martedì 30 novembre 2010

La notte di San Lorenzo

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Rappresentazione di un evento storico avvenuto durante la seconda guerra mondiale proprio nel paese d'origine dei 2 fratelli Taviani, noto come "Strage del Duomo di San Miniato", splendida località in provincia di Pisa.

Ma quante ne han combinate fascisti e nazisti durante la ritirata di questi ultimi dal nostro paese? Non finirò mai di apprenderne, purtroppo. L'ennesima rappresaglia verso civili inermi, compiuta addirittura con l'appoggio estremamente attivo dei fascisti locali, una cosa di un'indecenza inaudita! La parte più debole del paese chiamata a raccolta dentro la chiesa per essere fatta saltare in aria, un'altra parte, una minoranza, che cerca di fuggire di notte per le colline e che il giorno dopo l'esplosione viene raggiunta dalle brigate di camicie nere con le quali ingaggeranno un inevitabile scontro sanguinoso che non prevede prigionieri. Si veda la locandina, che inquadra una delle scene più tragicamente belle, per intuirne gli esiti.

Alla fine della visione ero rimasto "così", ho atteso per scrivere questa recensione, dovevo sedimentare.
Qualche recitazione non mi aveva entusiasmato, ma ho letto poi che la maggior parte degli attori erano non professionisti, per cui il giudizio mi si è ribaltato, apprezzo i film che coinvolgono la popolazione locale per questo genere di rievocazioni, il mezzo migliore per il fine e la componente artistica passa in secondo piano. Avrei fatto bene ad informarmi prima.
Altro motivo di dubbio era la troppo tenera mano sui momenti di violenza, a dispetto della già citata locandina che è felice eccezione. Si vede pochissimo sangue, i corpi dilaniati nella chiesa sono appena accennati e la stessa esplosione sembra quasi un petardo. Perché? Io sono per la terapia d'urto, per le immagini scioccanti che si devono imprimere indelebilmente nella memoria, un sano trauma educatore, e invece niente ma poi anche qua ho capito, o almeno penso: scopo primo non era enfatizzare la violenza fascista (erano fuori dalla chiesa a ridere i bastardi!) e nazista, ma sottolineare il dramma e la sofferenza di tante persone, il terrore e la volontà di vivere che trasforma in "eroi per necessità" anche le persone più miti.

La cosa che più mi è rimasta di questo film, che non è un capolavoro ma m'è piaciuto, è il feroce scontro fra i deliranti fascisti (che, pur con gli americani in arrivo, continuano a non voler accettare la sconfitta) e i fuggitivi ai quali si uniranno i partigiani in aiuto. Una cosa di una tristezza infinita, gente che si conosce da sempre, nati e cresciuti fianco a fianco, messi contro da un'ideologia folle. Sono cose che si fatica a credere e che i Taviani hanno rappresentato benissimo, la percezione è netta quando un ragazzo di 15 anni, figlio di una camicia nera, nato e cresciuto nel credo del fascio...
Quello degli americani era un sogno ricorrente dei fuggitivi e proprio oniricamente si vedranno un paio di scene di gran pregio cinematografico, sola concessione "artistica" che i Taviani si sono voluti concedere, con un bel richiamo al fatto che tra i soldati americani fossero presenti italiani emigrati.

Visione consigliatissima e consiglio anche di rifletterci un po' a mente fredda, a posteriori, perché se un minimo la pensate come me, e magari avete anche un po' della mia pessima emotività, alla fine del film verrete colti da una tale rabbia che ragionare lucidamente, sui fatti e sull'opera, sarà impossibile.

lunedì 29 novembre 2010

Narayama Bushi-ko - La Leggenda Di Narayama (aka The Ballad of Narayama)

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Attenzione all'anno di uscita di questo film. So che c'è un remake, che non giudico ché non l'ho visto. La versione di Kinoshita ha però un merito indiscutibile, per cui è stata scelta da me senza indugi: l'ha fatta un regista di valore immenso! E' lo stesso di un Capolavoro che ho nel cuore, "Nijushi no hitomi - Twenty-four eyes".

Storia semplicissima, ambientata in un villaggio vicino al monte Nara, dove vige una tradizione che oggi può far inorridire mentre nel medioevo giapponese, periodo in cui è ambientata la novella da cui è tratto il film, era plausibile: superati i 70 anni gli anziani dovevano essere trasportati dal figlio maggiore sul monte Nara e lì abbandonati al loro destino, un cimitero a cielo aperto, luogo carico di suggestione. Non era una tradizione fine a sé stessa, era dettata dalla ristrettezza cronica di risorse alimentari unita alla necessità di dare continuità alla popolazione del villaggio stesso.
Una donna anziana ha il torto di avere ancora tutti i denti. Viene derisa, paragonata ad un demone, la colpa è quella di mangiare togliendo risorse ai più giovani. Vuole andare sul monte ed indugia solo perché il figlio maggiore è rimasto vedovo ed il più giovane tarda a sposarsi, quindi mancherebbe poi una donna in casa. Arriverà una sposa, una vedova di un villaggio vicino, e la festa si tradurrà nel poter finalmente partire. C'è ovviamente un'altra serie di personaggi a corollario di tutta la vicenda, che non dettaglio per non rovinare la visione.

Tra i primi film a colori giapponesi, la rappresentazione scenica e musicale è rigorosamente da teatro tradizionale Kabuki con aggiunta la magia della cinepresa che dettaglia e passa in campo aperto. Paesaggi bellissimi, frutto non nascosto di cartelloni di sfondo dipinti da veri artisti e i colori danno all'insieme un'aspetto fiabesco. Si rimane incantati, spettacolari le immagini. Altro Olimpo per Kinoshita.

La storia poi, fulcro dominante con quella condanna che pende sugli anziani che non tutti accettano (ma la protagonista sì), è angosciante e al di là di ogni opinione personale, rapportata magari al ruolo degli anziani ai giorni nostri, non può non far riflettere. Qua in Italia poi, dove l'eutanasia è vietata anche per chi è allo stato vegetativo da anni, più che angosciante è fin sconvolgente, e parliamo di un film del 1958!

Io sono rimasto a lungo a pensarci su, visto in tarda serata ho faticato a prendere sonno per un po' di minuti. Sono giunto alla conclusione ovvia che sono più fortunato di loro ed INPS permettendo probabilmente aspetterò la morte a panza piena ed al calduccio. Rimane il problema sociale: avrà senso la mia vita da anziano? potrò fornire un contributo alla società in qualche modo? Be', non prevedo il futuro, ma so che m'impegno molto al di fuori del lavoro. I miei hobby personali, tra i quali questo delle recensioni, li ritengo indispensabili e per quanto il lavoro sia una cosa importante è destinato a finire, spero prima della mia vita. Sento persone, e sono tante, che vanno in paranoia solo al pensiero di andare in pensione. Fosse per me... anche domani! Ma - mi chiedono - e se non lavori che fai? Tante cose, tantissime, e non richiedono d'esser ricchi! E sono cose che in qualche modo danno qualcosa anche agli altri, le migliori.

Riflessioni banali, mi rendo conto, d'altronde non sono che una persona comune. Il film, godibile anche soltanto per la sua già descritta bellezza artistica, non può non far pensare e ognuno ci farà le sue pensate, che dipenderanno dalla sua visione della vita, dalle sue ambizioni e, diciamolo, anche dalla sua età. A 20anni la vecchiaia è troppo lontana, a 45 già i 70 s'incominciano ad intravedere all'orizzonte...

domenica 28 novembre 2010

Il moralista

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Dalla pagina wiki dedicata all'on. agostino greggi si legge: "Agli inizi della sua carriera politica, nel 1957, l'On. Greggi fu Avvocato di parte civile in una celebre causa intentata a Roma contro un manifesto in abiti succinti di Brigitte Bardot, protagonista del film distribuito in Italia col titolo "Miss Spogliarello", sulla base di una petizione firmata da circa ventimila persone. Fu verosimilmente da questo episodio che trassero ispirazione gli sceneggiatori de Il moralista, film satirico del 1959. Anche se, a differenza del protagonista "Agostino" (un memorabile Alberto Sordi), l'On. Greggi non venne mai coinvolto in scandali di alcun tipo."

Questo "onorevole", plurilaureato e iperattivo, era la punta di diamante del moralismo cattolico applicato alla politica italiana. Bene fecero a chiamare Agostino, fuor di metafora, il personaggio di Sordi, Segretario Generale di una fantasiosa società, la OIMP: organizzazione internazionale moralità pubblica. L'on. greggi, pare, fu ufficialmente irreprensibile, mentre l'Agostino della OIMP è un personaggio che si rivelerà agli antipodi della veste ufficiale: fa chiudere locali a furor di firme di "madri di famiglia" e censurare locandine solo per un ombelico in mostra, poi lui invece, con quella copertura... e non che chi gli sta intorno e lo fomenta gli sia completamente indegno, anzi!

Film non proprio fenomenale per regia e struttura narrativa, pare quasi ad episodi. Certamente coraggioso ed in forte polemica coi suoi tempi, anche solo per questo merita attenzione. Ci sono poi delle interpretazioni strepitose di Alberto Sordi come Agostino e di Franca Valeri, figlia modernamente disinibita cresciuta in Inghilterra del presidente della OIMP, interpretato da Vittorio De Sica.

