sabato 31 luglio 2010

The Time That Remains - Il tempo che ci rimane

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Informarsi poco e male su un film prima di andarlo a vedere non è un buon consiglio, ma a volte procura piacevoli sorprese, com'è capitato ieri sera per me al cinema, ed anche all'amico OrsonMic mio compagno di visione.

Film autobiografico che copre un periodo che va dal 1948 ad oggi, diviso in 4 episodi. Nel 1948 i nonni ed il futuro padre di Suleiman vivevano a Nazareth, erano i giorni dell'invasione israeliana, era anche l'anno in cui veniva proclamato lo stato d'israele. Forme di resistenza blanda, lotta troppo impari, esecuzioni sommarie, una popolazione libera di palestinesi passa ad una vita soggiogata e ad un coprifuoco permanente. Il padre sopravviverà incredibilmente.

La faccio breve:
1970 Nazareth è in pieno stato d'israele, non si parla più nemmeno di territorio occupato, la popolazione palestinese è in costante pressione, Elia è ormai bambino va a scuola ma ogni tanto gli sfuggono frasi politicamente non corrette. Gli israeliani le studiano tutte per integrare la popolazione araba. Il padre di Elia con la scusa della pesca notturna in mare viene sospettato di traffico d'armi dal libano per supportare i combattenti arabi.
1976-78 inizio dell'intifada, i genitori di Elia ormai anziani, il padre morirà, la madre malata di diabete, lui Elia verrà avvisato da un amico del padre di essere stato accusato come sovversivo e fuggirà all'estero (QUI una breve biografia).
Oggi: Elia (in persona, interpreta sé stesso) torna a Nazareth, la madre anziana e malata vive in un suo silenzio, cercherà di darle qualche conforto. Incontrerà anche vecchi amici di gioventù, prima di ripartire. Nazareth ha una sua normalità di vita, ma permangono ancora coprifuochi alla bisogna, c'è un'apparenza di tranquillità.

Non è un film sulla drammatica storia di quei territori, che ovviamente contorna ogni avvenimento, ma è un vero e proprio diario familiare, ricostruito quasi sicuramente dai racconti dei genitori e dalle lettere che la madre scriveva numerose ai parenti lontani. La trama si concentra molto su episodi che poi sono quelli che rimangono nella sezione "varie piacevoli e divertenti" della memoria, e ne è venuto fuori un film storicamente corretto, con una fotografia splendida calibrata sul periodo rappresentato, soprattutto pieno di gag estremamente divertenti ed è proprio questo l'aspetto inatteso, divertenti sia per i fatti narrati che per alcune divertenti modalità di ripresa. Un episodio ad esempio: un ragazzo che esce da una casa proprio di fronte ad un carro armato, che si mette a parlare al cellulare per organizzare un'uscita con gli amici e si muove in continuazione avanti e indietro con il cannone del carro che lo segue puntandolo in ogni minimo spostamento. Be', era divertente e metaforicamente perfetta, la vita che deve proseguire pur sotto la costante minaccia di morte. Molte altre le scene del genere, ironia e rappresentazione storica, tutte godibili, e ti ritrovi spesso a ridere. La signora col passeggino che passa in mezzo, tra i militari che sparano e i ragazzi che lanciano pietre, causando un "arimo" collettivo, è un altro momento irresistibile.

Se usciamo dall'ambito familiare e vediamo il complessivo, questo è appunto la sensazione che si prova, la necessaria condizione di chi nonostante tutto cerca di condurre un'esistenza dignitosa, non perde la voglia di sorridere, di apprezzare anche le piccole banalità quotidiane, senza dimenticare quanto avviene. A noi occidentali sobillati di immagini di arabi fanatici e violenti (indecente l'informazione che giunge da noi) può solo fare bene.

Davvero da vedere a mio parere, una piacevolissima visione.
Nonostante il mercoledì a prezzo ridotto nel cinema eravamo proprio in pochi, duole dirlo.

venerdì 30 luglio 2010

Green Snake

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2 demoni serpente si sono addestrati per centinaia d'anni a vivere come umani e piombano in un piccolo villaggio dove domina un monaco buddista con grandi poteri. Si trasformano in donne di bellezza irresistibile, vanno a vivere in una casa da fiaba. Il monaco, un budda, le scopre ma decide che sono spiriti tutto sommato buoni, le lascia vivere.
Una di loro, la più allenata (all'altra basta un niente per tornare nelle sembianze di serpente), vuole una storia d'amore con un umano ed alla fine, nonostante molti tentativi di smascherarla da parte di una specie d'esorcista, riesce a sposare un allievo del monaco e questa cosa al monaco risulterà molto indigesta anche perché così l'allievo rinuncia alla vocazione.

