giovedì 31 marzo 2011

The Omega Man - 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra

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Il racconto di Richard Matheson "I am a Legend" deve essere stato proprio un colpo di genio se ci han fatto ben 3 film. Questo è il secondo in ordine di tempo e, per quanto mi riguarda, estremamente più affascinante dell'ultimo, uscito di recente proprio col titolo del libro.
Questa recensione inaugura una nuova rassegna, proposta da Napoleone e da me con piacere accolta, che abbiamo deciso di etichettare come SciFiMust. Conterrà una lunga serie di film di fantascienza più o meno noti, sempre significativi per qualche ragione, prodotti tra gli anni '60 e gli anni '80, secolo scorso ovviamente. Ciancio alle bande, passo subito la parola a Napoleone.


[L’ultimo uomo della terra, Robert Neville, intento a parlare con un busto di Cesare posizionato di fronte a una scacchiera]
Neville/Charlton Heston:-“Ciao…Un altro giorno, un altro dollaro.”
[Scena successiva]
Neville:-“Sta a te, penso sia la tua mossa.”
[versandosi da bere]
Neville:-“Vi unite a me? Hmm? Perdente d’un miserabile!”
[Rivolto alla sua immagine sullo schermo di un grande video]
Neville:-“”Lui non lo è? Non è egli un cupo b…”
[Si ferma quando sente la “Famiglia” che lo sta chiamando da fuori]
Neville;-[Alla “Famiglia”] “STATE ZITTI! Perché diavolo non potete lasciarmi in pace!”
[Più tardi, al busto di Cesare]
Neville:-“Che giorno è, comunque? Lunedì? Eh? E’ l’inferno. E’ Domenica. Domenica ho sempre degli ospiti per cena.”

[Prime battute del film]
[L’Ultimo uomo della terra guarda la sua auto danneggiata dall’incidente]
Robert Neville:- “Non c’è mai un poliziotto in giro quando è necessario.”

[Parlando con la propria immagine su uno schermo TV]
Robert Neville:- “Ciao. Bel ragazzo, come si sente oggi il tuo culo?”

[Sentendo i “Famigli” che a voce alta declamano mentre bruciano dei libri “rivelatori” al rogo]
Robert Neville:-“Cosa vedo, di nuovo?” Stasera cos’è? Il Museo della Scienza? Qualche biblioteca? Poveri miserabili bastardi.”

Bambina :-[a Neville]“Ma tu chi sei, Dio?”
Lisa/Rosalind Cash:-“Prima scopriamo se è almeno un medico, prima di dargli questo titolo onorario, va bene?”

Olandese/Paul Koslo:-“Ero a metà della specializzazione, quando il mondo è saltato. E’un dato di fatto, avevo intenzione di rivolgermi ai laboratori per la guerra batteriologica per il post-diploma, ma, eh-eh, non è mai più venuto il prossimo mandato.”
Robert Neville:-“Beh, ora mi dispiace che tu non ce l’abbia fatta.”
Olandese:-“Mi dispiace che il mondo non ce l’abbia fatta.”

Lisa :- [rivolta a Neville]“C’è qualcosa che puoi fare, DOTTORE, visto che avete già perso più di 200 milioni di pazienti?”

Neville:-[Descrivendo Neville]
Matthìas:- “Una creatura colta. Intrappolata in un luogo dal quale non può muoversi al buio, da solo, in inferiorità numerica di uno contro centinaia di noi, nulla per cui vivere, se non per i suoi ricordi, niente con cui vivere, se non i suoi giocattoli tecnologici, le sue auto, le sue armi, i suoi espedienti…Eppure tutta la famiglia non riesce a stanarlo da lì, da questo suo…”.
Fratello Zachary/Lincoln Kilpatrick:- “Effimero paradiso, fratello?”
Matthìas:-“Dimentica i vecchi modi, fratello, tutti i vecchi odi.”

Lisa/Rosalind Cash:-“Va bene che sei un figlio di puttana, ma basta che ti tieni stretto. Contro il muro.”
Neville:-“Il mio nome è Robert.”
Lisa:-“Il tuo nome è merda.”

Lisa:-“E’o.k., Tommy. Questo è l’uomo…e voglio dire “L’Uomo”, ma lui è o.k.”

Matthìas:-“Definizione di uno scienziato –un uomo che non capisce niente fino a quando non c’era più nulla da capire.”
Neville:-“Allora, c’è un po’ di luce nella foresta, dopo tutto.”

Matthìas:-“Lo portano nel salone un poco…per un interrogatorio.”

[Dopo che la Famiglia ha catturato Neville, e viene cominciato un “breve interrogatorio”]
Neville:-“Dimmi una cosa Matthìas, è vero che lavorate per l’ufficio accertamento dei redditi?”

Matthìas:- “Sei stato scartato. Tu sei un rifiuto del passato.”
Neville:-“E tu sei pieno di merda!”

[Ultima battuta del film]
Olandese/Paul Koslo (magnetico, come al solito):-“Bene, ragazzi muoversi. Abbiamo una lunga strada da percorrere.”

Robert Neville:-[Parlando con un cadavere ammuffito nella concessionaria di auto] “Quanto me la valuti al cambio la mia Ford? Oh, davvero? Grazie mille, ladro bastardo…”

Matthìas:-“Ecco lo strumento di pulizia, i miei fratelli. E niente purifica bene come il fuoco.”

[I membri della “Famiglia” stanno frantumando e distruggendo l’appartamento-attico di Neville, rendendolo che fa male solo a vedersi, come una cosa del passato, mentre Matthias (Anthony Zerbe)fa una disquisizione a Lisa (Rosalind Cash), sul fatto che Neville usi ancora così tanti orologi, ormai inutili]
Matthìas: -“Abbiamo aspettato per te, Neville, così potevi vedere questo: la fine. La fine di tutto quel che hai contribuito a costruire. Vedete, niente di tutto ciò era reale. E’stata solamente un’illusione. La vostra arte, la vostra scienza, era tutto un incubo. E adesso è fatta. Tutto finito. Fratelli miei, il nostro compito è quasi completo. Egli fu l’ultimo di coloro che ci portarono alla punizione, per tutti noi. Abbiamo ripulito e purificato il suo mondo. Ora dobbiamo costruire.”
Robert Neville [irrompendo con la mitraglietta]:-“Bare. Questo è tutto ciò di cui avrete bisogno.”
Matthìas:-“Prendetelo!”

[Matthìas scaglia una lancia a Neville, colpendolo e lasciandoli un grande squarcio nel petto]
Matthìas:-“Il brutto sogno è finito, amici di Neville. Ora, possiamo dormire in pace.”
Robert Neville:-[con la voce roca]“Lisa!”

Lisa :-[debole] “Robert, tu sei il male. Adesso sono della Famiglia, Robert. Mi dispiace.
Lisa:- [sonnolenta] “La Famiglia, Robert…Eh…Uh….Tu non capisci..Oh…Robert…”

[Membri della Famiglia entrano nella stanza, come Robert è in procinto di parlare, Matthìas lo interrompe]
Matthìas:- “Ha confessato tutto, fratelli: Assassinio, utilizzo di strumenti proibiti, pratica dei diritti prescritti, pratica di scienza, medicina, utilizzo di armi, macchine, elettricità. Egli non ha condiviso la punizione. Egli non porta i segni.
Robert Neville:-“Segni?”
Matthìas:-“Io ti mostro, i miei figli. Mostrategli i segni, che possa vedere.”
[I membri si tolgono per la prima volta gli occhiali da sole, rivelando il loro stato albino, e gli occhi completamente bianchi]
Matthìas:-“Questi sono i segni, Signor Neville. La pena che te e quelli come voi esercitate su di noi. In principio, abbiamo cercato di aiutarci l’un con l’altro, quelli che sono stati risparmiati dalla morte come noi. Abbiamo cercato di pulire le cose, reimpostare tutte le cose al loro posto. Abbiamo seppellito i morti e bruciato tanti altri corpi, tanti. Poi la cosa è venuta da sé. Siamo stati scelti. Scelti proprio per questo lavoro: seppellire ciò che era morto. Per bruciare ciò che è il male. Per distruggere ciò che era pericoloso.
Robert Neville:-“Siete nient’altro che dei barbari.”
Matthìas:-“Barbari? Ci chiami barbari? Beh…Si tratta di un nome onorevole. Abbiamo intenzione di annullare il mondo che le persone civili come te avevano creato. Noi semplicemente cancelleremo la storia dal momento in cui le macchine e le armi sono diventate più una minaccia di quanto abbiano offerto. E quando tu muori, anche l’ultimo ricordo vivente dell’inferno che avete creato se ne sarà andato. Andiamo! Fratello Zachary?
Zachary:-“Siamo pronti, fratello.”

[In un Dodger Stadium deserto, Neville è legato ad un palo su una pira e come le streghe sta per essere bruciato sul rogo]
Matthìas:-“Qui abbiamo il male.”
Seguaci:-“Il male.Il male”
Matthìas:-“Non è questo il luogo in cui sono state bruciate tutte le salme dei morti?”
Seguaci:-“Sì.”
Matthìas:-[Puntando Neville] “E questo è l’ultimo dei morti! E che cosa dobbiamo fare con lui, miei fratelli?”
Seguaci:-“Bruciarlo. Bruciarlo!”
Matthìas:-“Sì, bruciamolo. Bruciatelo!”

Matthìas:-“E. oh, fratelli e sorelle, vi invito a guardarlo, Lui ha forse i nostri marchi? Li vedete?”
Seguaci:-“No.”
Matthìas:-“Tu lo vedi ciò che siamo rispetto a prima della punizione. Prima di tutti noi abbiamo avuto la grazia. Mentre ora vediamo lì l’ultimo degli scienziati, dei banchieri, degli uomini d’affari. Coloro che facevano girare la ruota.”
Seguaci.-“Sì”
Matthìas:-“Noi usiamo forse gli strumenti che usava lui per far girare questa ruota?”
Seguaci:-“No.”
Matthìas:-“Lui è della famiglia?”
Zachary, poi i Seguaci:-”No.”
Matthìas:-“E il suo modello di società, è forse sacro per noi?”
Seguaci:-“No.”
Matthìas:-“Allora cos’è?”
Seguaci:-“Il Male!”
Matthìas:-[Alzandosi] Fa parte dei morti. Egli non ha posto qui. Egli puzza d’olio, circuiti elettronici lo percorrono. Egli è obsoleto.
[Neville viene portato via a braccia]
Matthìas:-[puntandolo] Tu sei stato scartato. Tu sei un rifiuto del passato!”
Neville:-“E tu sei pieno di merda.”
Matthìas:-“Quanto è difficile ammettere la verità. Portatelo via…, per un piccolo interrogatorio.”