Un copione che conosciamo bene, ancora oggi. Politici che ti organizzano il family day e poi vanno a mignotte mane e sera, oppure mollano le mogli carampanate per soubrette giovani e procaci, ed oggi lo fanno spudoratamente, sotto gli occhi di tutti. Una volta perlomeno la faccia cercavano di salvarla, ed "ufficialmente" nessuno o quasi veniva beccato, ma va be', che sto a raccontare...
Intendiamoci, non è indecente andare a mignotte o abbandonare la carampana, non mi metto certo io a fare Il Moralista! L'indecenza sta nel sentirti far la predica, nel subire persino leggi dello stato impostate con criteri catto-catechistici, da gente del genere. E' sempre stato così, e sempre lo sarà, ed il film fa bene ad infierire su un personaggio come quello, anche esagerando: chi fa il moralista è di per se stesso una persona insana, con vizi, tic nervosi, tabù e complessi personali, un miserabile che sente il bisogno di condannare gli altri per la propria condanna. Non m'interessa se il greggi sia stata o meno persona integerrima, non è un valore che ammiro, ma so cosa ha fatto ufficialmente, ed è quindi tra le persone che mi fanno schifo. Fanno ancora più schifo perché in nome di Gesù si comportano al contrario di lui, che invece da ladri, puttane e gente che i "greggi" in giro definiscono immorale, ci andava a parlare, non li condannava né perseguitava. Gesù ha condannato all'inferno solo i ricchi, e basta, forse perché la ricchezza di qualcuno, anche la più "onesta", è ai suoi occhi una colpa se c'è anche un solo povero che la deve bilanciare.
I moralisti all'inferno ce li mando io.

sabato 27 novembre 2010

On the Beach - L'ultima spiaggia

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Nel mondo è scoppiata la terza guerra mondiale, quella atomica per intendersi, ma questo è il passato prossimo. Il presente è un sommergibile americano che approda in Australia, continente nell'emisfero che non è stato direttamente toccato dalle esplosioni e dove un barlume di speranza di vita è ancora presente.

Proprio un barlume, un lumicino, non di più. La radioattività è estesa ben oltre la soglia tollerabile anche lì. Il sommergibile andrà in spedizione con 2 compiti: esplorare il livello di radiazioni in Antartide e raggiungere poi San Diego da dove giunge un segnale morse continuo, cosa strana visto che non risulta vi siano sopravvissuti.

Dico subito che è un vero Capolavoro da Olimpo, mi era sconosciuto e solo grazie all'amico Napoleone Wilson ho potuto venirne a conoscenza. E' un "day after" assolutamente imprevedibile, per la provenienza stessa del film e per il modo in cui la trama è, molto realisticamente sviluppata, ma andiamo con ordine.

Imprevedibile per la provenienza perché, fatto importantissimo, è una produzione americana del 1959! Per avere un'idea di come si vivesse ai tempi, in termini di psicosi collettiva, la minaccia nucleare negli Stati Uniti occorre informarsi, meglio se da fonti alternative, chiamiamole così, oppure guardare questo originalissimo (e pure divertente, che non guasta) film documentario: The Atomic Café. Film coraggioso quindi, se consideriamo anche il non banale investimento produttivo, basti pensare solo al cast.

Imprevedibile per la trama, che è ancora oggi, a mio parere, estremamente atipica sul genere fantascientifico-catastrofico. Per avere un termine di paragone abbastanza estremo pensiamo al pur splendido e recente "The Road". Ebbene, qua di scene apocalittiche, paesaggi devastati e fumanti, morti ad ogni angolo, non se ne vedono. Anche a San Diego troveranno un paesaggio deserto sì ma integro. Evidentemente tutte bombe H direbbe un "tecnico". Eppure, garantisco, la sensazione d'angoscia non è inferiore a nessuno, anzi, è la modalità che è diversa. Soprattutto in Australia, dove i superstiti umani cercano ancora di proseguire una vita "normale", in realtà di respira un'aria pesantissima: le persone vivono sotto una condanna a breve termine ineludibile, lo sanno.

Se pensiamo che tra i vari "miti" del tempo c'era quello di salvarsi da un conflitto atomico tramite bunker e simili non penso ci sia esempio più efficace per dire: ma cosa ti salvi a fare dalle esplosioni, pensi poi di avere scampo una volta uscito da quella trappola per topi?
Film esplicito ed implacabile, con una qualità cinematografica complessiva altissima per altro, cura di particolari, messaggi diretti, scarso uso di musiche e più invece di impercettibili a volte suoni di fondo, è la presenza impalpabile delle radiazioni... da vedere!

venerdì 26 novembre 2010

Il federale

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Primo Arcovazzi di Cremona è un fascista convinto della milizia, non una cima intellettuale ma zelante, atleticamente preparato e fidatissimo. I suoi ufficiali, con la promessa di promuoverlo al grado di federale, gli assegnano l'incarico di portare a Roma il professore Erminio Bonafé, intellettuale antifascista e probabile futuro politico. E' un momento delicato, siamo nel 1944 e gli americani avanzano spediti.

Arcovazzi preleva Bonafé senza colpo ferire, carica il prigioniero sul carrozzino del sidecar e partono per un viaggio affatto semplice. E' marziale e determinato Arcovazzi, canta sempre l'Inno dei Sommergibilisti (canzone militare che il regime fece propria), tronfio per fede fascista ed incarico di prestigio ricevuto, a suo modo cortese, tanto che ogni volta la strada presenta un'asperità avvisa il passeggero: Buca! Buca con acqua!, un tormentone divertentissimo.

Un viaggio fra strade e paesi bombardati dagli americani o devastati dai tedeschi, l'8 settembre è già trascorso da un pezzo, in giro c'è miseria e fame, uomini allo sbando che negano anche di esistere se uno li incontra, donne che s'arrangiano in qualunque maniera. E' un'italia dove si rubano polli... La fede di Arcovazzi è incrollabile. Bonafé gli parla, cerca di stimolarne il senso critico, anche di fronte a quello che si vede o che gli capita, ma nemmeno i maltrattamenti tedeschi che li imprigioneranno lo faranno desistere: è tutto d'un pezzo, "mi piego ma non mi spezzo!". Quando arriveranno come tappa intermedia da un amico dell'Arcovazzi scopriranno che "è morto" in Albania mentre probabilmente "è vivo e imboscato" in soffitta. Nulla e niente fa demordere l'ardito, che arriverà a Roma in un giorno molto particolare, con indosso una divisa da federale comprata, è vero, da una bancherella, che però gli spetta: è il 4 giugno 1944...

Film da Olimpo, una storia drammatica e divertente, con Tognazzi nella parte di Arcovazzi che è uno dei personaggi del Cinema più riusciti di sempre. Fece scalpore, e lo capisco anche se non lo condivido, per l'attenzione benevolmente umana verso Arcovazzi, personaggio che, nella sua semplicità, esce indenne dal delirio fascista pur facendone parte a pieno titolo. In lui c'era milizia ma non malizia, umanamente va rispettato perché ligio a regole d'onore e d'educazione quanto ignorante sulle alternative alla sua fede. Bonafé questa cosa la capirà bene e sarà d'esempio.

Il Film è del 1961, non dimentichiamo il particolare, vederlo oggi non è come vederlo allora. Il nostro bel paese era ancora "fumante". Nonostante i fascisti fossero stati in buona parte riciclati in molti punti nevralgici del potere, nominarli come tali pubblicamente era inopportuno. Non tutti lo sanno, anch'io non ero ancora nato, ma ci si può un minimo informare (ora poi con internet è più semplice): tra il 1954-55 ci fu il governo di mario scelba, leggete il link è abbastanza esaustivo. Questa vergogna nazionale (per altri forse un mito) altro non fu che un fascista travestito da democristiano, che portò a tutti i posti di potere militare e d'ordine gente di estrema destra, e tutt'ora è così, o siete a conoscenza di qualche generale di esercito, polizia, carabinieri, guardia di finanza, forestale con idee progressiste? Non solo, l'anno prima di questo film, il 1960 sotto il governo tambroni (altro uomo-vergogna nazionale, guarda il caso, appoggiato dai missini), fu costellato da fatti gravissimi, ne elenco alcuni presi da wiki:

21 maggio 1960 Nel corso di un comizio del Pci, a Bologna, Giancarlo Pajetta viene interrotto da un commissario di Polizia che chiede di sciogliere la manifestazione per motivi di ordine pubblico: scoppiano disordini ed il governo ne esce indebolito e tra le polemiche.

15 giugno 1960 Il ministro dello Spettacolo, Umberto Tupini, annuncia che ci sarà drastica censura per tutti quei film con "soggetti scandalosi, negativi per la formazione della coscienza civile degli italiani". Sotto accusa c'è il film di Federico Fellini, "La dolce vita".

30 giugno 1960 Manifestazione della sinistra a Genova contro lo svolgimento del sesto congresso del MSI, poi non tenutosi; un gruppo di alcune migliaia di manifestanti, tra cui molti portuali, alla fine della manifestazione viene coinvolto in forti scontri con la polizia, che veranno decine di feriti da ambo le parti.

7 luglio 1960 Una manifestazione sindacale a Reggio Emilia finisce in tragedia quando la polizia e i carabinieri sparano sulla folla in rivolta, che si era impossessata di una camionetta: ben 7 morti e numerosi feriti. Alla camera riunita giunge la drammatica notizia, e dai banchi della sinistra si chiedono con forza le dimissioni del governo.

14 luglio 1960 Il presidente del Consiglio afferma alla Camera (prendendo spunto dalla visita di Togliatti a Mosca) che "questi incidenti sono frutto di un piano prestabilito dentro il Cremlino". Sostiene che dietro le rivolte ci sia la sinistra filo-sovietica.


