione e l'umanesimo di Kaurismaki non è mai più evidente che nella sequenza in cui la musica svanisce e l'inquadratura si sofferma sul volto di ogni persona all'interno del container una volta aperto. Un giovane ragazzo, Idrissa, riesce ad eludere la retata della polizia e viene presto scoperto da Marcel, che ha pietà di lui, portandogli cibo e alla fine portandolo pure nella sua casa. Ciò è tanto più sorprendente perché sua moglie Arletty ha un malore ed è portata in ospedale. Anche se lui si preoccupa per lei, la comunità di racaille come avrebbe avuto a dire Sarkozy, e che sembra esistere in tutti i film di Kaurismaki, aiuta il ragazzo a trovare il modo di ricongiungersi ai suoi parenti a Londra. Simile allo splendido “Welcome”di Philippe Lioret, uscito l'anno scorso, è in chiave leggera e tenera, anch'esso un film eccellente; la politica nel film senza mai volerlo è strettamente legata al personale, ma con la sensazione che la crescente e problematica consapevolezza del protagonista, può farlo anche cambiare per sempre.

E' una storia seria, ma raccontata con il tocco tipico e leggero di Kaurismaki. Illuminata nel suo modo sublime e meravigliosamente composta graficamente, ad un punto talmente elevato in cui non può essere descritto come coraggioso o addirittura realistico, ma che trova la bellezza in ogni volto e nelle case un po' squallide e nelle vetrine dei negozi vicini di Marcel. C'è anche una performance piuttosto improbabile ad un concerto di beneficenza da parte di un anziano e leggendario rockabilly di Le Havre, la cui presenza nel film è completamente inutile, ma che serve come un altro indizio di fedeltà di Kaurismaki al grande cuore dei suoi amici.

Alla fine, non sorprende che un po' di magia sembri portare la storia ad una conclusione felice. Un critico che conosco ha definito “Le Havre” (Miracolo a Le Havre, secondo il titolo italiano che omaggia il grandissimo Vittorio De Sica, in un accostamento-omaggio a "Miracolo a Milano" quanto mai pertinente e quasi dovuto) un capolavoro, mentre io sono sempre stato convinto che Aki Kaurismaki non si proponga di creare capolavori, e non credo che gli piacerebbe affatto questo termine. Invece, continua a dipingere ritratti di piccole e graziose persone ai margini della società, persone per cui ancora oggi e incredibilmente, non conta chi si è o quel che si possiede ed esibisce, o si ha in banca, ma solo quello che si è. Se crede davvero nella bontà delle persone o è solo sfidandoci a vivere secondo gli ideali di personaggi come Marcel per me fa poca differenza, anche perchè è evidente, e in questo film ancora una volta, quanto Kaurismaki stimi ben poco le persone borghesi di una società irrecuperabilmente di merda come e soprattutto quella attuale. E' e rimane un vero piacere, di poter godere del nuovo lavoro di uno dei pochi veri e rimasti, grandi registi umanisti.
Se d'altronde si è sempre apprezzata la piega impassibile del dolce abbraccio del finlandese Aki Kaurismaki, allora si dovrebbe apprezzare la sua ultima fatica cinematografica ma anche poterne rimanere un po' delusi. Come sempre, Kaurismaki ha qui assemblato un cast amabile per incarnare un tranquillo e ironico racconto che è un po' come una favola, laddove il regista è stato altrove più avventuroso (“La Fiammiferaia” 1990), e più percettivo sulla condizione umana (“L'uomo senza passato” 2002 ). Ma il suo adorabile studio dei set come dei luoghi e le conversazioni e i dialoghi datici in cambio hanno un fascino senza tempo, anche se ricadono vicino alla preziosità e sembrano poco applicabili al mondo reale. Questo è il tipo di dialoghi e battute di Kaurismaki, né freschi né sgradevoli.

Ambientato in una versione in verità leggera della città portuale del nord-ovest della Francia, “Le Havre” segue per tutto il film principalmente Marcel (Wilms), questo disconnesso lustrascrpe sopravvissuto agli inumani tempi odierni, la cui casa e vita sono scosse dalla improvvisa malattia della devota e comprensiva moglie, Arletty -nome citazione troppo fine per la maggior parte degli spettatori di oggi, anche per quelli che si definiscono “cinefili”- (Outinen). Insieme a questa storia ce n'è un'altra che riguarda degli immigrati, negli occhi spalancati sull'occidente di un ragazzo africano, Idrissa (Blondin Miguel), il quale fugge dal container nel quale lui e un gruppo di suoi connazionali erano arrivati fin lì, e che come detto, in seguito alla fuga sarà ben presto accolto nella casa del laconico ma paterno Marcel. L'empatia che il film riesce a far provare è tale che si sa che l'azione giusta sarà per una volta restituita da un altra uguale o maggiore. Questo è un mondo di personaggi e una microsocietà di dropout ed emarginati, -e persino poliziotti riflessivi giusti e che hanno il coraggio di prendere le decisioni migliori e secondo coscienza-, così bella da poterci far finta di essere dentro, anche se soltanto per un'ora e mezza: senza avere il bisogno di scavare troppo in profondità. Questi personaggi simbolici hanno in più anche troppo da dire sulla moderna Europa. E solo attraverso le visioni alcooliche e fedeli al whisky come al calore umano, di Kaurismaki, possiamo avere una visione anche chiara e netta dell'Italia come dell'Europa contemporanea per chiunque senza cuore, la quale solo chi è come la maggioranza e lì vi si ritrova, potrà non apprezzare.