Prendete con le pinze il mio tentativo di definire in poche righe una trama stracolma di fiabe, leggende, storie antiche religiose e non, lotte in pieno stile wuxia. Siamo di fronte ad un film con una ricchezza di stile e storia che fa strabuzzare gli occhi, un montaggio velocissimo e a ritmo di musiche ed effetti sonori spettacolari, un succedersi di eventi incalzante.

Sono l'ultimo che può parlare di un fantasy, non è proprio il mio genere. Questo però lo definirei come un fantasy per adulti. Sesso (molto velato), sensualità conturbante, per buona parte del film, con le 2 protagoniste, ribadisco, di bellezza abbagliante, già dovrebbero bastare, ma non è solo questo, c'è di più e se all'inizio ho proseguito solo per la curiosità di vedere un tripudio di immagini, suoni e colori da mille e una notte (metto sotto qualche frame per rendere l'idea), poi anche la storia s'è rivelata affatto semplice o superficiale.

Il fatto che 2 demoni abbiano come ambizione quella di provare i sentimenti e quindi le sofferenze degli uomini ha già un significato. Vedere che questo "innalzamento" al livello degli umani si manifesta anzitutto con il piangere è commovente. Curioso poi come l'apprendimento per diventare essere umani abbia comportato lo sviluppare abilità come la menzogna, il sotterfugio, la dialettica ingannatrice. Altro personaggio particolare il monaco, che pur nei suoi grandi poteri mostrerà tutte le contraddizioni di un'interpretazione del buddismo fatta di rinunce, di negazione dei desideri terreni e proprio una dei serpenti lo smaschererà.

Decisamente un grande spettacolo, in tutti i sensi, m'è piaciuto moltissimo!

giovedì 29 luglio 2010

Stop Making Sense

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1 concerto in un teatro dei Talking Heads e 1 film. Autore certamente il regista, bravo nell'orchestrare cameramen, riprese che variano a ritmo e si spostano da dettagli, grandangoli, innumerevoli punti di vista del palco e dei suoi protagonisti, bravissimi, gente brava contenta di quello che fa e di come lo fa, tutto molto ben fatto. Ma l'autore, e grande "attore" protagonista di scena, è soprattutto l'istrionico e geniale David Byrne, musicista innovativo insieme al suo gruppo, artista poliedrico, ha ideato e curato insieme a Demme la regia e a Jordan Cronenweth la fotografia (colui che la curò anche in Blade Runner, tanto per dire).

Considerato il modo in cui è stato girato, praticamente in tempo reale, sottende un lavoro preparatorio davvero notevolissimo. La musica poi, per i miei gusti, è entusiasmante! Non sono un esperto, ma è un pop-rock estremamente originale, che non rifiuta alcuna contaminazione, dall'afro all'elettronica senza confini, ottenendo comunque uno stile che alla fine risulta inconfondibile, con la voce di gola di Byrne, puro talento, nessuna impostazione eppure... sembra il cantante della porta accanto, ma provateci a ripeterle le sue canzoni con le sue tonalità, scoprirete che non è per niente semplice.

Inizio con Byrne che entra, palco vuoto, accende un mangiacassette per la base e suona la bellissima Psyco Killer in una particolare versione unplugged con l'acustica. Bella, ma ci resto un po' male, adoro il basso dei Talking, poi entra la dolce Tina Weymouth, e solo chitarra e basso comincia Heaven, uno dei pezzi che preferisco. Quando il palco si completerà saranno in molti, con altri musicisti extra-gruppo a supporto, e sarà, pezzo dopo pezzo, un crescendo di ritmo e danza. Il pubblico irresistibilmente (giovani, adulti e pure bambini!) comincerà da metà concerto a ballare, fino al finale quando un paio di cameramen cominceranno a girare tra di loro.

Bellissimo, bellissimo e ancora bellissimo!