Non si può ignorare il clima politico e sociale coevo quando si parla di un film del genere. Ripeto, non c'ero, ma informarsi non guasta. Quando penso che degli idioti danno retta ad un'idiota che hanno eletto il quale dice che l'italia attuale è frutto dei "comunisti" mi viene la bile: ma la gente ha un minimo di obiettività o si beve qualunque cazzata gli dicono?
Bisogna leggere, studiare, e se proprio la carta stampata è indigesta si possono sempre guardare ottimi film che fanno da spunto, come questo e tanti altri.

giovedì 25 novembre 2010

The Damned United - Il maledetto United

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Film che narra le vicende, riportate in una biografia-romanzo omonima pubblicata nel 2006 quindi 2 anni dopo la sua morte, di colui che ancora oggi è considerato il più grande allenatore inglese di calcio di sempre: Brian Clough. Domanda: è un film apprezzabile da chi non ama almeno un minimo il calcio? Risposta: no, però potrebbe scoprire che questo sport una volta era molto diverso da oggi, quindi è un "nì".

Il libro e il film però non parlano del periodo che decretò la gloria per Clough. Parlano dei 44 giorni più bui della sua carriera, quelli trascorsi ad allenare il Leeds United, la squadra rivale del Derby County. Clough s'impose all'attenzione col Derby County, società di bassa classifica di seconda divisione che arrivò in 2 anni alla promozione prima ed a vincere lo scudetto poi. Merito di Clough e dell'importantissimo allenatore in seconda e talent scout Peter Thomas Taylor. Durante quegli anni, per motivi che non sto a rivelare, Clough maturò una rivalità feroce e personale verso Don Revie, allenatore del Leeds, per motivi che lascio scoprire. Quando Don Revie venne chiamato a condurre la nazionale inglese i dirigenti del Leeds ebbero l'infelice idea di chiamare Clough...

Film bello ed avvincente, interessantissimo anche dal punto di vista storico con splendide immagini di repertorio vere ed altre in tempo reale. Alcune scene sportive ricostruite sono state anticate a simil-repertorio. Clough fu un personaggio unico, tanto che anche wiki non si fa scrupolo a dire che era "Scostante, intrattabile, permaloso, arrogante : questi sono stati gli aggettivi più comuni per descriverlo anche negli anni migliori di una carriera leggendaria.". E' vero, se il film è realista e probabilmente lo è visto che non ha ricevuto smentite ma solo elogi, penso che wiki sia stato fin tenero. Però, ed è un Grande Però, Clough ha dato anche un esempio eccezionale di saper fare autocritica, di come umilmente si può ripartire da zero, dopo aver toccato il fondo, con una convinzione ed una passione invincibili. Dopo lo smacco di quei 44 giorni ripartì allenando in terza divisione, per poi passare al Nottingham Forrest, squadra provinciale con la quale vinse ancora lo scudetto e compì l'incredibile impresa di vincere 2 Coppe dei Campioni (l'attuale Champions League) nel 1979 e nel 1980. Per fare un paragone ad oggi, sarebbe come se le vincesse il Chievo: è immaginabile una cosa simile?

A me personalmente ha ricordato quando giocavo a calcio "seriamente" proprio in quegli anni. Gli spogliatoi spartani in legno erano identici a quelli che frequentavo io, preistoria in confronto ad oggi, in serie A sembrano dei resort. Le divise dei calciatori, il tipo di schemi, i ruoli come quello del libero, lo stesso con cui chiusi io, che ora non esiste più. Da ridere veder preparare lo spogliatoio per ogni calciatore! Ogni posto sulla panchetta disponeva di: divisa, asciugamano, un arancio, la tazza per il the e un posacenere, già, perché era normale farsi una sigaretta prima della partita! Altri tempi, altra mentalità.

Consigliatissimo, anche se un minimo di cultura calcistica, diciamo di conoscenza del gioco del calcio e un po' del suo ambiente, aiuta ad apprezzare meglio il personaggio Brian Clough, molto ben onorato da questo splendido film.
Ringrazio il mio amico Paulposition che finalmente, dopo tante ciofeche che manco Totò definirebbe tali, è riuscito a consigliarmi un film più che degno di visione, e quindi del blog.

mercoledì 24 novembre 2010

Danger: Diabolik

28
Ancora una volta, e non è la prima, è un film talmente importante che non posso non citare wiki:

"È ispirato all'omonimo fumetto creato da Angela e Luciana Giussani e riprende le situazioni di alcuni episodi della serie a fumetti, in particolare quelli intitolati Lotta disperata, L'ombra della notte e Sepolto vivo!.
È considerato uno dei migliori film pop degli anni sessanta, un misto di pop art, optical art, psichedelia e futurismo, ed ha influenzato film come CQ, diretto da Roman Coppola nel 2001. Coppola ha infatti dichiarato che il film di Bava gli è servito per dare il "mood audiovisivo" al suo lungometraggio.
"

Non è che voglio risparmiare tempo a scrivere, ma che ripeto a fare quelle cose?
Mi limito a dire: CONFERMO, E' UN FILM FANTASTICO!

martedì 23 novembre 2010

La Antena

14
Un film muto, didascalie che si muovono nell'etere, musica a tema in ogni scena dove anche i mitra sparano a ritmo, omaggio estetico rimodernizzato con giocosa fantasia al cinema che fu. E' anche il bianco e nero che meglio ritrae l'effetto delle dittature sulle popolazioni, fuori dal tempo anche se i riferimenti al nazismo sono netti, compresi i simboli e le armi. Il nazismo è pretesto però, quello che viene raccontato vale solo per lui? Vediamo...

Siamo in un paese al quale è stata rubata la voce, nessuno più è in grado di parlare, tranne 2 "anomalie": una donna che non ha volto, sempre oscurato nella tenebra di un cappuccio e il di lei figlio, privo però degli occhi. Tutto è dominato dalla TV, canale unico con una spirale come simbolo che produce anche il cibo che si mangia, e dal suo padrone, un personaggio viscidissimo coi capelli pitturati in testa, un dominio che vuole rendere ancora più assoluto rubando alle persone anche le parole. Per far questo userà la donna che parla, ricattandola, ma c'è il figlio che costituisce un pericolo. Grazie a 2 dipendenti licenziati dalla TV verrà riattivata un'antenna nascosta nelle montagne per trasmettere la voce del bambino e cercare di...

La trama stessa, che volutamente non ho dettagliato (aggiungo qualcosa nei frame sotto), è una metafora precisa di cosa contraddistingue una forma dittatoriale. Noi italiani (purtroppo! di questi tempi nanoarcoresi...) troveremo ben più di un esempio Fuor di metafora, praticamente un ritratto. Ci vorrebbe qualche grande intellettuale che coniasse un termine che definisca al meglio le "Democrazie Dittatoriali", con una parola sola che non richieda di volta in volta spiegazioni: classe politica non eletta di fatto dal popolo ma decisa dai partiti; controllo totale dell'informazione dominante (che è la tele, non la carta stampata); sostanziale assenza di pluralismo culturale; assoggettamento di usi e costumi a quelli del potere che invece di fatto è libertino (moralismo falso ed ipocrita); chi più ne ha ne metta. Prendendo Vatikalia ad esempio (termine coniato dal mio amico Pezzoli), si potrebbe scrivere un elenco tale da richiedere una telenovelas per raccontarlo, altro che un film! La Antena, vedrete, si concentra soprattutto sulla libertà d'opinione ed espressione.

E' un'opera bella da vedere, piacere per occhi ed orecchie, ma non sto a ripetere quanto detto all'inizio della recensione. Alla fine, nonostante l'argomento pesante per non dire pesantissimo, il film è divertente, con non poche trovate intelligenti, probabilmente godibile anche dai bambini per il fascino poetico e la fantasia delle scene.
Strano che da noi non s'è visto, molto strano, di solito queste perle ...

Consigliatissimo.

p.s.: film scoperto grazie al bravo Harmonica, che ne ha parlato qua.

lunedì 22 novembre 2010

La decima vittima

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Film ispirato al racconto di fantascienza "The Seventh Victim" di Robert Sheckley. Forse "decima" proprio per rimarcare la non assoluta fedeltà al racconto stesso. Ci sono piccole differenze a quanto pare.

Gli iscritti ad un terribile gioco che opera a livello mondiale, avventurieri o semplicemente bisognosi di soldi, hanno sottoscritto un patto che prevede di partecipare almeno 10 volte, come cacciatore o come vittima, a delle sfide all'ultimo sangue. Un computer centrale sorteggia la coppia; il cacciatore conosce la vittima ma non viceversa, ed anche la vittima, se fa in tempo a capire chi è, può salvarsi solo eliminando il cacciatore. Hanno licenza di uccidere, riconosciuta internazionalmente, con pochi divieti giusto per evitare di far correre rischi agli altri.

Ursula Andress (che iddio la benedica, tra le mejo di tutti i tempi!) sarà cacciatrice di un abilissimo cacciatore in Italia, che diventerà vittima in questa sfida, Marcello Mastroianni. Scopo però non sarà solo di ucciderlo, ma anche di girare una specie di reality dell'evento per realizzare una pubblicità molto ben pagata e questo renderà le cose un filo più complesse, poi Marcello mangerà la foglia...

Non è certo il capolavoro di Petri, ma è un film molto curioso, con delle scenografie che definirei pop, moderne, e una musica veramente godibilissima composta da un "certo" Piero Piccioni. L'espediente della caccia tra umani è, per i tempi, non inedito ma ancora molto originale.
L'inizio del film è travolgente, spari, inseguimenti, un balletto di Ursula molto arrapante. Nell'insieme è un film divertente, con non pochi momenti di satira sociale, di quella semiseria rivolta a certi "modernismi" dell'epoca (le scene dei Tramontisti sono uno spasso, presa in giro palese del furoreggiare delle correnti new age) e di quella più seria, sull'uso della violenza codificata come espediente d'anestesia collettiva atta a distrarre l'attenzione dalla violenza politica. Il finale non eccezionale forse, ma riporta coi piedi per terra, sulla commedia, chi magari ha pensato di politicizzare il film.