1975: Una guerra batteriologica tra Cina e URSS provoca un’epidemia che decima la popolazione mondiale, mentre i sopravvissuti hanno maturato delle mutazioni genetiche che gli fanno apparire degli zombi ma intatti nella loro intelligenza umana, albini dalla pelle cadaverica e piena di ulcerazioni, e dai famosi “occhi bianchi” del titolo. Il Colonnello Robert Neville (Charlton Heston), biologo dell’Esercito Usa è uno dei sopravvissuti,ma anche uno dei pochi a non avere contratto il virus e ad avere sviluppato le mutazioni, perché lui stesso si è inoculato un suo vaccino sperimentale che un incidente in elicottero a cui egli è sopravvissuto ha distrutto l’unica fiala, proprio mentre stava per essere trasportato per la riproduzione, al CDC-Center for Disease Control sulle malattie virali.
I film degli anni ’60 e degli anni’70 anticipatori delle conseguenze della guerra e dell’inquinamento nel futuro, avevano per carismatico interprete principale Charlton Heston.
Dopo “Il Pianeta delle scimmie”(The Planet of the Apes)(’67) di Franklyn J. Schaffner, “L’Altra faccia del pianeta delle scimmie”(Beneath the planet of the apes)(’70)di Ted Post, e prima di “2022:I Sopravvissuti”(Soylent Green)(’73)di Richard Fleischer, esce questo “The Omega Man”.
Ed è Charlton Heston in prima persona che porta il progetto di trarre un film dal romanzo “I am Legend” sui tavoli della Warner. E fu questo che convinse i produttori della Warner a produrre il film. Pertanto, si può avere il piacere di ammirare l’interpretazione briosa e profonda di Charlton Heston del personaggio di Robert Neville, che riesce a far ritrovare il vero spirito del personaggio del libro.
Ammirevoli sono le sue annotazioni nell’interpretazione di ciò che concerne alle difficoltà di sormontare una solitudine così senza speranza (alcolismo, allucinazioni, parlare da solo ad alta voce, non c’è mai nessun altro ma Neville gli parla di fantasia come ad esempio al “concessionario d’auto” all’inizio del film. O il continuo procedere emotivamente di Neville a rimotivarsi con le sue riflessioni, le sue considerazioni sul passato, sempre alla ricerca di una soluzione al virus, ecc…
Certe sequenze –ben distintamente dall’ultima sciagurata trasposizione “Io sono leggenda”(’97)di Francis Lawrence, con Will Smith- sono direttamente tratte dal libro, come il primo incontro tra Lisa (Rosalind Cash, una delle più rappresentative eroine della blaxploitation di quel periodo) e Neville.
Mentre a differenza dell’ultima versione con l’improbabile scienziato Will Smith, è -come verrà maggiormente descritto qui sotto-, un film cupo, com’è nello spirito originario del libro. Spirito quasi totalmente assente nel film del 2007.
Anche il finale del film con Heston è differente da quello del libro, ma è stato ideato e realizzato talmente bene, nel mostrare che “I Famigli” dei sopravvissuti mutanti non riescono nemmeno alla fine a comprendere l’eroicità dell’atto compiuto da Neville ovvero Charlton Heston, che nel cinema di fantascienza adulto di quel periodo, rappresentava bene l’”Eroe d’America.”. Ed è un finale che nel complesso anche se si può dire un po’ “forzato”, obiettivamente è una chiusura magistrale; riuscendo a non disperdere il sentimento d’ineluttabilità, e senza mai falsare il grande fascino presente nel romanzo (l’eroe Neville non potrà personalmente fuggire né sopravvivere a lungo, e l’Umanità stessa non molto più a lungo di lui).
E’per tutto questo che “The Omega Man” è diventato uno dei titoli imprescindibili in qualunque rassegna che si rispetti e non possa far mancare i titoli più rappresentativi della fantascienza apocalittica anni’70,ed il più fedele adattamento nello spirito, del capolavoro di Matheson.
Oltre che, come diffusamente verrà ripreso in seguito, uno dei vertici carismatici delle interpretazioni di Charlton Heston, che qui impone al personaggio di Neville una notevole dose narcisistica, infondendogli accentuatamente una pregnanza umana che ne fa un personaggio di rilevanza mitica veramente importante. Tanto che non è più stato il caso che altri attori si accostassero al personaggio se non fino alla cialtrona “scelta” di Will Smith, con la sua obliabile e inconsistente interpretazione che ci ha restituito un Neville semi comatoso, tutto l’opposto del personaggio straordinario donatoci dall’interpretazione di Heston.
“The Omega Man” non sfigura ma anzi ugualmente interessante, sta appieno in un’ideale triumvirato d’eccellenza dei classici di fantascienza fra gli anni ’60 e i ’70, tra i magnifici “Il Pianeta delle scimmie” e “2022:I Sopravvissuti”. Film che ancora si ricordano e che non cesseranno mai di essere ricordati in rapporto non solo al loro periodo o ad altri, ma certamente come ciò che di meglio si è riusciti a realizzare nell’ambito della migliore e più potente fantascienza filmica.
In conclusione, “1975:Occhi bianchi sul pianeta terra” (The Omega Man)(Usa 1971)di Boris Sagal (regista sfortunato, morì in un incidente durante le riprese dello sceneggiato televisivo “Masada”, nel 1980), è un giustamente famoso e riconosciuto come meraviglioso, secondo adattamento cinematografico del racconto “I am Legend -Io sono leggenda” di Richard Matheson. Il primo fu l’altrettanto famoso e bello “L’Ultimo uomo della terra”(Italia/Usa ’64), coproduzione diretta da Ubaldo Ragona e firmata da Sidney Salkow per il mercato nordamericano, con un grande Vincent Price.
Il film diretto da Sagal aggiunge allo stesso racconto bellissime scene di grande potenza, a cominciare dal tanto celebrato inizio, con Charlton Heston nel ruoli del protagonista, lo scienziato ed ex militare Robert Neville, che guida solitario in giro per le strade desertiche di una Los Angeles abbandonata e spettrale, che ricordano molto gli analoghi vagabondaggi nelle scene d’apertura di Harry Belafonte in “La Fine del mondo” /The World, the Flesh, and the Devil) (Usa’59)di Ranald MacDougall. Ma qui sono scene enormemente più belle perché c’è la musica composta dallo scomparso e leggendario compositore australiano Ron Grainer della famosissima serie tv britannica “Il Prigioniero”, che per questo film compose una delle colonne sonore più famose e ricercate degli anni’70, bellissima e singolare, la quale infonde alle scene tutta la malinconia e la solitudine che consegue a questo terrorizzante pianeta terra post apocalittico, che è quello rappresentato nel film.
Una colonna sonora che assorbe e restituisce superbamente l’impatto devastante che ha avuto questa vita di terrore e solitudine, dopo la fine di quasi tutto il genere umano, anche su chi come Robert Neville, si è preparato per il meglio.
Charlton Heston, in una delle sue più celebri interpretazioni nel ruolo di Neville, è superbo ad evocare la densità, la “qualità”, il livello di questa solitudine, che colpisce e rimane nella memoria dello spettatore, come ad esempio nei lunghi soliloqui con se stesso, o nella sua solitaria guerriglia quotidiana contro i sopravvissuti della guerra batteriologica, i mutanti dal pallore zombesco e “contaminato”e gli “occhi bianchi”, del suggestivo titolo italiano.
Il personaggio di Neville, così come ce lo ha immortalato Heston, per la sua convinzione, tenacia e forza d’animo oltre che personalità, non è troppo dissimile dal suo celeberrimo personaggio di Taylor, ne “Il Pianeta delle scimmie”(Planet of the Apes)(Usa’67)di Franklyn J.Schaffner.
Coraggiosamente, ma questa è sempre stata la principale caratteristica della carriera di Heston, il suo personaggio si incontra con una ragazza nera sopravvissuta simil Angela Davis (Rosalind Cash), la quale finalmente pare restituirgli almeno per un po’ quell’umanità e quella compagnia affettiva la quale è stata interamente persa, insieme alla maggior parte del genere umano. Intrecciando una relazione tra i due, il film di Sagal fu tra i primi e non solo nella fantascienza, a restituire in un’epoca –il 1971- di grandi conflitti e scontri sociali radicali negli Stati Uniti, una nota di possibile armonia razziale.
Come nel libro –e a differenza che nell’orrenda terza trasposizione cinematografica, “Io sono leggenda”(I am Legend)(Usa 2007)di Francis Lawrence, con Will Smith, in cui sono praticamente degli infetti rabbiosi a là “scuola” di“28 Giorni dopo”(28 Days Later)(G.B.2003)di Danny Boyle, ridotti ad uno stato ferinamente zombesco e poco altro, certamente non senzienti e sviluppati- i sopravvissuti alla peste batteriologica sono un gruppo di fanatici religiosi chiamati “La Famiglia”, che guidati dall’ex giornalista televisivo Matthìas (il sempre eccellente Anthony Zerbe), hanno sviluppato una sorta di “religione” anti-sociale, anti-materialista, e anti-umana, a reazione delle responsabilità che egli attribuiscono –e certo non a torto- alla scienza e agli scienziati, alla tecnologia, e ovviamente ai militari, per l’avvenuta distruzione del genere umano. Scienziato immunologo, tecnocrate, e oltretutto, Colonnello dell’esercito americano. Tutto quello che è od è stato Robert Neville, che racchiude agli “occhi bianchi” dei “famigli” tutta la residuale solennità dell’ultimo, “Supremo”, “Nemico”, da annientare e cancellare, con tutto e come tutto, quello che rappresentava il mondo e una società votata inevitabilmente all’autodistruzione, prima dell’Apocalisse.
La sceneggiatura, di John William Joyce e H.Corrington è molto cupa, confacendosi allo spirito del romanzo che non era certamente “consolatorio” –anche qui la differenza con lo stupidissimo “I am Legend” di Francis Lawrence, soprattutto per il suo madornale finale impossibilmente a là “volemmòse bene”, è tanta- e evoca bene e nella maniera inquietante così tipica dello stile di Matheson, lo spiritualismo puro ma anche non semplicistico del romanzo originario, e del suo splendido finale, seppur come già detto, qui cambiato.
Boris Sagal alla regia fu molto bravo a restituire tutta quella sensazione e quella compassione per la coscienza sociale o delle relazioni fra i personaggi che apparirono così intensamente e per la prima volta nel cinema di fantascienza proprio ne “Il Pianeta delle scimmie“(Planet of the Apes)(’67)di Franklyn J. Schaffner, che con questi film divenne definitivamente “adulto”. Come detto Sagal era un regista dall’ottimo senso visivo, e le scene d’apertura del film è doveroso ricordarlo, riescono a evocare una tale paura e solitudine, e paura soprattutto di essa, di una tale qualità come raramente è capitato di assistere al cinema, non solo nel genere della fantascienza.
Una menzione è d’obbligo anche per il grande direttore della fotografia Russell Metty, che aiutò non poco Sagal a raggiungere la qualità visiva del film, potente e in alcuni momenti abbagliante. Sicuramente, se non fosse stato anche per lui, il film non sarebbe riuscito così bello visivamente come sarebbe divenuto, almeno secondo il concetto originale e la sua normale realizzazione. Fughe, inseguimenti, e scene d’azione sono serrate, convincenti, e veramente efficaci. Basti citare la bellissima sequenza della fuga in moto di Neville e la ragazza dall’Olympic Coliseum dei Dodgers, veramente fantastica.
Sagal utilizzò molto bene anche l’interpretazione di Heston e la forza e passione derivante dal personaggio di “Ultimo uomo sulla terra”. Anthony Zerbe resta il grande attore teatrale che è , prepotente come detto la sua interpretazione di Matthìas, il capo dei “famigli”. E’sempre stato un attore meraviglioso, basti vederlo tra i suoi tantissimi film ne “I Cospiratori”(The Molly Maguires)(G.B./Usa’70)di Martin Ritt, con Sean Connery, Samantha Eggar, e Richard Harris.

La società di produzione, ovvero la Warner Bros allora di proprietà della Kinney’s Corporation, la più grande compagnia –almeno all’epoca- di pompe funebri (lo so sembra uno scherzo, ma è così), volevano trovare un luogo che sembrasse una zona metropolitana abbandonata, dato che sarebbe stato troppo costoso costruirla apposta. Il produttore o uno di essi si mise a guidare per il centro di Los Angeles avendo bene modo di rendersi conto quanto nel fine settimane a L.A. ci fossero ben meno persone e macchine a giro, almeno in taluni quartieri. Fu così che la maggior parte degli esterni vennero girati lì, downtown L.A. nei fine settimana.

I celeberrimi studios britannici della Hammer Films avevano già nei loro progetti un adattamento cinematografico da Richard Matheson, e precisamente dal libro “The Night Creature”, adattamento scritto per il film da Matheson stesso. Il progetto venne però alla fine ritenuto troppo “grafico”, dibattuto, e infine appunto, abbandonato.