Ennesimo, e non ultimo, ringraziamento al caro amico brazzz, da tempo nominato "minatore" della musica, che me lo ha consigliato.

mercoledì 28 luglio 2010

Yip Man 2: Chung si chuen kei - Ip Man 2

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Sequel obbligatorio, da fare per completare la storia, e da vedere per chi ha apprezzato lo splendido primo film biografico, "La leggenda di Ip Man", dedicato al più grande maestro di arti marziali cinesi del XX secolo.

Ora siamo ad Hong Kong, dove Yip s'è trasferito dopo la guerra. Vive di stenti in attesa che decolli la scuola di Kung Fu che ha deciso di aprire. All'inizio quindi problemi economici, poi quando cominciano a farsi avanti altri maestri della zona, in particolare Hong che li coordina e gestisce insieme ad un altro cinese mediatore i delicati rapporti coi rappresentanti del governo inglese. Yip riuscirà a risolverli, non certo senza dover combattere, e troverà il rispetto del maestro rivale. Finale poi molto alla "europea", per come è girato, quando Yip incontrerà in un combattimento particolare un campione di boxe occidentale.

Diciamolo subito: questo film non raggiunge le vette del primo in termini cinematografici, c'era da aspettarselo forse. Sarebbe da giudicare in 2 parti: la prima, dove ci sono solo le lotte per sopravvivere nella miseria e per farsi rispettare dagli altri maestri è più che ottima, mentre la seconda, proprio per lo stile appunto occidentale (alcuni dicono addirittura che ricorda rocky, ma mi pare eccessivo) è meno intrigante.

Nella prima parte però, grazie a due grandi interpreti del Kung Fu, Donnie Yen che si ripete nell'interpretare Yip e Sammo Hung Kam-Bo nella parte del maestro Hong, si assiste a delle gran cose in termini di combattimenti. In particolare uno dove i 2 si sfidano sopra un tavolo è di una spettacolarità meravigliosa, me lo sono riguardato più volte, peccato non disporre del ralenty, una lezione di forza ed autocontrollo, che è poi l'essenza di quest'arte ed il motivo per cui pur non praticandola l'apprezzo, soprattutto come praticata da Yip ed esposta nei film che lo stanno giustamente onorando.

Solo all'ultima scena compare un bambino, il suo famoso discepolo, Bruce Lee, che nei titoli finali tra foto varie viene raccontato. Tutto lascia pensare, e sperare, in un terzo episodio, quando Yip appunto addestrerà il suo grande successore.

martedì 27 luglio 2010

Greenberg

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Roger Greenberg è un 40enne single newyorkese appena uscito da un ricovero per esaurimento nervoso. Va per un periodo a vivere nella magnifica villa del fratello a Los Angeles (il fratello è partito con tutta la famiglia per una vacanza-lavoro), è la zona dove ha vissuto fino a prima di andarsene, rincontrerà amici e conoscenti (soprattutto quelli della vecchia band musicale di cui era leader), ma anche vecchi amori con cui prova a reimbastire qualcosa e Florence, la giovanissima assistente-colf del fratello con la quale avrà una contorta relazione.

Storie di persone di mezza età, in bilico tra un passato colmo di rimpianti, che soffre di incompiutezza, ed un futuro che preoccupa, si ha in testa il bisogno, la paura di restare soli. "Too old to rock 'n' roll, too young to die" titolavano un loro famoso pezzo i Jethro Tull, e non so il testo ma il titolo calza a pennello a questo film. Greenberg è in un malessere costante, vuole ma non riesce ad apprezzare nulla, caduto in un nichilismo non completamente passivo, tenta continuamente reazioni che però cascano in un "nulla ha senso". Non ha torto, le situazioni che vive a L.A personalmente non le giudicherei diversamente da come fa lui, che aggiunge una buona dose di cattiveria spontanea quando parla agli altri. E' attorniato da gente che solo apparentemente è "sana", in realtà c'è una collettiva finzione di benessere, solo che col suo comportamento si auto-isola, diventa bizzaro, anche comico.

L'ho guardato senza nemmeno informarmi, ho visto protagonista Ben Stiller, uno che mi fa ridere solo a vederlo, e invece è un film con sì, qualche battuta, anche divertente a tratti, ma fondamentalmente drammatico, parla di disagi esistenziali e lo fa in modo carino, ambientato e prodotto in america ma con dialoghi e tempi molto europei, non un capolavoro ma ben fatto, e il mio Ben Stiller ha ritirato fuori dal cassetto l'attore impostato da scuola di recitazione, un'ottima interpretazione.