Per alcuni è un cult, non li biasimo, alcune scenografie e costumi lo rendono unico.
A me è piaciuto e lo consiglio.

domenica 21 novembre 2010

Ghost in the Shell: L'attacco dei Cyborg (aka Ghost in the Shell 2: Innocence)

12
Secondo lungometraggio della famosissima serie "Ghost in the Shell" (qua il primo, di quasi 10 anni prima), più famosa in verità per la serie a puntate che per i film, e dopo aver visto questo film penso che sia anche giusto così.

Sinossi in brevissimo: dei robot Ginoidi (che non significa che sono a forma di Gino come ho pensato in prima battuta, ma che hanno sembianze femminili), causa un difetto di fabbricazione, sono protagonisti di una serie di omicidi. Tra le vittime però alcuni personaggi eccellenti, allora s'inizia ad indagare... se volete saperne di più, da esperti di questo tipo di film, meglio che cercate altrove.

Io però vorrei fare qualche considerazione, e comincio da quella che mi ha reso parzialmente indigesto questo film.
95 minuti di dialoghi e discorsi stile "Oracolo del Monte Belìno" sono proprio troppi da sopportare! Va bene che sono personaggi immaginari, ma cazzarola, se ogni volta che parlano citano un aforisma di Confucio, un altro del Budda o di salamiseria chi, una massima, un proverbio, un detto, la frasetta del nonno saggio che "diceva sempre", eccristo! sembrano sì saggi ed istruiti, ma pure dei perfetti idioti. A tutto c'è un limite, e qua si supera alla grande. 'Sto film lo si potrebbe interrompere ogni 60 secondi, scriversi la frasetta illuminante del momento, e se ne avrebbero da spammare su facebook per settimane.

Tra i pregi sicuramente una cura dei disegni spettacolare, parlo da profano del genere. Mi pare di poter dire che si usi un misto di stop-motion e computer grafica, con un risultato che a me è piaciuto molto, tempi ed ambientazioni noir, ne parlo poi nei frame sottostanti.

Nella vagonata di pensieri "filosofici" espressi ne ho estratto uno che m'ha particolarmente colpito, quasi un deja-vu sinaptico. Ad un certo momento il protagonista dice (cito non virgolettato, le parole sono mie) che gli oggetti creati dall'uomo contengono il DNA dell'uomo stesso, alla pari di ogni parte del suo corpo e che quindi ogni singolo elemento ambientale d'antropica origine è componente partecipe della memoria collettiva. Un modo complicato per dire che tutta l'opera dell'uomo è la sua memoria stessa. I grandi Geni dell'umanità da tempo hanno espresso concetti simili, come Victor Hugo che in "Notre Dame de Paris" a lungo parla dell'architettura, di quello che rappresenta, di quanto sia elemento caratterizzato e caratterizzante di una cultura.
L'ambiente non mente, anche se ci vuole capacità ed onestà intellettuale per interpretarlo. La Bellezza però, sostengo sempre, è alla portata di tutti, non richiede necessariamente istruzione per essere apprezzata, ed è simbolo di una comunità che funziona.
(porc... mi sono fatto influenzare dal film, il parlare a frasette è contagioso)
Ci vorrebbe l'amico marziano per esporre meglio concetti del genere, per uno come lui poi questo è un film fantastorico, non fantascientifico.

Sommando tutto, non lo metto nell'Ade, ma nemmeno lo consiglio con entusiasmo, perlomeno a chi, come me, cerca anche nell'animazione le stesse qualità e contenuti degli altri film. Per appassionati del genere è sicuramente tra gli obbligatori.

sabato 20 novembre 2010

Lisa e il diavolo

7
E' il Bava che si cimenta con entrambe le sua passioni, il thriller e l'horror. La storia di una turista americana a Toledo che si verrà a trovare in una villa-castello piena di misteriosi personaggi tra i quali un maggiordomo infernale.

A ritmo lento e costante, quasi senza preamboli, in continua tensione dal primo all'ultimo secondo con un finale da Genio, per oltre 60 dei 95 minuti quasi incomprensibile, poi l'affermazione del diavolo "tutto ha una spiegazione" vedrà conferma. Torna la figura del folle traumatizzato, come in "Il rosso segno della follia", stavolta accudito dalla madre e dal maggiordomo già descritto che è un curioso collezionista di manichini.

L'elenco di curiosità pubblicato nella pagina wiki è interessantissimo, ne riporto qua alcune:
- In origine il titolo avrebbe dovuto essere "Il diavolo e i morti".
sarebbe stato un titolo più adeguato a mio parere, il diavolo e non Lisa è la figura centrale del film.
- Per molti anni la versione italiana fu creduta persa e andò in onda per la prima volta nel 2004 su Sky.
onore a sky, cercatelo però nella versione in dvd poi uscita, è priva di alcuni tagli.
- Per le riprese di questo film Bava ebbe per la prima volta carta bianca dal suo produttore.
prendo atto, ma non ne sono completamente convinto...
- Lo scarso successo iniziale spinse il produttore, Alfred Leone, a ritirare la pellicola e ripresentarla modificata nel 1975 con il nome La casa dell'esorcismo dove, sull'impronta de L'esorcista di Friedkin, furono (malamente) aggiunte scene di più impatto mediatico.
infatto ho visto la versione di Bava, quella di Leone manco se mi pagano, è una questione di fede.
- Il personaggio di Leandro succhia lecca-lecca come deterrente per il fumo, questa particolarità piacque così tanto all'attore Telly Savalas da fargli decidere di adottarla in seguito anche per il personaggio di Kojak.
questa è una vera chicca, Bava che era presente anche in Kojak.
- In questo film si contano più di 100 zoom.
aspetto che insieme ai grandangoli ho sempre sottolineato in Bava.
- I trucchi vennero curati dal grande Francesco Freda

Roba per Bavisti fedelissimi, come me.

venerdì 19 novembre 2010

Idi i smotri - Va' e vedi (aka Come and See)

21
628 villaggi bielorussi bruciati con tutti i loro abitanti. Mentre stanno per partire i titoli di coda, dopo aver visto le ultime immagini del film con in sottofondo il Requiem di Mozart, questa è la sola notizia storica che ci viene fornita.

Ho letto che il titolo del film è una citazione dell'Apocalisse di Giovanni, cap. 6, e dal cap. 6 all'11 si parla di "... l'invio della serie dei flagelli, con i quattro cavalieri dell'Apocalisse (carestia, guerra, pestilenza e morte)". Titolo perfetto, i 4 cavalieri hanno proprio fatto del loro meglio in questo caso.

Si può rappresentare in molti modi l'orrore della guerra, tali e tanti sono episodi e modalità che è solo questione di scelta e "fantasia". Qua si parla del tentato (e in parte riuscito) genocidio operato dai nazisti in Bielorussia nel 1943. Klimov lo fa imperniando la trama su 2 giovani adolescenti: Florya, un ragazzo che si unirà ai partigiani nonostante le resistenze della madre; Glasha, una ragazza che vuol far sopravvivere a tutti i costi il suo desiderio d'amore.

La prima parte è tutta bielorussa, ci presenta la vita nei villaggi e nei boschi dove si stanno radunando i partigiani, un contesto che si prepara ad affrontare il nemico, chi affrontandolo direttamente, chi pensando d'indurlo a pietà quando arriverà. Quasi surreale, di primo acchito sembra un film "sbagliato" ma bastano una serie di scene e soprattutto primi piani, con la camera che pare un confessionale a cui di tanto in tanto rivolgersi, per apprezzare la modalità fisica e carnale che, grazie anche ad una musica ed effetti sonori azzeccatissimi, fa salire lentamente il panico, il terrore, tra i personaggi ed allo spettatore, insieme alla necessità ineluttabile di lottare contro un nemico che non fa prigionieri.

L'adolescenza conserva ancora in parte le migliori caratteristiche dell'infanzia, come la spontaneità immediata che senza ritardi esprime nel viso e nell'animo la gioia e il dolore, e qualsiasi altro sentimento. L'indurirsi della pelle e del cuore negli adulti fornisce minor elasticità in questo senso, s'impiega molto più tempo. L'idea quindi di parlare di questa storia con quei protagonisti è geniale ed il modo in cui poi tutto viene sviluppato a me ha fatto gridare dallo stupore. I 2 interagiranno col mondo adulto facendosi specchi.

Il primo arrivo dei tedeschi sarà senza tedeschi. Sono passati dal villaggio di Florya poco prima che lui tornasse. Il villaggio non esiste più, nulla che respiri è presente, e da questo momento la escalation del terrore diventa più diretta, la presenza del nemico sempre più forte. Fino a quando lo vedranno, in un villaggio, accolto con gentilezza, gli offrono persino da mangiare, poi parte il rastrellamento, la raccolta di tutti in un edificio tranne gli uomini che possono essere mandati a lavorare da qualche parte o le donne che possono far sollazzare i soldati. Il resto lo lascio a qualche commento alle immagini, ne ho fermate molte, sono indimenticabili.
L'inferno come dicono in molti è già in terra, quell'ultima parte del film è qualcosa d'inimmaginabile, si fatica a guardarla e solo la "poesia" di Klimov la rende sopportabile. Le cose andarono proprio così, e quando l'ufficiale tedesco dirà quel che dirà il finale, che ho citato all'inizio, si caricherà di tutto il suo senso.