Charlton Heston aveva letto il romanzo originale su un aereo di ritorno in California, ed era molto interessato a un adattamento moderno del libro, essendo totalmente all’oscuro del fatto che ne era già stato tratto un film non molti anni prima, “L’Ultimo uomo della terra”(Italia/Usa 1964) di Ubaldo Ragona e Sidney Salkow, come detto interpretato da un Vincent Price al solito incisivo e carismatico.

La prima arma di Neville utilizzata nel film è una Semimitraglietta Smith & Wesson M76, avvolte dotata anche di una fascinosissima torcia rossa all’infrarossi per il tiro notturno ai “famigli”, i quali essendo fotosensibili non sopportano la luce ed escono allo scoperto solo la notte o nell’oscurità. Durante il primo attacco notturno che si vede nel film da parte della “Famiglia”, Neville utilizza uno stupendo fucile automatico Browning BAR, con applicato un mirino sempre all’infrarosso.

Il film fu d’ispirazione per due serie di commedie alla radio della CBC (il broadcast nazionale canadese), “Steve the First” e “Steve the Second”, interpretate da Matt Watts e Mark McKinney. Ogni serie era incentrata su di un protagonista (nella seconda sul figlio del primo), chiamato a salvare il mondo.

Fu il film del debutto di Brian Tochi, nel ruolo di Tommy.

All’inizio del film, nella sequenza dal concessionario d’auto in cui Neville cambia l’auto danneggiata dopo un fortuito incidente prendendo una Ford Mustang, si vede un calendario datato marzo 1975, poi nella scena subito dopo (magnificamente triste e amara) in cui Neville vedendo un cinema che ha in cartellone“Woodstock:Three Days of Peace, Love, and Music”(Usa’69)di Michael Wadleigh, entra rimette in funzione la macchina nella cabina di proiezione, si siede nella sala ovviamente deserta e da solo, se lo guarda commentando e accompagnando a memoria, con trasporto e partecipazione amara alcune battute dei ragazzi intervistati nel film,(cosa alquanto strana da un ex-militare, ma evidentemente voluta per far empatizzare da subito lo spettatore verso l’umanità e la presa di coscienza del personaggio di Neville, per come sono poi andate le cose rispetto agli ideali e alle speranze messi in mostra nel famoso film-concerto). Comunque, prestando attenzione alla battuta ironica di Neville quando scorgendo le scritte sui tabelloni esterni del cinema che programmava “Woodstock”, parlando al solito da solo ci profferisce:–“Deve essere un bel film, lo stanno programmando per il terzo anno consecutivo”-. Questo ci indica che “The Omega Man” è ambientato nel 1977, dato che la fine del mondo è avvenuta nel 1975.(D’altronde Heston stesso menziona l’anno 1977 durante le registrazioni audio del suo diario).

Richard Matheson disse che secondo lui “The Omega Man” era stato tratto nei modi talmente lontanamente dal suo libro, che neanche se ne preoccupava.

La Warner Brothers voleva inizialmente Diahann Carroll, altra famosa attrice afroamericana, per il ruolo di Lisa.

Nel film la piaga epidemiologica che provoca la fine del mondo è stata scatenata dalla guerra batteriologica come risultato di una guerra di confine tra la Cina e l’URSS. In effetti, la Cina e l’URSS avevano avuto schermaglie di confine molto gravi nel 1969, che avevano fatto preoccupare anche molti leader mondiali, circa la possibilità di una guerra totale fra le due superpotenze dell’emisfero comunista.

Le notizie date dalla TV nei flashback di Neville circa la diffusione della malattia, sono lette da un anchorman che altri non è che Matthias interpretato da Anthony Zerbe, prima di essere infettato e diventare il leader della “Famiglia”.

Napoleone Wilson

mercoledì 30 marzo 2011

Farfallon

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Accreditata la coppia, ma Ciccio Ingrassia non fa molto, qua ad impazzare con un po' tutte le sue migliori qualità è Franco Franchi, il "The Mask" nostrano. Anche nel titolo la parodia del famoso film "Papillon" è esplicita però, un po' come già avvenuto in "Ultimo Tango a Zagarol", il film gode di vita propria e di una bella canzone finale cantata dallo stesso Franchi.

Farfallon (F.Franchi) è in carcere per uxoricidio. Il Barone (Ciccio Ingrassia) per una truffa legata alla costruzione mai avvenuta di un ponte sullo Stretto di Messina. Il Barone affiderà a Farfallon anzitutto il compito di salvargli i soldi, poi gli chiederà di evadere per compiere altre missioni. Si assisterà ad una serie di evasioni rocambolesche, durante le quali il buon Farfallon si troverà dentro una situazione più grottesca dell'altra!

Nulla che debba passare alla storia del Cinema, però ottimo come svago ad alto tasso ironico ed un filo satirico, fin attuale: il tormentone del ponte sullo stretto, il Barone che chiama Rubasangue gli avvocati e Ingannapopolo i politici... niente è cambiato da allora!

martedì 29 marzo 2011

Jesus Christ Superstar

29

Film musicale per eccellenza, Capolavoro per me, famosissimo anche se forse non per le ultime generazioni. Come per Tommy, lo devo riguardare ogni tanto, tale il mio legame con queste 2 opere che sono anche colpevoli di avermi iniziato all'ascolto del rock. Jesus Christ Superstar in particolare ho perso il conto delle volte che l'ho visto!
Per fornire una recensione di livello adeguato ho chiesto un contributo all'amico Harmonica (al secolo Leandro), grande intenditore sia di musica che di cinema e anche della "età giusta" per commentarlo, nel senso che quando il film uscì era non solo già nato ma anche senziente. Ecco l'intervista che ne è venuta fuori:

robydick:
Inizierei col discorso musicale. E' un film del 1973 ma arriva dal lungo corso di un'opera teatrale, che poi è proseguita ancora a lungo dopo il successo strepitoso del film. Per introdurlo spieghiamo a tutti di che genere musicale parliamo? E' un genere musicale ancora vivo, che può trovare estimatori tra i più giovani? Gli artisti che lo interpretano erano già cantanti affermati?, penso a Carl Anderson, eccezionale Giuda di colore, ad esempio, ma anche ad altri.

Harmonica:
Iniziamo col dire che si tratta di un genere a cavallo tra rock e pop, un tipo di rock che affonda le radici negli anni '70, ma reso accattivante da canzoni orecchiabili che pescano però nella parte nobile della musica pop, penso a "Everything's Alright" di Yvonne Elliman e a "Superstar", insomma si può dire che gli autori sono partiti dal rock per arrivare a creare un genere a se stante che solo in questo tipo di rappresentazione si può ascoltare e che trovano un senso compiuto solo guardando l'opera nella sua interezza. Soltanto la canzone citata prima cantata da Yvonne Elliman è forse l'unica che si può ascoltare anche fuori dal contesto, tanto più che è stata coverizzata all'epoca da Claudia Mori e Celentano (e io all'epoca giovane bischerello credevo che fosse quella l'originale) e ricantata da Mina nel programma tv "Milleluci". E' il classico genere che un giovane può apprezzare soltanto assistendo al film o alla rappresentazione in teatro, facendosi coinvolgere dalla trascinante messa in scena, ma avrei dei dubbi che ascoltando questi brani sganciati dall'opera, possano essere apprezzati dal pischellume italico. Di quel che mi ricordo all'epoca, da undicenne che si affacciava al mondo del rock (posso dirti che fu il primo film che andai a vedermi da solo al cinema di paese, e che non ci capii una beata fava, salvo appassionarmi a quel genere musicale che di li a poco esplose nell'ascolto ossessivo di "Smoke on the water" dei Deep Purple, si può dire che nel mio caso fece più Gesù che Belzebù) i cantanti mi erano totalmente sconosciuti e anche successivamente non ricordo che abbiano avuto visibilità aldilà del film, salvo Yvonne Elliman che ritroviamo nella colonna sonora di "Saturday Night Fever" con il brano "If I can't have you", canzone notevole direi, tratta da un discreto album della cantante.
Di Carl Anderson, grande Giuda nel film e nella rappresentazione a Broadway, non ho ascoltato altro successivamente, ti dirò che nella sua carriera ha inciso nove album di genere vicino al jazz e al soul e che è scomparso nel 2004 a causa di una leucemia. Ted Neeley aveva dalla sua inciso un album nel 1965 con il suo gruppo "The Neeley Teddy Five", ma dopo questa non ricordo altre produzioni. Un breve accenno alle coreografie; col senno di poi, quei balletti sono stati rifatti con la carta carbone nei tanti varietà della tv italiana negli anni '70.

robydick:
Sembra incredibile oggi che si possa fare un film come questo, o come Tommy, interamente cantato, dialoghi compresi, proprio come un'opera classica. Che altri film o anche rappresentazioni teatrali importanti ci sono di paragonabili? Sono tutte rock o cosa?

Harmonica:
Un film così oggi lo vedo difficile da realizzare, perlomeno in forma classica, ti basti sapere che mio figlio undicenne quando ha realizzato che il film era tutto cantato mi ha apostrofato con un: "ma che roba é" ? In pratica anche nel cinema, perlomeno quello mainstream, c'è stata quella restaurazione che è avvenuta in altri campi, relegando questo tipo di produzioni al cinema indipendente o all'estro di registi fuori-schema, come potrebbero essere Bahz Lurman o Gaspar Noè. Pochi film come questo mi sovvengono nel cabezon, uno che si avvicina molto può essere senz'altro il "Rocky Horror Picture Show" , "Tommy" lo hai citato tu, ma voglio ricordare anche "West Side Story", forse il primo film rivolto ad un pubblico ggiovane, che strizzava l'occhio ai primi vagiti del rock, anche se rock, almeno musicalmente, non lo era. Ti potrei citare anche altri musical di Broadway che hanno avuto anche trasposizione cinematografica, quali "Grease" ,"Hair" oppure "Funny Lady" ma direi che siamo decisamente fuori dal rock inteso come quello ascoltabile in JCS. Si può dire comunque che la musica applicata alla forma film è nata con l'avvento del sonoro (il primo film fu non a caso "Il Cantante di Jazz") cosa altro non erano infatti i film di Fred Astaire vedi "Cappello a Cilindro" e "Seguendo la Flotta" tra gli altri, se non un pretesto per ascoltare canzoni e vedere ballare gli attori sulle coreografie del grande Busby Berkeley (il più grande scenografo che Hollywood abbia mai avuto, per inciso). Con l'avvento del rock invece siamo passati dalla forma classica del musical ad una messa in scena dove il o i protagonisti erano quei gruppi o cantanti che andavano per la maggiore, dove anche qui i film erano pretesto per ascoltare le hit del momento, anche se in alcuni casi, vedi "A Hard Day's Night" con protagonisti i Beatles, il racconto era funzionale alle musiche, con una rappresentazione pertinente. Sorvolo sui film musicarelli degli anni '60 e sui musical italiani recenti vedi quelli di Cocciante, mentre una menzione va fatta per il duo Garinei e Giovannini, dove se pur non avendo niente in comune con il rock, sapevano scrivere delle canzoni che sono ricordate ancora oggi. Potrei andare avanti per giorni a parlarti di musica nel cinema, ma direi che dovremo fare un'altro post.

robydick:
La storia è originalissima. Al limite del meta-cinema, assistiamo ad un gruppo di artisti "fricchettonissimi" che arriva ed alla fine ripartirà con un pullman, in mezzo tutta la rappresentazione. Alla luce dei tuoi "noti studi teologici" secondo te la vita di Gesù, rapportata a come presente nei vangeli, viene riportata fedelmente nella sostanza? Quanto è pretesto invece per rivolgersi all'attualità (degli anni 70 ovviamente)? Il fatto stesso di chiamarlo Superstar non fa apparire Gesù alla stregua di un divo?