Mi piace rimarcare ancora l'ambientazione splendida di Le Havre, una piccola città portuale situata all'interno di Normandia, dove questo vecchio lustrascarpe vive questa vita semplice, sollecitando la sua attività dove può e tornando a casa da una moglie amorevole. Quel giorno sventurato, in uno dei depositi di container, una guardia giurata si imbatterà e solo per caso fortuito, in uno di questi contenitori che è stato rifugio per numerosi immigrati clandestini. Poiché le autorità aprono il contenitore, come detto un ragazzino nero ne riesce a fuggire a piedi. Quando il lustrascarpe si imbatterà casualmente nel giovane fuggitivo , inseguito da un assurdo dispiegamento di forze di polizia, in osservanza di ancora più assurde leggi anti-clandestini promulgate nella Francia di Sarkozy, e che in testa gli esseri putridi della Lega a parole direbbero tanto di voler far applicare anche qui, si propone di aiutare il ragazzo a fuggire a Londra e raggiungere la madre.
Aki Kaurismaki ha trascorso tutta la sua carriera raffigurando un mondo stranamente e stoicamente comico, della classe operaia. La sua vena umoristica off, senza meno parte umoristica parte caricatura, in parte anche pittoresca e molto idealista, può fare di lui un autore da paragonare a registi come i fratelli Coen, Jared Hess, e Wes Anderson. Ma Kaurismaki era Kaurismaki prima dei fratelli Coen, di Jared Hess, e di Wes Anderson, e sono invece loro che in qualche modo si sono rifatti al suo cinema profondamente morale e protestante, I personaggi di Kaurismaki di di solito vivono in un mondo di ghetti e nei quartieri poveri, ma c'è sempre un senso che, ai suoi personaggi, da alla loro solo apparente ignoranza, ed è una sorta di beatitudine, e cioè che nonostante la loro oppressione, nel loro ambiente hanno trovato una sorta di utopia del vivere. “Le Havre” mostra questo svolgimento dei caratteri, e il resto della sensibilità di Kaurismaki mirabilmente fa il resto.

Anche se girato e ambientato in Francia, il regista finlandese trova empre tutto il suo stesso stile asciutto, i suoi eccentrici, improbabili personaggi, e le relazioni che egli ha esplorato così pienamente nella sua patria, la Finlandia. Ma, c'è qualcosa che si sente di molto più raffinato, dinamico e mobile, che in tutti i suoi film precedenti - qualcosa che era stato già accennato nel suo trionfale film del 2002  “L'uomo senza passato”. Kaurismaki è uno dei pochi che con onestà e spontanea sincerità sa oggi offrire un vero e impenitente senso di classico romanticismo, il quale è immediatamente rilevabile e può sembrare provocatorio, se non fosse anche così senza pretese. Interpretazioni volutamente ampollose (impagabile il vicino di casa classico “più stupido dell'anno piccolo borghese di merda”, come avrebbero detto i Monty Python, la cui unica preoccupazione è di riuscire a denunciare i clandestini alla polizia con l'unico cellulare che si vede nel film, e interpretato da Jean-Pierre Lèaud, con il quale Kaurismaki aveva già realizzato lo splendido “Ho affittato un killer” ['90]), svenimenti, magnifici spunti musicali, e le inquadrature sempre così volutamente e austeramente tradizionali, prosciugate quasi da un senso estetico e compositivo bressoniano, rendono “Le Havre” un qualcosa che si sente come un'esperienza tratta da un altro tempo, o forse da vivere in un altro mondo.
Davvero, oggi come oggi ci sono poche esperienze cinematografiche come la visione di “Le Havre”. Si tratta di un grande apologo, e in più concepito e realizzato senza pretese, di personaggi senza pretese che stanno facendo grandi cose, il tutto ritornando sempre a essere senza pretese. Ed è immensamente divertente. Dal suo umile inizio, il film guadagna sempre più in slancio umoristico, e sempre com'è in Kaurismaki, azionato da un'emotività molto discreta e di chiara matrice nordica e protestante. E se, spettatori di un paese oramai piagato dalla beceraggine più urlata e piagnucolosamente cafona come l'Italia, si entra in sintonia con il tono del film e ci si lascia trasportare, l'esperienza restituisce alcune conclusioni davvero gratificanti.
Purtroppo, è un po' difficile descrivere l'esperienza di vedere “Le Havre”, diversamente, per chi scrive si potrebbe definire come un diorama di ironia zen, sentimentalismo, personaggi stravaganti,moda e ambienti, macchine, talmente fuori moda e desueti da essere enormemente più belli e “di moda” che la moda di oggi, colori allegri, luoghi grigi e ovviamente, tanto buon rock 'n roll.