Capolavoro.

giovedì 18 novembre 2010

L'amore molesto

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Delia vive lontano da Napoli da tempo, ma deve tornarci per l'improvvisa morte della madre, morte che è anche un po' misteriosa, ufficialmente si sarebbe suicidata solo che non tutto risulta chiaro.

La permanenza a Napoli, nei luoghi dove ha vissuto l'infanzia in una famiglia piuttosto tormentata, sarà occasione per indagare sugli ultimi anni di vita della madre (una donna particolarmente esuberante) e molto su sé stessa, una sorta di autoanalisi sui fatti che ora, col senno di poi, è chiaro che hanno condizionato pesantemente la sua esistenza e la sua indole.

Detta così la storia, tratta rigorosamente dall'omonimo romanzo della scrittrice napoletana Elena Ferrante al suo esordio con quest'opera, sa di logoro ed abusato tema e non è certo questo il pezzo forte del film. Dove invece si fa apprezzare tantissimo è nella forza espressiva di scene ed immagini, a cui occorre aggiungere la splendida interpretazione dell'attrice protagonista, Anna Bonaiuto.

Macchina da presa spesso addosso ai protagonisti, in ambienti dai contorni ben definiti, rare le riprese ad ampio spettro anche negli esterni, sia nel tempo reale a colori che nei flashback in un "quasi b/n".
Le radici teatrali di Martone e della Bonaiuto emergono nei loro aspetti migliori, e per Martone anche in qualche piccolo neo da criticare che, per evadere subito la pratica, stanno tutti in alcuni rallentamenti che se a teatro servono a tirare il fiato in un film risultano noiosi. Ma è proprio un voler fare le pulci ad un ottimo regista e film, per carità! Il ritratto che ne viene fuori di Napoli, a pezzi come un polittico disaggregato, proprio come le scenografie teatrali che staccano di netto tra una scena e un'altra, è originale, particolare e, parola di chi conosce un po' la città, duro quanto rispettoso. Bello, m'è piaciuto moltissimo e poi la Bonaiuto, 20anni di teatro prima di fare Cinema (mica come certe sgallettate ora in voga, e mi risparmio i nomi), che attrice! Cura dell'espressione e di ogni movimento del corpo, cosa particolarmente importante in un ruolo come il suo, frutto di sudato lavoro e passione per il mestiere stesso.

Un finale strano, quasi un non-finale, non per colpa di Martone, è la trama ad essere così e lascia un appetito insaziato, scelta della Ferrante che non discuto anche perché non ho letto il libro, certo poco cinematografico.

Tra i film (e registi) italiani di cui andare orgogliosi. Con questo film e con "Morte di un matematico napoletano" ho fatto una breve retrospettiva su Martone, in attesa di vedere la sua ultima opera "Noi Credevamo" dedicata al Risorgimento, verso la quale nutro grandi aspettative.

mercoledì 17 novembre 2010

Glengarry Glen Ross - Americani

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In un'agenzia periferica di una grossa immobiliare che tratta lotti di terreno lavorano il capoufficio e 4 venditori. Ricevono la visita di un arrogantissimo rappresentante della sede centrale, che tra svariati "figlio di puttana, stronzo, miserabile, incapace, ecc..." dispensati all'uditorio, comunica ai 3 venditori presenti i nuovi obiettivi.

A dire il vero Roma, il solo che realizza buoni fatturati, è assente, ma non è a lui che si rivolge il rappresentante. Fatto sta che, entro 24h, chi di loro avrà il miglior fatturato sarà premiato con una Cadillac, il secondo con un ridicolo set di coltelli, gli altri 2 verranno licenziati. Panico. Proteste accese, richiesta di contatti per vendere, ma il vero sentimento è il panico, 2 di loro resteranno senza lavoro, è chiaro.

Questi benedetti Contatti sono la miccia fondamentale. Si tratta di nominativi di gente più o meno interessata ad investire. Possono essere vecchi clienti o persone che, magari spinte a farlo in modo un po' subdolo, hanno compilato qualche questionario chissà dove lasciando il nominativo. Ricevere dal capoufficio i migliori contatti è indispensabile. Se però ti va male qualche volta, allora entri in un circolo vizioso: meno vendi, peggiori sono i contatti che ti danno, e via calando. Al termine del discorso del rappresentante della GranFarabbutt & GranBastard viene loro mostrato un bel pacchetto di contatti buoni e freschi, ma li avrà solo chi resterà a lavorare.

Saranno ore in cui i 4 s'ingegneranno, chi da solo, chi in coppia, chi cercando complicità nel capoufficio, tentativi di corruzione spicciola, vendite effettuate in modo molto aggressivo raccontando balle clamorose ai clienti, cosa che già fanno normalmente ma che verrà spinta ai limiti. Tra le varie idee anche quella di rubare i contatti dall'ufficio per venderli alla concorrenza (ebbene sì, quei contatti hanno un prezzo). Qualcuno dei 4 ha il suo piccolo casino familiare da gestire, ovvio, altri solo brama di denaro e successo. Ci sarà effettivamente un furto nell'agenzia...

Film molto notturno e indoor, pochissime scene in esterni, quasi tutto girato nell'ufficio e nel bar-ristorante che frequentano. Esposizione di tipo teatrale, con lunghi dialoghi serrati, qualche breve monologo, ricco di riflessioni. Ciò in cui eccelle però è nel ritrarre un contesto professionale in ognuno dei suoi protagonisti, con grande dettaglio e con riprese che trasmettano efficacemente angosce, preoccupazioni e grinta, mancanza di scrupoli, merito di una bella regia e di un cast di attori stellare, tutti prime punte, e ci voleva. Personaggio più sofferto e motivato è, manco a dirlo, quello interpretato da Jack Lemmon, mai si conieranno aggettivi adatti a questo Attore, che passerà da momenti di disperazione ad euforia e poi ancora disperazione con un realismo assoluto. M'è piaciuto anche Al Pacino nel rampante Roma, è quello che più di tutti ritrae il venditore privo di ogni ritegno con una filosofia di vita spicciola e materialista che urta ma richiede anche impegno intellettuale per contrastarla.

Il titolo Americani con cui è arrivato da noi mi lascia perplesso, mi pare di leggerci quasi un j'accuse, come dire "in America si lavora così" o "in America siamo così". Può darsi, e non sarò certo io a difendere un modello sociale che depreco fortemente, però non è in questa storia che emerge la differenza tra gli americani ultra-liberisti e gli europei mediamente assistenzialisti. Chi lo pensa è perché non ha mai lavorato come venditore, mentre chi scrive ha fatto anche quel mestiere e può affermare con cognizione che in quella professione le cose da noi non sono molto diverse, ci sono sfumature che variano anche in dipendenza del prodotto che tratti, ma la sostanza è la stessa, la stessa concorrenza tra colleghi, la stessa priorità assoluta: vendere, non importa come, non importa se chi compra ha bisogno o meno di quello che prende, non frega nulla se sei educato, gentile, corretto. Alla fine del periodo deciso, chi ha venduto ha ragione e chi no torto. Molto spesso è un lavoro che si fa da liberi professionisti, quindi se poi non vai bene un calcio nel sedere lo prendi qua come lo prendi in America. Non è difficile capire che quando questi metodi raggiungono i grossi investimenti poi capitano le famigerate Bolle economiche che ogni tanto scoppiano, come (guarda il caso) quella del mercato immobiliare americano, i cui effetti recenti li stiamo ancora subendo. Il mondo capitalista dovrebbe creare i giusti vaccini per queste situazioni che alla fine danneggiano tutti, e a quel punto forse anche il mondo della vendita e dei venditori, con un minimo di regole, si darebbe una bella regolata. Auspici...

Ottimo film, grande esibizione di capacità di recitazione. Rasenta l'Olimpo e doveroso è spiegare perché non lo raggiunge a mio parere.
Questo film ha nell'esagerato cast proprio il suo limite. E' il pelo nell'uovo eh!, intendiamoci. Il limite a cui mi riferisco sta nell'istrionismo che grandi stelle, tutti bravissimi, tendono ad esibire. Una critica che chiudo in bellezza, perché sarà solo l'immenso Jack Lemmon a non cadere in questo tranello, e mai c'è caduto in carriera, quindi un motivo in più per vederlo all'opera e per vedere il film, ammirare una Lectio Magistralis di Lemmon. Gli altri, che hanno avuto l'onore di lavorarci insieme, studino il film, la loro prestazione, e capiranno la differenza, quel piccolo e quasi invalicabile limite che sottostà al talento ed al carattere quanto al lavoro, che passa tra un grande attore e un Dio del Cinema. Scusate l'iperbole ma quando ce vo'... ce vo'!

P.S.
Se invece si vuole vedere un'ottima denuncia/ritratto del modello lavorativo americano, perlomeno del suo aspetto forse peggiore, c'è un eccellente film, molto recente: Up in the Air - Tra le nuvole. Leggetene anche i commenti, ci sono importanti precisazioni.

martedì 16 novembre 2010

Shadow

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Due giovani, un uomo ed una donna, appassionati di biking in montagna, subiscono l'accanimento di due bracconieri che finiranno per cacciare loro invece che i cervi. In un'ambientazione montuosa bellissima (esterni girati nel Tarvisio) daranno vita ad uno spettacolare inseguimento, fino a quando finiranno in una zona che, si dice, essere abitata dai fantasmi di vittime civili della guerra in Iraq, uccise con inutile ferocia.

La ragazza sparirà quasi subito, il cane dei bracconieri ucciso e i 3 superstiti si ritroveranno stesi e legati su altrettanti tavoli da tortura, in balia di un sadico magrodeforme. Ci sarà qualche scena abbastanza Gustosa prima dell'inevitabile tentativo di fuga, durante il quale si scoprirà qualcosa della natura terribile del sadico, di cosa lo ispira.