Harmonica:
Sostanzialmente si, non vedo stravolgimenti al racconto evangelico, si tratta della passione e morte di Gesù Cristo, anche se chiaramente all'epoca soltanto le parti più moderne della chiesa, ovvero quelle più impegnate nel sociale e quindi a contatto con la vita di tutti i giorni lo capirono. Oddio, guardando più approfonditamente il film, in particolare nella caratterizzazione della Maddalena sembra quasi che fosse qualcosa in più di una discepola, quasi come una compagna, e anche Giuda è messo come coscienza critica del messaggio cristiano, preoccupato più di scacciare i romani dalla palestina che non ambire al regno dei cieli, quasi come un rivoluzionario che cerca giustizia nel presente. E la parte di Giuda nel film la vedo proprio come una specie di Malcom-X ante litteram, che pur essendo un credente, lottava per i diritti della sua gente nel presente e forse qui posso trovare un aggancio all'attualità dell'epoca, di più non so dirti, visto che ero poco più di un pischello, o per dirla alla fiorentina, un "naccherino". Sicuramente appellare Superstar Gesù Cristo è farlo apparire come un divo, cosa che non è lontana dalla realtà, penso che la figura di Gesù sia stata fatto oggetto, suo malgrado, di idolatria da parte della chiesa cattolica, facendo perdere nel tempo il messaggio originale del cristianesimo, messaggio che secondo me lo puoi trovare leggendo il vangelo gnostico di Tommaso, non a caso bollato come eretico dal concilio di Nicèa, dove furono codificati i quattro vangeli della chiesa cattolica, ma fortunatamente ritornato alla luce in una grotta di Nag-Hammadi negli anni '40. Se fosse stato quello il testo ufficiale, ci saremmo risparmiati un bel po' di guerre di religione e forse anche tante religioni "mistiche" non avrebbero avuto motivo di esistere.

robydick:
Quasi tutti i personaggi sono in qualche modo caricaturizzati, a parte Gesù, Maddalena e gli apostoli. Hai qualche preferenza tra questi, ce n'è qualcuno, o qualche scena in particolare che ti ha colpito? Tornando un po' alla domanda precedente, pensi che chi crede possa sentirsi offeso da quest'opera o, che tu sappia, c'è stato qualcuno o qualche istituzione ai tempi dell'uscita che ebbe da ridire? Faccio qualche provocazione a riguardo, ad es. Ted Neeley sembra l'icona ariana di Gesù con quei capelli biondi lunghi e la barbetta, e che dire del "negro" che fa Giuda? Io avrei invertito le parti, figurati, per essere anche più provocatorio.

Harmonica:
Su tutti la scena del Re Erode, in stile vecchio musical di Broadway, tra gay e drag queen e notevole pure la scena di Gesù davanti a Pilato, dove l'attore che interpreta il governatore romano è autenticamente stronzo, non come viene in genere rappresentato in altri film che ho visto, dove viene descritto come una persona piena di dubbi e tutto sommato indifferente.
Prova a dire quale istituzione si sentì particolarmente offesa dal film. Per aiutarti ti dirò che il nome inizia per V e finisce per aticano. So che il film venne considerato "blasfemo" dalle tonache nere, e se non sbaglio è passato in tv in prima serata solo nel 2005 su La7, altrimenti le poche volte che lo hanno trasmesso uno doveva fare le ore piccole. Ricordo pure delle furiose polemiche quando uscì, chiaramente dei gruppi stile Azione cattolica e CL, con picchetti fatti davanti ai cinema per non fare entrare le persone.
Riguardo ai due personaggi principali, io avrei rappresentato Gesù come un palestinese con tanto di kefhia, ma forse sarebbe stato troppo anche per un film come questo.

robydick:
Domanda "filler": dicci qualcosa di questo film, quello che vuoi e che nelle domande precedenti non hai avuto motivo d'esporre.

Harmonica:
Anche se oggi il film può apparire datato, secondo me è stata la miglior messa in scena della passione di Cristo che ci abbia dato il cinema. Lontana anni luce dai santini alla Zeffirelli e dalla pornografia di un Mel Gibson, JCS è un film che ci mostra Gesù come una persona comune, senza quell'aura mistica che troviamo nei film citati, dubbioso e impaurito da quella che sarà la fine della sua missione; morire per tenere fede ai propri ideali. Trovo anche la figura di Giuda ben lontana dall'infame traditore che è stato descritto dai vangeli, perlomeno quelli canonici, anche lui dubbioso su quale fosse la reale missione di Gesù, ritenendolo troppo morbido nei confronti dei romani e secondo la mia visione del film, lo tradirà non per soldi ma per il tradimento di quegli ideali "antiromani" che Giuda propugnava. Che poi se leggi la figura di Giuda nel vangelo apocrifo a suo nome e pubblicato per la prima volta recentemente, è totalmente diversa da quella che ci è stata descritta. Qui abbiamo una figura che non tradirà, ma eseguirà gli ordini di Gesù, per far si che il corso degli eventi da lui preconizzati si avverassero.
Insomma, da una vicenda divina, una classica storia terrena dell'umanità.

p.s. Una curiosità: lo sai che l'attore che interpreta Pietro diverrà un famoso attore di film porno?

Non so cosa mi stupisce di più: il vatikanen che dice "diese film ist verboten!" o Pietro pornostar. Nessuno stupore invece nello scoprire che l'amico Leandro è esperto anche di cinema porno, la sua tuttologia non conosce limiti.

Scherzi a parte, un grazie ENORME a Harmonica!

E mi raccomando, dello stesso regista c'è un altro Olimpo da non dimenticare: "Fiddler on the Roof - Il violinista sul tetto".

lunedì 28 marzo 2011

Quel maledetto treno blindato - The Inglorious Bastards

25

"Bastardi senza gloria" sarebbe dovuto essere il titolo del film, poi cambiato prima dell'uscita italiana. Negli Stati Uniti venne tradotto invece il titolo originale. Il titolo vi ricorda nulla? Ecco, fermatevi al titolo coi paragoni, me racumandi né! Le trame sono diverse tra questo e la famosa tarantinata e, soprattutto, questo di Castellari sì, è un film spaventosamente bello!

Sento l'obbligo d'iniziare questa recensione con una Lode d'Encomio Solenne a Enzo G. Castellari, regista che ho conosciuto tardi, ma meglio che mai, come si dice. 3 film visti finora, su tre generi diversi ("Il cittadino si ribella" poliziesco/poliziottesco, "Keoma" western, ora questo di guerra), tutti ai vertici del mio gradimento, sulla base del quale eleggo questo regista ad uno dei più grandi registi di film d'azione di tutti i tempi e continenti.
Poi ognuno ha i suoi gusti, ma io così la penso e così mi sentivo di dover dire, anche per ringraziarlo della sua opera.

Seconda Guerra, 1944, in Francia. Un camion che trasporta militari americani, tutti in stato d'arresto per svariati motivi, buca proprio vicino alle linee tedesche. Un massacro ma una parte dei prigionieri si salva e punta dritto verson la Svizzera. E' un gruppo di uomini accomunati dal non aver nulla da perdere, probabilmente sarebbero finiti tutti davanti al plotone d'esecuzione, estremamente variegato. Un solo ufficiale tra loro (Bo Svenson), arrestato per aver disubbidito all'ordine di bombardare un'area piena di civili (questa poi!), che spontaneamente, anche perché tra i più sani di mente, diventerà il capo del gruppo. Poi ci sono un disertore che lo è diventato perché va in panico coi rumori delle armi da fuoco; un italoamericano borseggiatore che ruba di tutto (Michael Pergolani, attore d'una simpatia unica!); un afroamericano, che ha ucciso un commilitone che gli dava troppo del "negro", forte come un bufalo (Fred Williamson); altri... Tutti o quasi poco raccomandabili, formeranno una formidabile testa di ponte tra le linee tedesche. Per un evento fortuito che non voglio spoilerare si ritroveranno a dover compiere una missione delicata e pericolosa, insieme ad un ufficiale paracadutato e ai partigiani francesi, ottenendo in cambio un condono dei reati. Certo, offerta valida e consumabile per chi sopravviverà.

Spettacolo totale per tutto il film, con anche non poche battute di quelle pesanti quindi divertente sotto ogni aspetto. Non c'è un attimo di pausa e l'ultima mezzora circa, quando partirà ufficialmente la missione speciale, è da doppio sturbo. Proseguo a raccontare sotto i frame.

Olimpo come pochi.

domenica 27 marzo 2011

The Fog

29

Antonio Bay si prepara a festeggiare la ricorrenza della fondazione della piccola comunità che ci vive. Su di essa, proprio sulla fondazione, pesa però una grave colpa passata: aver fatto affondare una nave carica di lebbrosi per impossessarsi dell'oro che trasportava. Una leggenda vuole che gli spiriti di quegli uomini debbano tornare per vendicarsi e il loro arrivo è preceduto da una strana nebbia.

Un film che all'epoca, a quel che ho letto, non entusiasmò nel risultato nemmeno lo stesso Carpenter che lo girò in appena 2 mesi e con un budget abbastanza ridotto. Venne rivisto un po' prima della commercializzazione per renderlo un po' più intrigante inserendo scene più gore e devo dire che ha fatto veramente bene a farlo.

Per il resto è abbastanza "classico" nella struttura narrativa, con l'inizio del vecchio marinaio che racconta la storiella ai bambini che lo fa quasi apparire appunto un film per ragazzi, ma non lo è. Storia di un luogo che pur negli Stati Uniti conduce una vita abbastanza isolata; c'è l'eroe con la ragazza innamorata; la tipa alla radio locale che comunica a tutti quanto avviene; un personaggio che in qualche modo catalizza su di sé le colpe di quella maledizione più di altri.

Niente di che, per carità, sicuramente non è una visione obbligatoria. Film di spiriti cattivi piuttosto prevedibile. Avevo aspettative superiori ma alla fine, capita l'antifona, me lo sono visto in "relax".
Ogni tanto qualcosa di semplice ci vuole ed è pur sempre un film di Carpenter, quindi ottima fattura, musiche da lui composte sempre consone, con alcune scene ed inquadrature che se le facesse un italiano oggi grideremo al nuovo talento.

sabato 26 marzo 2011

Alla rivoluzione sulla due cavalli

14

E' il 25 Aprile 1974. A Parigi 2 studenti condividono un appartamento. Marco (Adriano Giannini) è italiano. Victor (Andoni Garcia) è portoghese, e riceve una telefonata quella mattina, con cui gli comunicano che è esplosa la rivoluzione e la caduta della dittatura di stampo dichiaratamente fascista instaurata da António de Oliveira Salazar. Nel 1974 a capo del Portogallo c'è il generale Marcelo Caetano.

A partire da quel giorno ed in soli 6 giorni si consumerà quella che oggi è famosa come "Rivoluzione dei Garofani". Una delle rivoluzioni più pacifiche della storia, prese il nome dal fatto che, per iniziativa dei rivoluzionari appoggiati da buona parte dell'esercito, sulle bocche di fucili e cannoni vennero appunto posti i fiori detti, a simbolo di non voler assolutamente sparare.

Victor e Marco caricheranno con loro, quasi casualmente, l'amica Claire (Gwenaëlle Simon) e partiranno insieme a bordo dell'unico veicolo disponibile, la Citroen 2CV gialla di Marco. Destinazione Lisbona. 2000 km circa, da percorrere però in Spagna sulla strade secondarie perché il regime franchista (che cadrà l'anno successivo) osteggia il rimpatrio dei portoghesi.