Produzione
Cast: André Wilms, Blondin Miguel, Jean-Pierre Darroussin
Regia: Aki Kaurismäki
Scritto da: Aki Kaurismäki

Kaurismäki ebbe l'idea di un film su un bambino africano che arrivava in Europa tre anni prima di cominciare a produrlo. Pensò dapprima di ambientare la storia a Marsiglia, poi ad alcune città marittime spagnole e portoghesi (Kaurismaki vive da anni a Porto) e infine decise di ambientarlo a Le Havre, che trovò ideale per le proiezioni.
Il budget è stato di 3,8 milioni di euro. incluso un supporto di 750,000 euro dalla Fondazione finlandese per i film.

Festival di Cannes 2011 Premio FIPRESCI, menzione speciale della Giuria Ecumenica e
Nominato alla Palma d'Oro

Chicago International Film Festival Anno 2011 Ha vinto Oro Hugo Miglior Film
Aki Kaurismaki (regista)

European Film Awards Anno 2011 Nominato al Premio del cinema europeo per
Miglior Attore: Andrè Wilms
Miglior Regista: Aki Kaurismaki
Miglior Film
Aki Kaurismaki (sceneggiatore / regista / produttore)
Fabienne Vonier (produttore)
Reinhard Brundig produttore)
Miglior Sceneggiatore: Aki Kaurismaki

Monaco Film Festival Anno 2011 Ha vinto l'Arri-Zeiss-Award ad Aki Kaurismaki

Presentazione ufficiale della Finlandia per la categoria Miglior Film Straniero per gli 84imi Academy Awards 2012.

Napoleone Wilson



12 commenti:

  1. questo DEVO andarlo a vedere alla svelta!
    Napoleone, leggerti recensire un film dolce e poetico non ci è abituale sai? e mi sei piaciuto moltissimo in questa rece

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  2. Purtroppo non sono riuscita ad andarlo a vedere anche se è uscito dalle mie parti.
    Rimedierò, la tua bella recensione mi ha invogliata ancora di più!!!
    Tra l'altro, ammetto la mia ignoranza nel non avere mai visto un film del regista... forse è un modo buono di cominciare!

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  3. una bella recensione per un film che la merita tutta.

    due riferimenti:
    Marius e Jeannette di Robert Guédiguian, per la solidarietà del vicinato, in una Marsiglia come Le Havre
    e
    Welcome di Philippe Lioret, meno sorridente, per la fuga oltre la Manica.

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  4. bellissimo film, indubbiamente uno dei migliori dell'anno.
    emozionante e ispiratissimo (quand'è che Kaurismaki non lo è?), un film che scalda il cuore :)

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  5. Era già in lista fra gli imperdibili, ma dopo questa tua recensione è balzato al primo posto...
    Stavo per criticare (e pure di brutto... :D) la scelta italiana di trasformare "Le Havre" in "Miracolo a Le Havre", ma con la tua spiegazione dell'omaggio a Vittorio De Sica mi hai messo a tacere (sperando che sia davvero così, e non un modo di attirare più spettatori cattolici con la paroletta "miracolo"... :D)

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  6. Per me è uno dei maggiori cineasti europei ... spero di riuscire a vederlo.

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  7. adoro kaurismaki dasempre,fin dal primo film suo che visi,cioè i Leningrad cowboys..considero Ho affittato un killer il suo film migliore( sarà x il cameo di Joe Strummer..)regista con un tocco delizioso e personale..questo ancora non l'ho visto...la rece è superba,come sempre..

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  8. ragazzi, un salutone a tutti e non mancate di tornare dopo la visione. siamo tutti in attesa di farlo mi pare :)
    a parte Sandra M. che a quest'ora l'avrà anche già visto...
    Napoleone mi diceva che difficilmente resterà molto in programmazione, ergo meglio affrettarsi.

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  9. Mi manca ancora, ma ho una voglia pazzesca di vederlo.
    Kaurismaki è uno dei registi più importanti del panorama europeo degli ultimi vent'anni.

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  10. l'ho visto ieri sera, già programmato in un cine di seconde visioni, e mi è piaciuto davvero molto. la rece di Napoleone lo rende benissimo. il "senza tempo" che a un certo punto dici è evidenziato persino in svariati dettagli "tecnologici" incoerenti, come le auto che alcune delle quali sono degli anni '70, altre degli '80-'90. negozi vecchia maniera e bar in cui si fuma, con notizie sui giornali che parlano di Al queida o anche una persona sul mezzo pubblico col telefonino... la Bontà non è collocabile nel tempo.

    davvero una specie di Fiaba Moderna e le recitazioni con tratti volutamente "ingenui" ricordano tantissimo "Miracolo a Milano". Il titolo nostrano è veramente stupendo e anche valorizzante del commovente finale.

    la sensazione alla fine è di sconcerto. ti addolcisce l'animo, sai che hai visto qualcosa di non reale eppure nemmeno di impossibile. se non con un miracolo, l'idea che comportarsi con umana compassione in qualche modo possa premiare chi lo fa ti rimane.

    consigliatissimo!

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