Notevole il finale, dove l'assurdo ed il reale troveranno giustificazione e tutto si comprenderà. Troppe le cose che non tornano dall'inizio e a lungo durante la narrazione. Che c'entra l'Iraq anzitutto? Sì, il giovane è un reduce in vacanza di quella guerra, ma possibile che in quelle montagne... Poi quei due cacciatori, hanno armi e abbigliamento militari e non ho mai sentito di gente che va a caccia con un rottweiler. Tutto non quadra, fino alla fine, e bella la condanna totale di tutte le guerre, il vero orrore che questo horror ha voluto evidenziare.

Bravo Zampaglione! Una speranza di rinascita dell'horror italiano. Più noto come leader del gruppo musicale Tiromancino che come regista, spero prosegua a coltivare il secondo talento con maggior priorità. Ovviamente, insieme a The Alvarius, s'è occupato anche delle musiche del suo film.

M'è piaciuto: il messaggio, la fotografia, bel montaggio, le scene iniziali in esterni sono spettacolari (mi hanno molto ricordato un altro film horror, lo sconosciuto "El rey de la montaña", consigliatissimo). Aiuto regista da segnalare, uno che collabora spesso a film importanti, "Ray" Fabrizio Bava, nipote dell'illustre Maestro Mario Bava.

lunedì 15 novembre 2010

Sukiyaki Western Django

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Dichiarato omaggio allo "Spaghetti Western" del mio mito Miike, che li guardava da piccolo insieme al padre come ha detto. Il riferimento più diretto è proprio per "Django" (1966) di Sergio Corbucci, del quale riprende anche il tema della colonna sonora nel finale. Il Sukiyaki è un piatto tipico giapponese a base di spaghetti, quindi il titolo è proprio esplicativo.

In un selvaggio west di frontiera, in un paese popolato di giapponesi con tanto di casette a pagoda, 2 clan, i Bianchi e i Rossi, si contendono il controllo del territorio. Il paese, ritratto con una fotografia fumettistica come pure molte scene, in passato ha attirato molto per un presunto tesoro nascosto che nessuno ha mai trovato. Arriverà un pistolero a scompaginare gli equilibri e a causa sua un'altra grande pistolera del passato ricomparirà, tra storie raccontare in flashback e in tempo reale.

Teniamo presente che parliamo di Miike, quindi bisogna aspettarsi scene anche violente e splatter, humor sia nero che macchiettistico, di tutto, questo regista non conosce regole né limiti. Senza farsi mancare nemmeno un balletto sensuale, siamo di fronte all'ennesima esibizione di spettacolo puro e, per come la vedo io, è un autoironico omaggio al genere succitato, completamente orientato allo spettatore, per divertirlo, e chissà quanto si è divertito Miike a farlo! Rimando ai frame sotto qualche altro commento.

Per me: Eccezionale! Tra i miei Cult.

Di questo film ne esistono 2 versioni: una da 120 min che è quella presentata a suo tempo a Cannes ed un'altra da 98 per la commercializzazione internazionale, nella quale sono state tagliate parti considerate "lente". Io mi sono cercato e visto quella da 120, ho atteso per trovarla ma non avrei tollerato quella deturpata, e non mi sono annoiato manco per niente!

domenica 14 novembre 2010

Teorema

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Dopo un inizio da documentario, con un'intervista in b/n fuori da una fabbrica a degli operai, interrogati sul ruolo della borghesia, e dopo un po' di considerazioni sull'esistenza umana improntate alla religione, la scena cambia.

A Milano (una città che viene ritratta magnificamente, anche nei suoi dintorni), in una villa splendida, vive una facoltosa famiglia. Un industriale ammalato, una moglie bellissima molto insoddisfatta, un figlio artista incompreso, una figlia annoiata, una domestica fedele. In questa famiglia è presente uno strano Ospite, chiamiamolo così, un corpo estraneo venerato da tutti che, ad eccezione del capofamiglia, ha relazione intima, sia empaticamente che sessualmente, con tutti i membri della famiglia.

Un bel giorno l'Ospite deciderà di andarsene, e tutti i componenti della famiglia prenderanno ad agire e comportarsi in modo imprevedibile. Il ragazzo impazzirà sulle sue opere, la donna si concederà a ragazzi che trova in strada, la ragazza si ridurrà catatonica, l'industriale lascerà la fabbrica agli operai denudandosi di ogni bene. Caso più particolare la domestica, che tornata alla cascina dove viveva, diventerà una specie di santa.
E fin qui siamo alla trattazione testuale di quanto rappresentato. Ovvio che siamo di fronte ad una metafora molto spinta, e non mi riferisco al sesso che mai compare esplicitamente rappresentato. Quanto segue è interpretazione personalissima, invito a prenderla molto con le pinze.

Il mio personale Teorema è questo:
L'Ospite è un "gesù", quasi non parlando è in grado di comunicare grande empatia a tutti indistintamente. La ricca famiglia, domestica a parte, è composta da individui che faticano da sé a trovare un'identità, la noia prodotta dal benessere li imbruttisce ulteriormente. Con l'Ospite trovano completezza al sé, se ne innamorano perdutamente e la sessualità che compare a margine è un complemento d'amore non un fine. Come il famoso Gesù, l'Ospite se ne andrà, fortunatamente in modo meno cruento dell'illustre predecessore, ma sostanzialmente produrrà lo stesso sconcerto a chi gli rimane, ed il senso di incompletezza che dicevo emergerà prepotente, ognuno di loro si troverà ad affrontare da solo il lato oscuro del proprio ego. Non tutti troveranno una vera e propria liberazione ed il finale farà emergere l'industriale e la domestica, quest'ultima una specie di Maddalena.

Critica spietata e impietosa dell'inutilità di una vita egoista e borghese, spesa a rincorrere comodità e benessere, per non parlare della durissima critica all'arte contemporanea che emerge col ragazzo, troppo piena di sé da dimenticare di comunicare con le persone e tendente quindi ad isolarsi. Incredibilmente colta e penetrante la trasposizione nell'attualità dei concetti religiosi cristiani, effettuata con coerenza e difficile da confutare, tanto che il film, fortemente osteggiato dal mondo cattolico oltranzista nostrano, ricevette il premio "... OCIC (Office catholique international du cinèma). Un sacerdote canadese, Marc Gervais, ne fece un'ampia ed elogiativa analisi." (fonte wiki).

Sempre dalla stessa fonte apprendo l'iter giudiziario che questo film, nonostante il divieto ai minori di 18, dovette subire per poter uscire! Devo assolutamente riportarlo:
...il 13 settembre la Procura della Repubblica di Roma sequestra il film "per oscenità e per le diverse scene di amplessi carnali alcune delle quali particolarmente lascive e libidinose e per i rapporti omosessuali tra un ospite e un membro della famiglia che lo ospitava". Il 14 ottobre la Procura della Repubblica di Genova emette analogo provvedimento. Il processo contro Pasolini e il produttore Donato Leoni, trasferito per competenza territoriale a Venezia (dove si era svolta l'anteprima del film), si apre il 9 novembre 1968 con l'escussione del regista. Il Pubblico Ministero Luigi Weiss chiede la reclusione di sei mesi di entrambi gli imputati e la distruzione integrale dell'opera. Il 23 novembre 1968, dopo un'ora di camera di consiglio, il Tribunale di Venezia assolve Pasolini e Leoni dall'accusa di oscenità annullando il sequestro del film con la seguente sentenza:
« Lo sconvolgimento che Teorema provoca non è affatto di tipo sessuale, è essenzialmente ideologico e mistico. Trattandosi incontestabilmente di un'opera d'arte, Teorema non può essere sospettato di oscenità.»

Serve altro da sapere per decidere di vedere questo film?

Capolavoro da Olimpo. Film di altissima allegoria ma alla portata di tutti, nel quale ognuno può trovare una interpretazione personale. Perfetta sintesi dello stile di Pasolini. Lo scorso 2 Novembre sono ricorsi 35 anni dalla sua morte, ma ho voluto pubblicare oggi questa recensione, che è la 400esima di quest'anno e Doveva celebrare un Grande Film.

sabato 13 novembre 2010

Sílení - Lunacy

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E' lo stesso regista a presentare il film, un po' alla Hitchcock, e ci esplicita subito diverse cose, tra le quali i personaggi "musa": Edgar Allan Poe e il Marchese De Sade.

Sinossi in breve: in un contesto temporale indefinibile, con un ambientazione da fine '700 stile Rivoluzione Francese e carrozze che s'incrociano con macchine ed autostrade, un giovane uomo in un ostello è vittima di una sua fobia, causando forti danni. Un misterioso marchese coprirà le spese, ottenendo di fatto di essere seguito dal giovane. A casa sua il marchese, che è fin troppo evidentemente il De Sade in persona, si rivelerà per quel che è, libertino e blasfemo all'ennesima potenza ed agirà per coinvolgere il giovane, fino al punto da convincerlo, dopo un'altra crisi di quest'ultimo, a rinchiudersi volontariamente in un manicomio gestito da un suo caro amico (e compagno di orge). L'arrivo al manicomio è l'ingresso nel luogo più folle e libero mi sia mai capitato di vedere descritto e presto si sentiranno voci, che l'attuale direttore e pure il Marchese sono ex-ricoverati, che il vero personale è rinchiuso in cantina ricoperto di catrame e piume... il giovane si farà in quattro per "restaurare" la situazione, ma con quali effetti? Non rovino la visione...