Un simpatico road-movie (4 giorni di viaggio) che non disdegna anche alcune riprese in steadycam particolari, a bordo di una macchina simpaticissima, vero mito per generazioni come la mia, ed adattissima alle strade dell'epoca in Spagna e Portogallo. Ne capiteranno diverse di situazioni: guasti, errori di percorso, svicolate di posti di blocco, personaggi bizzarri, un poliziotto spagnolo alla frontiera col Portogallo molto infido, ecc... . Molte le situazioni simpatiche e divertenti, coi 3 che viaggiano mentre la rivoluzione è in corso ed a loro tramite la radio giungono le notizie. Ovviamente ci sarà il definitivo arrivo a Lisbona...

Senza voler rivelare troppo, diciamo che è un film leggero e spensierato utile a ricordare che dopotutto, molto vicine a noi italiani, solo 35 anni fa erano in vigore ben 2 dittature di stampo fascista! Mai dimenticare.

venerdì 25 marzo 2011

Kurozu Zero - Crows Zero (aka: Crows: Episode 0)

14

Ogni tanto, fino ad esaurimento scorte, un Miike passa da queste parti. E sono film che mi piacciono sempre, mai fallito un colpo finora.
Una storia molto semplice, ambientata in Giappone nella scuola maschile Suzuran detta Scuola dei Corvi. Non li vedremo mai studiare questi "bravi ragazzi". Più che una scuola per istruirsi a lettere e scienze è una scuola di sopravvivenza dove ci si prepara ad esercitare il potere.

In base all'anno scolastico ed alla sezione ci sono diversi capi, e salendo sempre più su si arriva al capo gang più forte del momento: Serizawa. Alla scuola arriverà il figlio di un potente yakuza, Genji, col dichiarato intento di diventare il capo supremo. Prima della sfida personale tra i 2 le rispettive bande, a suon di botte (e trattative) arriveranno a schierare i rispettivi eserciti per una clamorosa battaglia finale. In realtà per il vincitore le sfide non finiranno lì per raggiungere il vertice supremo della Suzuran, perché l'ultimo ostacolo è uno studente gigantesco, una specie di troll, chiamato Rinda-man...

Il mio amatissimo Miike si cimenta con le bande giovanili in un'ambientazione improbabile ed artificiosa nel paese del Sol Levante. La scuola è istituto simbolico, non esiste di fatto, è semplicemente una codificazione della c.d. "scuola della strada". Definizione di territori, aree d'influenza, persone in dominio, non manca nulla, in un aria di preparazione alla vita da adulti.

Alla proverbiale abilità con gli strumenti tecnici si aggiunge anche un discreto lavoro in post-produzione, senza perdere per questo il solito stile di grintosa tensione, la capacità di esaltare la forza bruta ed animalesca che con le arti marziali trova grande espressività.

Non ci si aspetti un blockbuster puro. Il film ha tempi strani per il genere, diversi momenti di pausa riflessiva, inserimento di personaggi apparentemente avulsi, come i 2 capibanda yakuza rivali che fanno da contorno alla sceneggiatura: uno è il padre di Genji, l'altro è il capo di un bizzarro scagnozzo che poi darà prova di valore pur essendo stato un fallito fino a quel momento (in ogni caso, come sempre, Miike tratta questi malavitosi in modo caricaturale).

Consigliato? Difficile dirlo. Per i fan come me di Miike visione obbligatoria.

giovedì 24 marzo 2011

Diario di una schizofrenica

25

QUALCUNO SALVI QUESTO FILM!

E' un'opera particolare e coraggiosa, capolavoro d'impegno sia cinematografico che scientifico del Cinema Italiano. Vincitore di 2 Nastri d'Argento, 9 International Awards, candidato all'Oscar nel 1969, è introvabile! Le Edizioni Paoline da me più volte contattate hanno interrotto la stampa alle vecchie vhs e non ne hanno più. La produzione di dvd non è mai avvenuta né è prevista. Un delitto non poterne disporre e diffonderlo. Spero che qualcuno possa veramente fare qualcosa, io nel mio piccolo più che gridarne la necessità non posso.

Il film non è un documentario, ma la fedele trasposizione del romanzo omonimo "Le journal d'une schizophrène" (1951) di Marguerite Andrée Séchéhaye. La storia di un caso clinico seguito dalla stessa autrice, che fu allieva di Sigmund Freud e nella storia userà lo pseudonimo di Madame Blanche. Nelo Risi (che è laureato in medicina, n.b.), che a lungo risiedé in Svizzera, incontrò personalmente Marguerite, un incontro che definì "capitale", e decise di farne un film. Con che tipo di rigore? Leggete cosa ne disse Alberto Moravia all'uscita: “Nelo Risi ha fatto un film di puro contenuto, cioè un film nel quale il diaframma stilistico è ridotto ai suo massimo grado di trasparenza e di naturalezza a tutto vantaggio della rappresentazione oggettiva del caso clinico. Ma il contenuto in compenso è stato decantato e ordinato con un rigore e una chiarezza che equivalgono a un atteggiamento stilistico. La qualità principale del film sta secondo noi nell’avere saputo creare un rapporto dialettico tra dottoressa e malata, tra malattia e cura. Questo rapporto esiste nella realtà; tutti coloro che hanno sofferto di qualche prolungata infermità conoscono l’angoscioso alternarsi delle guarigioni e delle ricadute. Ma è merito di Risi di aver recuperato, oltre al caso clinico, l’atmosfera drammatica propria di questa lotta tra le forze della vita e quelle della morte”.
Importante il contributo, come consulente, di Franco Fornari, allievo di Cesare Musatti che è considerato il primo fondatore della psicanalisi italiana.

Anna, questo il nome dato alla ragazza 17enne protagonista di questa "avventura", è schizofrenica dall'età di 12 anni. Dopo anni di tentativi inefficaci di cura, sempre in cliniche private (la sua famiglia ha grandi disponibilità economiche) approda in una clinica svizzera dove appunto Bianca, una psicanalista particolarmente sensibile, se la prenderà in carico. Il primo e più grande progresso sarà farle emettere delle parole, poi tra altri progressi ed apparenti passi indietro Anna riuscirà a parlare, comunicare in modo compiuto anche se è come se la sua crescita debba ripartire dalla prima infanzia.
Un fatto casuale la porterà ad una fuga per la città e ad un tentativo di suicidio, che rischierà d'interrompere tutto. I dubbi del padre, quelli del primario della casa di cura che si dissocia dal metodo di Bianca pur avendolo esaltato dopo i successi iniziali, soprattutto l'opposizione della madre saranno il grande ostacolo da superare dopo questo episodio, anche perché quest'ultima è in forte imbarazzo per le scoperte di Bianca, che hanno individuato in gravi carenze affettive i fattori scatenanti della malattia. Bianca però è convinta che Anna possa tornare ad una vita sostanzialmente normale e riuscirà a convincerli ad affidarle la ragazza. Saranno 18 mesi di convivenza e di studio formidabile, con Bianca che diventerà temporaneamente Madre per poi lasciare andare progressivamente la "figlia"; ogni mese come un anno di vita, dalla bambina in culla all'adolescente che deve uscire di casa da sola.
Questa in sintesi la vicenda, ancora oggi un'esperienza ed un documento di portata storica e d'esempio per il mondo della psicanalisi.

Per chi volesse saperne di più sulla schizofrenia consiglio di rivolgersi a wiki o siti specializzati, non è materia che posso trattare personalmente. Io vorrei soffermarmi a riflettere brevemente su alcune affermazioni di Bianca, su alcuni momenti che contengono dei Valori Assoluti Inestimabili a mio parere, accompagnandole da qualche frame (sono pessimi, ma meglio che niente).

"Eppure io sono convinta che se si riuscisse a penetrare nel loro mondo, e a soddisfare il loro bisogno di essere amati, forse la guarigione per gli schizofrenici potrebbe diventare possibile. Ci vuole pure qualcuno che assuma su di sé il loro male."
Non è una donna religiosa a parlare anche se potrebbe sembrarlo, ma una scienziata della materia più razionale che esista: il cervello. Sono affermazioni umanamente splendide, e a renderle ancora più tali c'è il fondamento scientifico. E' il medico a voler entrare nel mondo del malato, non si pretende il viceversa. Approccio non solo empatico ma necessario per una malattia mentale. Prima di Bianca ogni tentativo era volto ad ottenere da Anna comportamenti "normali", ora invece si cerca di entrare nel suo sistema di comunicazione. "Assumere su di sé il suo male" non intende portarne la croce, è solo come dire: sono io che devo essere capace di simulare nella mia mente la sua per potermi addentrare nei suoi meccanismi.

"Dò più importanza ai simboli che alle cose. I nostri malati sono come esseri primitivi; proprio come dei primitivi che ignorando il linguaggio si esprimono simbolicamente."
Letta così può sembrare un'affermazione fin offensiva, invece guardando il film ed ascoltandone i toni si comprende che questo è il punto primo per quell'assunzione su di sé del male di cui si parlava. E' un'intuizione geniale portata avanti con maestria. I simboli, più delle parole, non sono comprensibili presi a sé, vanno inseriti in un contesto ampio, comprensivo di analisi della vita del paziente. Fondamentale individuare gli eventi che solo ad un occhio incompetente o distratto non paiono importanti. Bianca incontrerà i genitori di Anna, ed ascolterà, molto. Mai definirà una sua intuizione o scoperta come definitiva, l'atteggiamento è sempre volto al progresso.

"Il miracolo delle mele"
Mettendo insieme il desiderio di Anna di raccogliere le mele dall'albero ancora acerbe, l'attenzione per i seni di Bianca, la bravissima psicanalista comprenderà la necessità d'instaurare una nuova figura di madre, seppure estemporanea, perché con quella l'Anna che è "nascosta dentro" è disponibile a relazionarsi. Sarà un momento cruciale, e quella definizione di miracolo sarà il primario della clinica a coniarla. A partire da ciò i progressi della ragazza saranno sorprendenti. I miracoli però non esistono, mentre esistono persone che hanno una fiducia incrollabile e che lavorando a lungo, anche senza poter prevedere cosa accadrà, sanno cogliere il momento, l'attimo che contiene quella indicazione chiave. Nulla è frutto del caso.

"Quando Anna non avrà più bisogno di me sarà lei stessa a lasciarmi." - e gli domandano - "una guarigione che si misura dall'ingratitudine?" - risponde sorridendo senza dubbi - "No, dall'indipendenza".
Il frame, nonostante la sfocatura, è di una drammatica e amorevole bellezza che mi lascia interdetto ad ammirarlo. Le 2 attrici meritano citazione: sono Margarita Lozano (Bianca) e Ghislaine D'Orsay (Anna).
Questa recensione la sto scrivendo con le mani tremanti, è la verità, e in quell'immagine s'addensa la vetta di umanità di questo film. Quando l'amore per la vita umana in qualsiasi modo si esprima si unisce alla preparazione ed all'intelligenza, e il breve e semplice dialogo che riporto ne è la prova, si tocca la Vetta Massima Possibile per la nostra specie, ne percepisci l'altissimo potenziale che può esprimere. Sono i casi in cui dici "Sì, siamo la specie animale superiore!". In questi tempi dove vale più una tetta al silicone della materia grigia ben foraggiata, questo film che ha protagoniste 2 donne, una amorevole e preparatissima, un'altra che alla fine a modo suo compirà un'eroica impresa, ha ancora più significato. S'aggiunga a questo che alcun grande vantaggio economico è previsto per entrambe, qua si punta a Premi che superano ogni bene materiale si possa immaginare, siamo nel campo dell'impalpabile impagabile.