Dei film che ho visto di Svankmajer questo è il più filosofico e didascalico, il più parlato in assoluto. E lo stop-motion di questo Re dell'Animazione? Relegato, per modo di dire, a degli "intervalli" tra un momento e l'altro, tutti fatti con pezzi di carne di vario tipo (bistecche, lingue, occhi, pollame) che simulano, qualche volta anticipano in allegoria, quanto visto o da vedere. La "carnazza", con le scene di sesso e violenza (nulla di esplicito per entrambe le tipologie, purtroppo...) è estremamente attinente.

Nell'incipit già descritto il regista, fra le varie, fa una precisazione: "... è un film horror ... non è un'opera d'arte ...". Frase che presa alla lettera contesterei con forza, ma c'è dietro qualcosa, ne sono certo, c'è la sua lotta interiore, vittoriosa, contro buonismi e moralismi che ha voluto esternare, e alle mie orecchie quelle parole suonano come una rispostaccia a chi non è capace di comprendere la forza di quel messaggio di libertà ed emancipazione assoluta, non solo del regista ma anche dei 2 intellettuali musa già citati. Ne ho parlato già dell'anti-morale ed anti-etica di Svankmajer in occasione di "Spiklenci slasti - Conspirators of Pleasure". Qui però il regista vuole andare fino in fondo, è secco e diretto, ci presenta il film, fa parlare (fin troppo) i personaggi e gli fa dire tutto quello che, De Sade soprattutto, avrebbe detto riguardo al piacere, al sesso e alla religione.

Eccezionale nel suo significato il finale, giustamente lungo. La tentazione di parlarne è forte, ma basti sapere e pensare questo: De Sade e le sue orge sembreranno da beatificare a confronto di personaggi e situazioni che verranno fuori. Anche se iperbolicamente, sarà chiarissimo il confronto fra i 2 estremi, chi la morale e l'etica la rifiuta e chi invece ne fa un mezzo di potere. Io preferisco di gran lunga i primi, dovendo scegliere.

Film imperdibile, altro Olimpo inevitabilmente, ma non il migliore di Svankmajer secondo me. Per la perfezione ci sarebbero voluti, come più o meno ho già detto, qualche chiacchiera in meno e un po' di immagini esplicite in più, allora si sarebbero raggiunti livelli di Mostruosa Bellezza.

p.s.: Con questo film ho concluso una tetralogia dei film passati di Svankmajer, in attesa di poter vedere quello presentato quest'anno, "Prezít Svuj Zivot (Teorie a Praxe)".

p.p.s.: non ci giurerei, poi la lingua ceca per me è chiara quanto quella marziana, ma il titolo originale mi ha ricordato qualcosa che sono andato a cercare, ed è venuta fuori questa figura della mitologia greca: il Sileno. A leggere, qualche affinità con il film ce l'ha: "I sileni sono figure della mitologia greca, divinità dei boschi di natura selvaggia e lasciva, imparentati con i centauri e nemici dell'agricoltura, molto spesso assimilati ai satiri, tanto che il termine sileno viene anche usato per indicare un satiro anziano, chiamati anche papposileni."
Da motociclista qual sono, il fatto che i Sileni siano imparentati coi Centauri mi dà un gran piacere!

venerdì 12 novembre 2010

Breezy

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Breezy è una ragazza hippy, giovanissima d'età dubbia, forse nemmeno maggiorenne, senza fissa dimora gira gli Stati Uniti in autostop. Frank un uomo di seconda metà dell'età, di borghesia medio-alta, commercia immobili di pregio a Los Angeles.

E' questa la "strana coppia" che verrà a formarsi dopo che Breezy incontrerà casualmente Frank. Quest'ultimo è un single convinto, separato da molto tempo non ha più voluto relazioni stabili e di convivenza, ma è in una fase in cui la solitudine, quella casalinga, non costituisce più una sua certezza. Fatti esterni, e soprattutto l'irruzione vitale di Breezy lo porteranno a ripensare alle sue scelte. Nonostante la differenza d'età, lo scambio è paritario, entrambi hanno da dare al partner in cambio di quanto ricevono. Lei dice "ti amo", lui dice "più o meno quasi". E' una relazione difficile da far accettare e comprendere agli altri e quindi a sé stessi. Lei lo percepisce ma dà priorità alla sua felicità, i problemi sono tutti per lui...

Ci sono parecchi temi in ballo. Il film non tratta nulla per sottintesi, pur con garbo arriva diretto alle questioni. Si vedono tutti i prodromi di quello che sarà il Cinema di Clint Eastwood, tra i più acclamati registi viventi e sono tra gli estimatori. Conservatore dichiarato, con un occhio però attento e critico alla società, Eastwood già in questo film affronta rapporto adulti-giovani, tabù ed altre tematiche sociali, come altre volte e sottolineo a riguardo soprattutto il bellissimo "Mystic river".

Adulti incapaci di comprendere i giovani li bollano come sporchi ma su una cosa han ragione: tra le varie proteste han dimenticato che occorre lavorare per vivere. Giovani che rifiutano il modello adulto e su una cosa hanno ragionissimo: gli adulti hanno dimenticato l'amore, i sentimenti, la vita collettiva, sono troppo duri e freddi. Frank poi rappresenta l'apogeo dell'individualismo. Il loro amore, più che per l'aspetto sentimentale e sessuale, diventa laboratorio di un esperimento di dialogo fra le 2 classi generazionali, e ci riesce? Per saperlo bisogna vedere il film.

Visione decisamente consigliata.

giovedì 11 novembre 2010

Otesánek - Little Otik

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Il dramma di una coppia senza figli, e all'inizio è tutto abbastanza normale, sembra una commedia un po' nera, con quel vecchio pedofilo che insinua l'unica bambina del condominio.

La donna della coppia però mostra segni d'instabilità psichica, il bisogno di maternità è fuori controllo e il marito, anche se più lucido, non sa come comportarsi finendo per assecondarla. Durante una breve vacanza in campagna il marito ha la bella idea di scolpire delle radici di un albero, tagliandole fino ad ottenere la forma di un bambino. Una visione fatale per lei, quel ciocco diventa subito molto di più che un pezzo di legno.

Inizia una commedia dell'assurdo, con la donna che s'inventa una pantomima curata in ogni dettaglio per simulare la gravidanza a tutti i vicini, lui che riceve congratulazioni che non vorrebbe. Il "bambino" aspetta in campagna, chiuso nell'armadio, che nel weekend i "genitori" lo raggiungano. Fino a quando arriva l'agognato giorno del simulato parto e la donna potrà finalmente stare col pargolo tutti i giorni. Lui la lascerà da sola per qualche giorno e al suo ritorno, sorpresa delle sorprese, troverà lei che sta allattando il piccolo. Nulla di strano, l'immedesimazione della donna è stata totale per tutti i mesi della "gravidanza", mangiava abbondante, aveva crisi di vomito, però un particolare di quell'allattamento l'uomo proprio non poteva prevederlo: il pezzo di legno ciuccia dal seno avidamente, e piange quando ha fame!

Vi ho raccontato per sommi capi un terzo del film, proseguire con precisione vorrebbe dire rovinare una visione ricca di eventi e colpi di scena. Teniamo presente che parliamo di un film di Jan Svankmajer per cui aspettarsi una favoletta con principi e principesse, bacini e bacetti, è fuori luogo. Nella prima parte ero fin stupito, pensavo appunto ad un film sarcasticamente comico, anche con un occhio cinico e reale sul dramma familiare della sterilità, tema quanto mai attuale. Quando però il legno è in suzione nasce l'inquietudine. Che razza di personaggio è quello? Per un attimo pensi a Pinocchio, ma presto ti disilludi, questo essere non ha sembianze antropomorfe, e poi mangia, mangia in quantità spaventose, mangia qualsiasi cosa, insaziabile... solo una bambina, studiosa ed intelligente, capirà di che si tratta.

Trasposizione di una fiaba terribile (non è poi fatto straordinario, anche cappuccetto rosso o pollicino contengono elementi horror) nel mondo reale. Quando anche si capirà cosa accade, perché la bambina rivelerà con la sua lettura le cose con un certo anticipo sugli eventi, quello che avviene sarà frutto di stupore continuo. Quello che poi fa questo regista, mettendo insieme persone ed oggetti animati, è formidabile, ed ancora siamo nel puro stop-motion, nulla di rielaborato al computer.

Non c'è solo, si fa per dire, il discorso dell'animazione. La macchina da presa è iperattiva, qua il piano sequenza è solo un lontano ricordo. Un continuo muovere tra personaggi ed oggetti e ambiente circostanti, zoom su riprese in particolare che poi allargano su tutto il campo, rappresentazione di azioni in dettaglio macro come una bocca che mastica, un cucchiaio che mescola, col microfono, a farti cogliere e percepire ogni rumore. Non saprei che termini tecnici usare di migliori, non ne dispongo, fatto sta che, senza ubriacarti, Jan Svankmajer continua a tenerti addentro alla vicenda facendoti respirare vicino ai protagonisti, e alla fine sei inebriato, e sazio di Arte Cinematografica.

Altro Olimpo per questo Regista Genio.

mercoledì 10 novembre 2010

Hanno rubato un tram

3
Dopo aver visto il bellissimo Emigrantes ho indagato su altri film diretti dal grande Aldo Fabrizi, trovando questo titolo che m'ha incuriosito. Scoperto poi che è ispirato ad un vero fatto di cronaca, guardarlo è diventato inevitabile.

Mancini, interpretato dallo stesso Fabrizi, è un conduttore di tram, romano trapiantato a Bologna con moglie, suocera e figli a carico che parlano un dialetto che dopo 20anni lui ancora non comprende. Fiero del suo lavoro, che vive dentro e fuori dai tram, con amici colleghi, la bocciofila, le iniziative del CRAL. E' malvisto da Bernasconi (altra vecchia gloria, Carlo Campanini), il suo capo, perché Mancini a bocce lo batte sempre e negli ultimi tempi Bernasconi è particolarmente adirato.

Ora tutti parliamo di mobbing, all'epoca bastava davvero un nonnulla per subirlo e non c'era parola per definire il fenomeno o legge che ti tutelasse. Da un banale incidente col tram comincia il massacro ai danni del buon Mancini, prima declassato a controllore, poi per altri fatti banali sospeso per 3 mesi senza stipendio, con effetti che diventeranno devastanti per la sua condizione di vita familiare e sociale oltre che professionale, e il Bernasconi che infieriva ad ogni occasione.

Nella peggior notte possibile della sua vita, ché avrebbe ucciso il suo despota, solo guidato da istinto senza premeditazione, prende un tram dal deposito e parte, un viaggio notturno dall'epilogo scontato ma, finché è durato, spettacolare (scene fantastiche!) e gioioso, pensare che sia veramente successa una cosa simile è incredibile. Il finale ve lo lascio.

Film modernissimo nei contenuti, sorprendente per i tempi, con Fabrizi in grande forma. Lo definirei una commedia drammatica, molto divertente in parecchi momenti, con contenuti forti.
Da non perdere.

Un paio di personaggi da sottolineare che ci hanno lavorato: Mario Bava alla fotografia e Enrico De Seta, un pittore che si occupò di locandina e cartellonistica.

martedì 9 novembre 2010

Spiklenci slasti - Conspirators of Pleasure

11
Il titolo internazionale viene in aiuto. Tema fondamentale è il piacere, inteso proprio quello del sesso, vissuto da personaggi diversi e tutti appartenenti alla categoria "persone comuni", con modalità che definire bizzarre è un eufemismo.

Un uomo acquista riviste porno e prepara una testa di gallo con del pongo, oltre ad altre parti di un costume, con degli ombrelli. L'edicolante dove ha acquistato è infervorato con l'elettronica e produce ingegnose automazioni. La vicina di casa del primo uomo ha un misterioso armadio, al suo interno diversi attrezzi e capi d'abbigliamento particolari. Una postina produce in quantità palline con mollica di pane. Un altro uomo nel suo magazzino officina assembla chiodi, lattice, code di pelliccia su mattarelli. La moglie di quest'uomo alleva con amore 2 grossi pesci d'acqua dolce. A parte l'ovvio legame tra i coniugi, anche gli altri protagonisti in qualche modo interagiscono tra di loro con piccoli incontri, apparenti casualità.

Film muto, non so nemmeno dare un nome ai personaggi. Ha una prima parte curiosissima, dove ognuno di loro è preso sui preparativi di un evento, il grande piacere, si sa, più è sofisticato meno è improvvisabile. Veloce, divertente, con le riprese "alla Svankmajer" che non indugiano mai a lungo su nulla e nemmeno sull'ottica, è quasi impossibile comprendere dove andranno a parare questi atipici soggetti, io perlomeno non sono riuscito ad intuire niente e non sono certo un innocentino! E' chiara e limpida la spinta sessuale, tutto porta a pensarlo, l'ansia, la bramosia, l'agire occultando, questo sì, ma quel che arriveranno a fare, fin quando non lo si vedrà...

Poi finalmente, per ognuno di loro, diventerà chiaro il tutto, il loro modo di provare piacere, e non smetterà di stupire fino alla fine. Durante le Azioni ci saranno anche oggetti animati, ovviamente in stop-motion grandioso (che coinvolge anche esseri umani), necessari ad espletare. Non racconto nulla ovviamente di queste Fantasie, ve le lascio Godere fino in fondo. Aggiungo solo che il finale, che non chiude completamente la trama, sottende un disegno complessivo che la sola riga di sottotitolo che si vedrà all'inizio del film:"a domenica" doveva far intuire, solo che la si trascura perché troppo a lungo non se ne capisce il senso. E' molto misterioso, tale da richiedere una seconda visione perché richiama quanto avvenuto precedentemente, crea circolarità, e la coerenza è tutta da verificare in senso buono, quasi da studiare.

Fantastico e Fantasioso! Privo di tabù e censure morali, frutto di una mente prodigiosa e apertissima che non preclude nulla! Altro Olimpo e penso, ne sono ormai certo, che i film di Svankmajer finiranno tutti lì.

Una considerazione personale, in post scriptum, ispirata dal film ma da non attribuire al Genio per correttezza.
Prima ho definito le curiose idee di piacere sessuale dei protagonisti come Fantasie. Quanti guardando questo film, o venendo a conoscenza di cose simili nella vita personale, userebbero lo stesso termine e non invece la parola Perversioni. Qual'è la differenza tra i 2 termini al di là dell'uso comune degli stessi, applicata alla sfera sessuale? Tengo a precisare che non ci saranno morti tra gli esseri umani, per chiarire il livello delle fantasie, né alcuna forma di sfruttamento o prostituzione, sono tutte Fantasie ad azione individuale.
Durante il film, grazie alla tecnologica ricerca dell'edicolante, si assiste ad alcune immagini di repertorio, con anche situazioni di violenza. Si sente il contrasto netto, dopotutto i fantasiosi personaggi non fanno male a nessuno né producono danni sociali. Allora perché dobbiamo definirli perversi? A me non viene di dirlo... I loro piaceri mi incuriosiscono, è vero, mi han fatto parecchio ridere, li ho trovati simpaticissimi e basta, e a maggior ragione la parola "perverso" non mi viene.

Personalmente auspico una Rivoluzione Culturale Mondiale dove la gente si limiti a dire che tutto è concesso a patto che non crei danno ad altri, presi individualmente o collettivamente, che altre regole morali e sociali occorrono? Un'Utopia, occorrerebbe che scomparissero come d'incanto anzitutto le religioni, che praticamente sempre si arrogano il diritto di dettare legge non solo agli adepti, com'è normale che sia, ma anche a chi incidentalmente si trova nella loro sfera d'influenza. E' l'aspetto che manda su tutte le furie Noi Agnostici e Razionalisti, che non siamo contro le religioni, siamo contro il Potere che esercitano.

Questo meraviglioso film parla di Fantasie. Le Perversioni sono invece qualcosa di legato all'esercizio del Potere e un ottimo esempio lo si trova in quest'altro capolavoro: Salò o le 120 giornate di Sodoma.

lunedì 8 novembre 2010

Anna

12
1951, Alberto Lattuada.

Drammone romantico d'altri tempi, ma che drammone! E che attori...
Tra i film da mettere in carnet, lo avevo in mente da tempo, poi averlo visto citato in "Caro diario" di Moretti mi ha dato il La.

Anna è una sorella, mancano solo i voti per diventare suora ma la sua superiora attende una sua definitiva decisione a riguardo. Lavora e vive in un ospedale (l'ho riconosciuto e ho indagato per conferma, è il Maggiore di Milano, noto anche come Niguarda, dal nome della zona). Non esce mai di lì, una sorta di clausura. E' infermiera amata, capace e operosissima. Chiaro da subito che la sua è una vocazione tardiva e frutto di amare esperienze.

Con pochi e lunghi flashback scopriremo che prima era una cantante di locali notturni. Amante e in qualche modo ricattata dal barista del locale, incontrerà un uomo del quale s'innamorerà, completamente perso per lei, un'amore da favola, solo che a causa del barista, ostinato nel non perderla, accadrà qualcosa di grave. In seguito a questo...

Prima di un finale splendido, di morte e rinascita, una scelta dolorosa che sarà vittoria e non sconfitta, potremo vedere tante storie, compreso anche cosa significava ritrovarsi in un ospedale ai tempi, come malato e come operatore. Silvana Mangano, della quale purtroppo non sentiamo la voce perché fu doppiata, è di bravura e bellezza indescrivibili (mai sarò obiettivo con lei, innamorato folle come sono), con quel doppio ruolo poi emerge come in 2 facce della medaglia.

Bellissimo film, me lo sono goduto, mi sono lasciato coinvolgere e commuovere dalla vicenda con piacere, edificante e moralista se vogliamo, eppure non volgarmente tale.

Una riflessione, ispirata dalla casualità d'aver visto questo film e letto questo articolo dell'amico Harmonica. Riporto anche un pezzo, alla lettera anche se decontestualizzato: "Del resto in questa Italia di barzellettieri e cafonauti pare che da tempo sia bandita ogni forma di intimismo, di emozione e di romanticismo, troppo occupati come sono a farti credere che siano cose da perdigiorno." .
E' una sacrosanta verità che faccio mia, e rincaro la dose sui film. Da molti anni a questa parte questo genere di storie sembra appannaggio esclusivo di telenovelas e fiction tv, porcherie che quasi mai hanno un valore cinematograficamente misurabile. E' la verità, e anche nei film da botteghino spesso ci troviamo di fronte a polpettoni terrificanti, ne cito uno su tutti da esempio, per far capire cosa intendo: il Titanic di Cameron. Non è facile, mi rendo conto, ma non si pensi che Anna m'è piaciuto solo perché, essendo del 1951 ed italiano, ho utilizzato un metro di giudizio ammorbidito. Il dramma, interiore e nei fatti, deve essere realistico e ben rappresentato, le inquadrature nette, la musica non deve sdolcinare, una somma di cose, non ultima la direzione e recitazione degli attori, che ti porta a coinvolgerti ed appassionarti seriamente, non a fare sogni, non so se sono riuscito ad esprimermi.