"...dopo 18 mesi di ininterrotta convivenza, mi rendo conto di aver imparato molto da lei" - poi conclude con le parole di Freud: "questi ammalati si sono distolti dalla realtà esteriore ed è per questo che su quella interiore ne sanno più di noi, e possono rivelarci cose che senza il loro aiuto sarebbero rimaste impenetrabili."
"... Ne sanno più di noi..." dice Freud! Che Maestro che ha avuto Marguerite, e come ha superbamente saputo mettere in pratica, non bigottamente ma con spirito critico, quanto da lui appreso! Questa storia, e questo film, sono una Lectio Magistralis di atteggiamento da avere nella vita, non saprei come meglio dirlo.
Ogni malato di questo genere è un mondo inesplorato ed inesplorabile per le persone comuni, a meno di non sapersi mettere in discussione e di agire come ha fatto Bianca. Quasi come un film di fantascienza, si poteva titolare "Viaggio all'interno di una mente" senza offenderlo, fermo restando che il titolo che ha è perfetto, ha il buon gusto e l'anti-sensazionalismo dovuti.

Un'ultima considerazione sulla qualità filmica dell'opera non me la posso risparmiare, anche se mi sono già dilungato troppo...
Quando Moravia, prima citato, dice: "[il contenuto] è stato decantato e ordinato con un rigore e una chiarezza che equivalgono a un atteggiamento stilistico", esprime in breve quello che penso, di questo e di altri film (pochi) ad esso paragonabili. Nessun uso di musiche emotivamente coinvolgenti, nessuna concessione ad interpretazioni iperboliche o peggio istrioniche, non corrispondono ad un'assenza di stile ma sono Lo Stile di un regista che qua s'è espresso ai massimi livelli. La commozione, lo stupore, la preoccupazione, e tutti i sentimenti che si provano durante la visione sono frutto puramente delle immagini, di una loro sapiente esposizione, equilibrata alla perfezione coi dialoghi e i brani del diario narrati da Bianca.

Olimpo degli Olimpi. Grande Onore a Nelo Risi, quest'anno compirà 91 anni e ne ha fatte altre di belle cose, anche se questa da sola basterebbe a metterlo nella Storia.

mercoledì 23 marzo 2011

Seul contre tous - I Stand Alone

23
Primo lungometraggio, del regista che già ho ammirato nel suo ultimo, il mistico/metafisico e psichedelico "Enter the Void". E' il compendio finale di "Carne", un corto precedentemente realizzato.

Philippe è un macellaio. Esce di prigione dopo una breve detenzione per violenze, breve ma sufficiente ad averlo mandato in rovina, perdere casa, negozio, tutto. Moglie morta da tempo, figlia lasciata in un istituto, ha una relazione con una grassa ma ricca donna che ha ingallato, la quale lo porterà lontano da Parigi. Farà qualche lavoro casuale, poi riempirà di botte la donna e tornerà a Parigi. Squattrinato, incazzato col mondo, tenterà ancora di trovare lavoro ma senza successo. Con una soluzione finale in testa, andrà a prelevare la figlia all'istituto per portarla a visitare la Torre Eiffel, però quelle brame sessuali che ancora gli montano verso di lei...

Dopo un inizio vertiginoso con voce fuori campo che in pochi minuti ci racconta tutta la vita del protagonista precedente la prigione (ha subito di tutto, compreso una violenza infantile ad opera di un religioso), di fatto si assisterà ad un suo pensiero-monologo per tutta la durata del film. Intensissimo, tanto che i 90' circa del film sembreranno di una lunghezza eterna, non per la noia ma per la quantità impressionante di frasi sulle quali ti fermeresti a riflettere, e non parliamo di frasette retoriche alla baci-perugina.

Duro, incattivito, acido come il vetriolo, Philippe ne ha da dire per tutto e tutti. Difficile spesso dargli torto, anche rispetto alle sue affermazioni più dure. Capita di meditare cose come questa ad es.: "Nascere di malavoglia, mangiare, agitare il proprio cazzo, far nascere e morire. La vita è un grande vuoto, è sempre stata e lo sarà sempre. Un grande vuoto che potrebbe svolgersi perfettamente senza me". Capita, a chi usa il cervello per Pensare può succedere, in un momento d'incazzatura, di pessimismo, di prostrazione per un insuccesso a causa del quale non si trova via d'uscita. Attacchi al sistema familiare, alla giustizia, alla politica con scadimenti brutali nel razzismo etnico e sessuale, perché lentamente la testa, mano a mano che la fame si farà sentire, comincerà a cedere. Diventa sempre più duro sopportarlo, stargli dietro, ma continua ad ispirare (a me perlomeno) simpatia ed empatia e quello che a un certo punto gli avrei detto è:
PORC*****... SPACCA TUTTO, SPACCA !!!

Mentre che penso ciò, in pieno parossismo di violenza cosmica, compare questo frame:
... Ed inizia il conto alla rovescia, dopo il quale ci saranno 20 minuti di finale che, per lo spettatore medio, effettivamente un minimo di warning lo merita. Nulla di paragonabile ai "migliori horror" in termini di violenza fisica (anche in questo blog presenti), però la violenza psichica, mentale, la distruzione della morale che avviene è notevole, non la più dura che mi sia capitata ma... notevole!

Chiudo con un po' di frame senza commenti, non senza fare un'ultima piccola riflessione ispiratami dalla visione.
Prima dicevo che molte delle cose che afferma Philippe le ho condivise e mi hanno esaltato. Non attacchiamoci alle sue invettive sui "froci", o sugli "arabi", non è lì la sostanza, quella è solo ignoranza, sfogo. Intendo quelle contro i c.d. "modelli sociali" e tutte le costrizioni che essi rappresentano, e nemmeno mi voglio soffermare nello specifico sulle singole considerazioni che vengono fatte.
E' il modo e lo stimolo che porta a farle che mi ha colpito! Conoscete, che so io, gente benestante, o senza esagerare gente che non ha problemi economici più in generale, oppure persone che vivono solo spensieratamente, oppure ancora, e qua siamo al peggio del peggio, gente follemente innamorata (massimo stadio di rincoglionimento per esseri umani), che si preoccupa di come vanno le cose nel paese in cui vive e nel mondo? Io NO, almeno di persona. Senza arrivare al delirio di Philippe, penso che certamente la calma aiuta a ragionare, però l'incazzatura è fondamentale per indignarsi, e solo da gente di questo tipo possono arrivare delle "Novità". Nel bene e nel male eh!, non dico di no, ma sempre meglio della terribile, ammorbente e sedativa noia borghese.

L'argentino Noé ci sa veramente fare! Altro Cult per me, e tanta ispirazione.
Visione obbligatoria.

martedì 22 marzo 2011

Keoma

26

Un luogo abbandonato del far-west, un vento insistente che sbatte tutto e tutti, un cavaliere solitario che arriva in una bruma di polvere. E' atteso soltanto da un'anziana e sinistra donna, che gli parlerà di un paese vicino, soggiogato dalla peste e da un uomo crudele che lo tiranneggia. E' il paese dov'è cresciuto Keoma, meticcio bianco e pellerossa, e dove sta tornando perché deve tornarci. "Il mondo è marcio" risponde alla donna, che rivedremo spesso, ogni volta che la vita di Keoma è a rischio. Inutile dire cosa essa rappresenta.

La morte è sola fedele compagna di un uomo che per i suoi principi decide di mettersi contro tutto e tutti. Contro il flagello di una malattia e quello di un despota. E' cresciuto nella discriminazione, amato dal padre quanto odiato dai 3 fratellastri. Il grande talento con le armi non basta quando hai decine di nemici, però la determinazione di un uomo giusto è contagiosa ed altri, pochi ma importanti, torneranno ad essere sé stessi grazie a lui e lo aiuteranno fino alle estreme conseguenze...

E' una rece con cui voglio solo aizzare la visione, non mi va di dire molto della trama in senso essoterico, qualche piccolo accenno nei frame nulla più.
Più esotericamente invece dico che solo ad una visione superficiale è la semplice storia del cavaliere solitario. In realtà è un film che con una simbologia perfetta ed affatto complessa condensa, in quel "laboratorio sociale" che è stata la conquista del west americano, Valori e Denunce importanti. I valori sono quelli della libertà, di pensiero ed azione, della volontà di perseguirli, dell'inutilità di vivere sopravvivendo. Le denunce sono quelle del potere dispotico che può essere tale solo quando la popolazione lo permette, della paura collettiva come arma di oppressione e sottomissione, dei controlli monopolistici. Ma ce n'è ancora, potrò mica dire tutto no?
E quando vedrete quel finale, che solo una mente elevata ha potuto immaginare, una fusione di Creazione e Distruzione che non fa sconti a nessuno, toccherete la forza potentemente emotiva che il Cinema di altissimo livello può scatenare, una roba che fa venire da urlare!

Concludo riportando da wiki una dichiarazione dello stesso Castellari: «Il soggetto è di Luigi Montefiori, un'intuizione geniale, un'idea straordinaria nella quale mi sono immerso e ne sono stato coinvolto alla prima lettura, ma la realizzazione del film è stata un'altra grande avventura piena di imprevisti, difficoltà, problematiche che ho risolto, con la collaborazione del produttore Manolo Bolognini e quella di Franco. Abbiamo lottato contro tutto ma siamo riusciti a portare a termine l'opera. Posso solo dire che "Keoma" rappresenta il mio "io", la mia personalità come autore, il mio modo di girare, di montare, di sonorizzare e di musicare! Ho realizzato questo film riconoscendomici in tutto!»

Che dichiarazione! Mi ha esaltato leggerla, come se fossi lì ad ascoltarla e m'illuminasse. Dice cose semplici ma sature di passione, una sintesi di Cinema che adoro e non sono molti i registi che possono dire cose simili.

Una storia che è un trionfo di epica, ma anche di azione, riprese acrobatiche... c'è tutto il meglio della tecnica cinematografica (cosa che già dissi dopo "Il cittadino si ribella" ma mi ripeto volentieri!).
Super Cult, anzi Olimpo per quanto mi riguarda, sia il film che lo stesso Castellari.

p.s.: messaggio IMPORTANTE per le gentili ospiti.
Franco Nero in questo film, con quella carnagione color terra, occhi chiarissimi, capelli bronzei lunghissimi, fisico tonico... è d'una figaggine mostruosa! Vi verrà un sugo già nelle prime scene che proseguirà fino alla fine, credetemi.

lunedì 21 marzo 2011

Santa Sangre

19

Capita, almeno a me, di vedere un film, capirne ben poco e pensare "che bello però!". O meglio, capisci alcune cose, un senso generale, ma molti dettagli sfuggono. In questo caso le metafore ed allegorie utilizzate sono così particolari che ne ho apprezzato il lato estetico, non sempre il significato. Fortunatamente questo blog Gode del contributo di Napoleone, passo a lui la parola e tutto diventerà chiaro e renderà questo incredibile film ancora più affascinante.

“Lei è una sordomuta e quindi con lei si può fare quello che si vuole”.
La Donna tatuata /Thelma Tixou mentre “presenta” la figlia che fa prostituire ad un viscidissimo e laido cliente.

“Con le tue mani e il mio corpo, faremo un numero che sarà sensazionale.”
Rubi/Gloria Contreras

A Fenix/Axel Jodorowsky che se ne sta acquattato nudo in cima a un tronco d’albero nella sua sterile camera in clinica. [Il Dottore/Héctor Ortega (Gòmez) entrando con l’infermiera e spingendo un carretto di cibo con le pietanze.]: -“Fenix. Per favore…
[Gli offre un pasto normale.]
Dottore:-“Mangia come un essere umano.”
[Pausa]
Dottore:[mette giù il vassoio e gli offre un piatto con un pesce.]
Fenix:[urla salta giù e afferra il pesce]
Fenix: Grrr!
[Si siede e comincia a mangiarlo]
Dottore: -“basta non stare qui tutto il tempo, senza vedere mai nessuno.”
[Pausa]
Dottore:-“Ora andiamo dai, mettiti in piedi.”

[Fenix/Adan Jodorowsky bambino singhiozza]
Orgo/Guy Stockwelll:-“Smetti di piangere…come una bambina.”
[Pausa]
Orgo:-“Io ti do un dono. Che ti farà un uomo.”

Pappone/Teo Jodorowsky: [portando Fenix/Axel Jodorowsky e i ragazzi portatori di handicap lontano dalla cassa della biglietteria del cinema] –“Venite, venite. Vieni tu, ho un regalo per tutti voi.”[Puntando su dei manifesti di film]
Pappone: -“Senti, questo tipo di cose vi potrà anche far star male. Se promettete di non dire niente, vi porto da qualche altra parte…che è molto più divertente che al cinema. Te intanto, senti annusa un po’ di questa…”
[Apre una bustina di cocaina]
Pappone:-“…eh, vedrete…”

Concha/Blanca Guerra: -“Sai cosa devi fare.”
Fenix/Axel Jodorowsky:-“No, io non voglio!”
Concha: -“Questa ragazza ti ha contaminato con la sua lussuria.”
Fenix: -“No, mamma, non è vero! E’ solo un gioco!”
[Comincia a perdere il controllo delle sue mani]
Fenix: -“No!Non posso! Non chiederlo a me!”
Concha: -“Non te lo sto chiedendo, te lo sto per ordinare…tu sarai le mie mani…e le mie braccia…per ucciderla!”

Concha: [a Fenix] –“Non è possibile espiare i tuoi peccati con degli incubi.”

[Mentre Fenix guarda il manifesto di “The Invisible Man”]
Concha: -“Senza di me non sei nulla. Nessuno ti vede e nessuno ti nota. Proprio come il tuo stupido eroe.”

Concha: -“Sono sempre galli o cigni! Non si vede mai niente altro nelle tue ridicole allucinazioni.”

Fenix: [Concha comincia a controllare le sue mani] –“Attenzione, Santa! Per ora devi combattere contro di me e basta.”
“La Santa”/S.Rodriguez: -“Che cosa ti sta succedendo? Stai impazzendo?”
Concha: -“Sei il suo assassino! Devi ucciderla!”
Fenix: -“L’hai sentita? Lei vuole che ti uccida con le mie mani.”

[Prima dei titoli di coda]
Polizia: [al megafono] –“Metti le mani in alto!”
Fenix: [iniziando ad alzare le mani] –“Le mie mani…Le mie mani! Le mie mani. [Ride]”


“Santa Sangre”, film dalle immagini splendide e uniche, di morte.
Ma anche per molti aspetti il film-manifesto della visione unica di Jodorowsky, per tutto quello che avrebbe potuto dare di splendido al cinema a partire dal non realizzato progetto mastodontico (in collaborazione artistica con l’inseparabile Moebius, H.R.Giger, Enki Bilal, e addirittura Salvador Dalì) del “Dune” di Frank Herbert poi compiuto -notevolmente ma comunque enormemente differente-, da David Lynch, e non ha potuto nella sua carriera anche per colpa di banditi alla De Laurentiis (che gli tolse il progetto), come coraggiosamente afferma lo stesso Jodo in una nuova intervista contenuta nell’appena uscita recentissima edizione in Dvd/Bluray della Shriekshow R1 proprio di “Santa Sangre”, ma finalmente potentemente esplicata in questo film appena citato, realizzato dopo quindici anni da “La Montagna sacra” (1974), il suo film più famoso e di successo, e a dieci dallo sfortunatissimo e praticamente mai distribuito, film “per ragazzi” ma certo alla sua personalissima maniera, “Tusk (Zanna)” (1979).
“Santa Sangre significa “Holy Blood”, che è il nome di una Chiesa del film, la quale è dedicata al culto di adorazione di una fanciulla vergine che venne brutalmente aggredita da due stupratori, che al suo netto rifiuto gli tagliarono le braccia e la lasciarono morire in un lago di sangue.
Alla testa di questo culto ossessivo c’è Concha (Blanca Guerra, celeberrima attrice messicana, qui strepitosa), che in una sequenza straordinaria, all’inizio del film, cerca di salvare dalla demolizione la sua “missione” anche per intercessione di un’inquietante arcivescovo cattolico, il quale sarà poi lui stesso, a far distruggere dalle ruspe l’abusiva chiesa di mattoni e lamiere, una volta conosciuta l’origine e la natura pagana e malata di questo culto, e la chiesa viene quindi comunque abbattuta.
Concha però non è soltanto una fanatica religiosa ma anche una trapezista del “Circo del Gringo di Città del Messico”-dove è ambientato e stato in gran parte girato tutto il film,- di proprietà di Orgo (Guy Stockwell, eccezionale caratterista del cinema americano anni’60 e ’70, pensare che da giovane era un “Golden Boy” di Hollywood dal bell’aspetto e dalle grandi aspettative, fratello del più famoso Dean Stockwell), di cui è la moglie, donnaiolo e grassissimo, lanciatore di coltelli.
C’è poi il loro figlio Fenix( l’esordiente figlio di Alejandro, Adan, per quanto riguarda il personaggio agli otto anni di età, poi da suo fratello Axel quando il personaggio di Fenix ha 20 anni). Concha, che è gelosissima e molto consapevole degli atti libidinosi di Orga con la nuova arrivata nel circo, la donna tatuata (Thelma Tixou), la quale ha una figlia sordo muta. Immediatamente, Fenix e la bambina sordomuta (Faviola Elenka Tapia) iniziano un’amicizia, di pari passo con quella ben diversa tra Orgo e sua madre la donna tatuata….

“Santa Sangre” è solitamente catalogato come film horror, ma è ben altro di più, e di diverso, esistendo di per sé al di fuori di tutte le categorie.
Ma oltre a tutte le sue grandi qualità, che sono molteplici e profonde, è sicuramente anche un grande film horror, venuto fuori in anni di innumerevoli insulsi, horror per teenager, a ricordarci a tutti di Alejandro Jodorowsky, il quale nell’orrendo 1989 realizzò questo grande pastiche un tutt’ insieme di horror, poesia, surrealismo, ironia cattiva, dolore, terrore psicanalitico.
Il film di Jodorowsky tratta con invenzioni mai viste –che molto devono dagli importantissimi trascorsi di Jodorowsky con Marcel Marceàu e il Grupo Pànico- della perversa schiavitù emotiva e fisica di un figlio per la propria madre- un controllo ancora più macabro quando impariamo, alla fine del film, il segreto della sua vera natura. Si tratta anche di un odio istintivo tra i vari personaggi che rappresentano la lussuria e la castità, che sono entrambi visti come perversioni in un mondo senza una sana via di mezzo.
Girato come detto a Città del Messico, “Santa Sangre” è stato a detta di tutti un’esperienza intensa sia per il cast che per la troupe, piena di squallore, di dolore e di pericolo. Anche se il progetto ha origine altrove, “Santa Sangre” è a ogni fotogramma un film di Jodorowsky, riuscendo a ruotare facilmente tra generi, stili, tradizioni spirituali così come la bella colonna sonora di Simon Boswell si sposta dalla tradizionale musica messicana in quella pulsante ed elettronica da film horror come “Phenomena”(1985) di Dario Argento, per il quale compose grandi brani.
Attingendo alla sua formazione in mimo e alla sua fascinazione per l’agnosticismo, Jodorowsky riesce a convertire la storia di un bizzarro serial killer in una grande opera d’arte, piena di simboli e immagini che arrivano ben oltre le solite convenzioni per i modi di raccontare con il linguaggio cinematografico, in qualcosa di primitivo e insieme originale.
Il che non vuol dire che “Santa Sangre” sia anche un film oscuro o “difficile”. Violenza grafica e carica grottesca a parte, il film è così semplice che ha bisogno a malapena di poche righe di dialogo.
Lo spunto audace del soggetto è orchestrato da Jodorowsky in uno di quei film che ispirano la compilazione di liste ad uso critico, dalle influenze junghiane, surreali, felliniane, Bunueliane, sadomaso, espressioniste, e fortemente citazionistiche dei classici horror come “Il Mistero delle cinque dita” e “Le Mani di Orlac”, o il film che guida le fantasie del protagonista Fenix, “L’Uomo invisibile”(The Invisible Man)(’31) di James Whale, con Claude Rains.
Nella seconda metà, “Santa Sangre” somiglia avvolte a uno dei film del periodo d’oro e dal gusto “camp” della Hammer, condito con David Lynch al meglio della sua programmatica follia. Ma anche quando il gotico hammeriano dall’orlo dell’orrore si trasfonde volutamente in elementi e contenuti fortemente ironici, Jodorowsky continua ad emergere con scene che incidono nel profondo: il funerale di un elefante che si trasforma in una orda di disperati affamati che strappano la sua carne come negli smembramenti e sbudellamenti d’alta macelleria estetica di Romero. O la fantastica bizzarria della scena in cui un uomo si strappa l’orecchio e cerca di spingerlo giù nella gola della ragazza sordomuta (Sabrina Dennison); o la lunga sequenza in cui i corpi pallidi e nudi delle decine di donne vittime degli omicidi fuoriescono dalle loro tombe, e così via.
Jodorowsky disse che “Santa Sangre” era il preferito dei suoi film perché parlava di sentimenti, non di idee, e secondo le sue intenzioni, voleva che il film portasse i suoi spettatori a sentirsi come il ragazzo della storia, Fenix, che si trova ad assistere a cose molto più atroci di quelle che può veramente gestire, in modi e maniere tali che, come disse Jodorowsky, “Non c’è nessuna lettura intellettuale…va direttamente al subconscio.”

La storia come accennato coinvolge il suddetto Fenix, mago ragazzino al “Gringo Circus”, uno scalcinato spettacolo itinerante in Messico. Fenix è per l’appunto interpretato da due dei figli di Jodorowsky (Adan agli 8 anni circa, Axel ai circa 20), ed è il figlio di della bella trapezista artista Concha (Blanca Guerra) e del proprietario del circo e gonfio lanciatore di coltelli Orgo (Guy Stockwell). Sempre al fianco di Fenix è il nano Aladin (Jesus Juarez), che agisce come suo assistente e sostegno morale.
La migliore amica di Fenix il piccolo mago è Alma (Faviola Elenka Tapia e, quando è adulta, Sabrina Dennison). Lei è una mima sordomuta, figlia della carnale donna tatuata (Thelma Tixou), che lavora come “bersaglio” per i lanci di coltelli di Orgo.
Una notte in cui Concha è sospesa per i capelli sopra la pista per lo spettacolo, vedendo Orgo accarezzare con libidine la Donna Tatuata, e urlando a chi la tiene su di riportarla a terra, una volta fatta scendere Concha li sorprende a letto e getta dell’acido sulla fava di Orga. Muggito suo di dolore suo, il quale poi afferra Concha, e dopo averla immobilizzata sulla ruota del lancio dei coltelli, con due potenti colpi degli stessi, le taglia entrambe le braccia.
Poi con uno degli stessi, Orga si uccide tagliandosi la gola, avendo l’acido reso la sua fava ben poco interessante, per le donne tatuate e non.
La mutilazione di Concha è una crudele ironia: lei è anche la leader di un culto di donne che adorano una santa vergine le cui braccia sono state tagliate da due stupratori. La loro chiesa contiene una pozza di sangue, non c’è dubbio che suggerisca fluido mestruale (il nome di Concha è in slang messicano la vulva, 740 turbodiesel o GTI che sia), e i suoi membri indossano tuniche con incrociate, braccia mozzate. Quando arrivano le autorità con l’ordine di demolire la chiesa, vi è uno scontro tra le donne e la polizia, e poi uno scambio di urla tra Concha e il monsignore locale, l’arcivescovo di Città del Messico, lei urla che la vasca contiene il sangue santo della martire, l’arcivescovo che rispondendogli, urla che si tratta –come è- solamente di vernice rossa.
Il bulldozer rivela la costruzione sciancata della chiesa, per lo più fatta di lamiera ondulata e che forse rispecchia il budget limitato del film. Se tuttavia per Jodorowsky i fondi sono stati quasi sempre limitati, così non è stato altrettanto per il suo immaginario e la sua immaginazione, che soprattutto qui, sono sempre senza limiti.
E in “Santa Sangre” questo è stato perseguito con energie quasi diaboliche. Si consideri la scena in cui l’elefante del circo muore dopo una vasta emorragia dalla proboscide. Nella grandissima, di grande stile e bellezza, triste e al contempo stesso ludica, sequenza del funerale dell’elefante per le vie di Città del Messico, l’enorme catafalco-bara contenente il grande animale è trainato da un autocarro fino ad un burrone e una volta capovolto sopra il bordo -per la gioia dei miseri e imbiancanti dal fango abitanti di un’immensa baraccopoli, che squarciano il grande sarcofago pesantemente rotolato al ralenty nella discarica in fondo al burrone, ne aprono la bara e gettano pezzi tagliati di carne sanguinolenta alla folla affamata.
Truccati e imbiancati dalla polvere come detto, in sembianze tali che ricordano moltissimo il lunare pallore cadaverico degli zombi romeriani de “La Notte dei morti viventi”. Un’immagine questa, che fa parte intangibile di una delle sequenze più grandi dell’intero cinema della decade degli anni’80, logica e al contempo illogica, irrazionale, assurda, patetica, e sublimemente originale.
Il tutto, realizzato da Jodorowsky in una sola giornata di lavoro, una.

Tornato a lavorare a circa sessant’anni nel 1989, dopo 15 anni dal capolavoro surrealista “La Montagna sacra”(1974), e come detto a dieci dallo sfortunatissimo “Tusk (Zanna)”(1979), Jodorowsky è sempre stato un uomo leggendario dai molti mestieri. Nato in Cile nel 1929, ha vissuto quasi tutta la sua vita da esule apolide a Parigi, e in parte, negli anni ’70 e ’80 in Messico, ha lavorato e parla benissimo in inglese, una delle sue tante lingue parlate e conosciute da vero poliglotta, inglese che è anche la lingua in cui venne girato “Santa Sangre”, un’inglese abbastanza stranamente imperfetto, stranezza del doppiaggio che si aggiunge alla qualità inquietante del film.
Jodorowsky nella sua vita si è accostato un po’a tutte le arti, è stato un clown e un burattinaio, ha studiato ed è divenuto il braccio destro, principale collaboratore e creativo di Marcel Marceau per tanti anni, ha realizzato una versione mimata e giocosa di un classico di Thomas Mann, (per sua stessa dichiarazione nella recente intervista suddetta, contenuta nel dvd di “Santa Sangre” della nuova Collector’s Edition della Shriek Show), il suo scrittore preferito, era un amico dei surrealisti di Arrabal, e fondatore a Parigi con Rolànd Topòr del famoso Grupo Pànico composto degli stessi tre. Oltre ad essere, nelle sue stesse parole, un “famoso comic-stripes man”, ovvero detta all’americana, autore di graphic novel in collaborazione con il leggendario disegnatore Moebius, diventate leggendari.
Ed è anche l’autore di due dei film più meritevoli dello status di cult anch’essi leggendari e inimitabili, del quale culto sono ammantati, il western psichedelico e ultraviolento “El Topo”(1970), e il già citato famosissimo “La Montagna sacra”(The Holy Mountain)(1974), che furono tanto ammirati anche da John Lennon.
Tanto che, Lennon chiese al suo manager Allen Klein (mitizzato manager anche dei Beatles), di comprarli e distribuirli per il mondo.
Condannando questi due capolavori all’invisibilità per quasi due decenni, almeno fino agli anni’90.
Perché dopo che il dittico di Jodorowsky diventò un fenomenale successo mondiale, Klein riuscì a farli praticamente sparire dalla distribuzione. Come ebbe a dire Jodorowsky in un’intervista del 1989 all’uscita di “Santa Sangre”: “Klein gli ha fatti sparire. Sta aspettando che io muoia, e poi ha intenzione di rimetterli in circolazione e fare una fortuna. Lui pensa di essere immortale, ma se muore prima lui, io ho i miei film indietro”.
Klein morì nel giugno del 2009, ma i film erano comunque già da diversi anni tornati disponibili anche per merito dei dvd, e dell’infinita library offerta dalle sconfinate possibilità offerte dalla rete.
Và aggiunto che la visionarietà dell’universo mentale e immaginifico di Jodorowsky deve certamente molto ai surrealisti, ma ancora di più agli stravaganti film che Luis Bunuel realizzò proprio in Messico in quel suo periodo d’”esilio” tra gli anni cinquanta e i sessanta.
Film che mostrano dei personaggi di uomini ossessionati dalle loro follie e mostrandoci tranquillamente anche i dettagli dei loro feticci.
Fenix, il protagonista del film e decisamente eroe/anti-eroe di Jodorowsky, è letteralmente questo, un bambino poi un uomo, il cui mondo viene definito esclusivamente in base alle sue ossessioni.
Tutto naturalmente scatenato dall’aver assistito a 8 anni all’assassinio di sua madre e al suicidio di suo padre, e infatti quando si apre il film è in un manicomio, arroccato in cima a un tronco d’albero come Matthew Modine in “Birdy –Le Lai della libertà”(Birdy)(G.B.’85)di Alan Parker. Quando “ritorna” al mondo, è per diventare le braccia e le mani della madre ancora viva nella sua mente sconvolta.
Egli cammina dietro di lei, gli scivola tra le braccia attraverso le maniche delle sue vesti ed è come se si “nutrisse” della sua presenza, suona il pianoforte come se lo suonasse lei, e così anche per i gesti, le carezze e perfino per il suo corpo come se fosse lei.
Axel Jodorowsky e Blanca Guerra riescono a fare il tutto con un tempismo perfetto, tanto che le mani sembrano precedere i pensieri sui movimenti da compiere successivamente, della madre.
Ma Fenix in pratica non ha identità se non come il suo “strumento”, ovvero le braccia e le mani, per questo è anche così forte il suo rifarsi al mito dell’”immagine” di Claude Rains in “The Invisible Man”.
La prima metà del film è piena di esuberanza felliniana, che celebra il circo con il suo fascino volgare e i suoi clown tristi. La seconda metà è cupa e inquietante, come nella fantastica sequenza in cui Fenix e quattro suoi giovani compagni down internati nella clinica come lui, vengono portati in gita a vedere un film al cinema(guarda caso il bel “Le Avventure di Robinson Crusoe”(Robinson Crusoe) (Usa/Messico ’54) di Luis Bunuel, con Dan O’Herlihy (Conal Cochran di “Halloween III: Season of the Witch”[‘82]di Tommy Lee Wallace, e Bernie Hamilton (Cpt. Harold Dobey di “Starsky & Hutch”!), mentre invece finiscono (non infelicemente) a tirare cocaina e a girare il quartiere a luci rosse.
Fenix si sposta alla fine con la madre in una casa dove dall’architettura, alle scenografie agli “arredamenti”, è tutto connotato dalle pazzesche simmetrie e prospettive, per nessun motivo apparente, se non perché così si evochi ovunque l’espressionismo. Ed è in questo luogo che ha inizio la rivolta di Fenix. Come se fossero quelle di sua madre, usando gelosamente le proprie mani per uccidere una donna dopo l’altra, alla fine si imbatte in una gigantesca e muscolosissima lottatrice di catch mascherato, tipicamente messicano, che sarà in grado pensa, di neutralizzare comunque ogni suo attacco.
Questa ciclopica erinni è ovviamente un uomo travestito, ma il film non fa alcun avviso di questo fatto, e infatti molte stranezze vengono fatte passare all’apparenza inosservate, tra le colombe onnipresenti come un marchio di fabbrica alla John Woo, e le capacità della Donna tatuata, il nano e la ragazza sordomuta a concretizzarsi nella vita di Fenix quando e come lui ne abbia bisogno.
Tutto è finalmente chiaro alla fine, rivelandoci come e quanto, -senza nemmeno paura per l’impegantiva sfida-, Jodorowsky abbia sposato il realismo magico a Freud, in un film che è come un grido contro il mammismo, eccezionale e d’obbligo in un paese assolutamente non liberato da questo, come l’Italia.

Come detto, in omaggio ai famosi film horror messicani con i lottatori, “Santa Sangre” include una sequenza con i lottatori mascherati e una “superdonna” chiamata La Santa.

Il progetto del film venne lanciato quando Alejandro Jodorowsky fu incaricato di scrivere e dirigere un film basato sulla vita reale del famosissimo criminale messicano e serial killer di donne, poi scrittore, personaggio pubblico e giornalista di successo, di nome Gregorio Cardenas.

Alejandro Jodorowsky fece interpretare a due dei suoi figli, Adan, e Axel, la parte del protagonista Fenix in età diverse, a 8 e dai ca. 20 in poi.

La frase pronunciata da Fenix durante la morte dell’elefante, “L’elefante sta piangendo” nella traduzione letterale italiana, fu usata come frase di apertura di “What’s up with Us”, una canzone di Eddie Murphy e Michael Jackson.

Un terzo figlio di Jodorowsky, Teo, che interpreta nel film la parte di un pappone di orride mignotte grassocce e gran spacciatore di cocaina, morì in un incidente pochi anni dopo il film. Come si evince dalle sue parole sopra di lui e dalla sua fortissima prostrazione a parlarne da parte del padre che nella già citata intervista del recente dvd americano del film, confessa di non aver più potuto reggere per tutti questi anni fino ad ora allo schianto di poter rivedere “Santa Sangre” per il dolore provocatogli dalla tragica morte del figlio, attore nel film, è stato un evento che ha spezzato più di qualunque altro Jodorowsky, nella sua pur tribolatissima vita soprattutto dal punto di vista economico, e che ha contribuito non poco alla sua apparentemente definitiva lontananza dalla realizzazione di altri film, almeno fino a pochi mesi fa, e al –pare- finalmente in pre-produzione “King Shot”, con protagonista l’amico e sodale ormai da tanti anni Marilyn Manson, ma anche Nick Nolte e Santiago Segura (se così alla fine davvero sarà, cast comunque fantastico).

Il film venne realizzato principalmente e meritoriamente -per stesso ingegno e merito sempre riconosciutogli dallo stesso Jodorowsky-, grazie all’interessamento e all’impegno a trovare i capitali e i finanziatori necessari, di Claudio Argento, l’inseparabile e di lunga esperienza, produttore di tutti i film del fratello Dario.
Unica richiesta pratica di Claudio Argento a Jodorowsky, fu quella di realizzare dalla sceneggiatura del fido Roberto Leoni un film in cui però venissero crudelmente e brutalmente assassinate con armi sanguinose, almeno sei o sette donne.
Come era abitudine per la “vendibilità” dei film del fratello. Fu accontentato, come è evidente oltremodo nella gorissima sequenza dell’omicidio della Donna tatuata. Che è anche insieme un po’ un omaggio citazione agli inventivi e complessi omicidi di personaggi femminili, chèf d’ouvre dei giallo-thriller-horror argentiani.

“Santa Sangre” vinse un prestigioso Saturn Award, dell’Accademia di Fiction Fantasy & horror Films Science, USA, per la Miglior Performance di un Attore Giovane a Adan Jodorowsky.
Oltre che a essere candidato per il Miglioe attore a Axel Jodorowsky, Miglior attrice a Blanca Guerra, Miglior Regista a Alejandro Jodorowsky, e come Miglior Film Horror, Miglior Musica (bellissima) a Simon Boswell, Miglior Performance di un Attore Giovane a Faviola Elenka Tapia.

[Da Wiki:] Nella scena del teatro, Axel Jodorowsky ricrea, almeno in parte, uno spettacolo del mimo francese Marcel Marceau, “La Creazione del mondo”, una rilettura dei primi due capitoli del libro della Genesi in forma di pantomima. Jodorowsky e suo figlio come detto hanno lavorato per anni con Marceau.

Napoleone Wilson