Bello, m'è piaciuto. Forse il vederlo in lingua originale coi sottotitoli aiuta molto, in italia ancora non è uscito né al momento se ne prevede la data per quanto ne so. Salvo inventarsi doppiaggi fantasiosi, non mi pare sia il Ben Stiller che i distributori italiani s'aspettano, quello (mitico!) di Zoolander è lontanissimo.


lunedì 26 luglio 2010

Kanzen naru shiiku: akai satsui - Perfect Education 6: red murder

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Film che appartiene alla serie "Perfect Education", cosiddetto genere pink che per i giapponesi è come il soft-core per gli occidentali, nudo e sessualità dentro trame nelle quali non manca una certa dose di perversione. Wakamatsu ha prodotto l'ultimo episodio commercializzato, sono film che da noi arrivano solo nel mercato home. A quanto ho letto il numero 7, appena uscito in Giappone nei cinema, è in 3D.

Certo non è il suo capolavoro, si capisce perfettamente che questi film devono sottostare ad un capitolato, chiamiamolo così, essenziale a contraddistinguere la serie: tot minuti di sesso, tot di nudo, ecc... . E il bravo Wakamatsu non si tira certo indietro, per uno che ha fatto cose come Embrione queste sono davvero barzellette.

Un gigolò inguaiato con debiti di gioco viene circuito dalla moglie di un uomo facoltoso per commettere un omicidio, proprio ai danni dello stesso. Un paese di montagna, lontano da Tokyo. Accetta, ma viene visto da una testimone, parte la caccia all'uomo e si rifugia dopo essersi infortunato in un edificio, dove trova una strana ragazza, molto giovane. Scoprirà che vive schiava, segregata da un pazzo pervertito dalla tenera età (ricorda fatti di cronaca abbastanza recenti)... e ne deve succedere ancora di roba.

Nonostante alcune lungaggini, come sulle scene di sesso, in 100 min avvengono un sacco di fatti e colpi di scena, carnefici che diventano vittime e tornano carnefici. Diversi i temi: pronti via come inizia la parte nera ci si comincia a chiedere (parole dei protagonisti) se uccidere un uomo sia un fatto così grave. Poi la parte centrale del film, in casa del pazzo, un ritratto di follia, decisamente inquietante ma anche tenero, la ragazza combattuta fra la schiavitù subita (fisica e sessuale, psicologica, non conosce altro modo di vivere che quello, ama il suo tiranno) e i nuovi sentimenti che scopre, grazie all'inatteso ospite, di possedere. Ci sono persino ben 2 finali, uno di stampo gangsteristico ed un altro legato al destino della ragazza.

Insomma, film semplice ma coinvolgente, certamente da definire convenzionale se rapportato al resto della produzione sbalorditiva di questo regista.
Come ho detto ad amici, io di Wakamatsu guarderei qualsiasi cosa, e se uno ne è fan come me non se lo deve perdere.

domenica 25 luglio 2010

Synecdoche, New York

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Caden, un regista teatrale in crisi con la moglie Adele, che lo lascia e parte per Berlino con una donna amante e la figlia ancora piccola poco dopo la prima di una rappresentazione. Sbandamento, sconforto, depressione. Un'amante che ora può frequentare senza patemi, Hazel, un amore che non riesce a consumare, la depressione lo rende impotente. La psichiatra che lo ha in cura non si capisce se lo cura, se vuole vendergli libri o portarlo a letto.

In un enorme capannone a New York imbastisce uno spettacolo che altro non è che la rappresentazione della sua vita. Sarà la sua auto-analisi, uno spettacolo di durata infinita. Gli attori cambiano, muoiono e se ne cercano di nuovi, la vita prosegue e quella teatrale segue quella reale sempre più da vicino nel tempo, fin quasi a sovrapporsi.

Da Wiki: "La sinèddoche (dal greco συνεκδοχή, «ricevere insieme») è una figura retorica che consiste nell'uso in senso figurato di una parola al posto di un'altra, mediante l'ampliamento o la restrizione del senso". Il film, dall'andamento estremamente complicato, è elegantemente colmo di questa forma espressiva. Alcune diventano chiare alla fine del film, hanno aspetto onirico e nella sequenza in cui appaiono sono di difficile collocazione temporale. Altre sono comportamentali, come il bisogno di pulire ansioso di Caden, evidente richiamo al voler mettere ordine, chiarezza nella propria vita. Altre ancora sono decisamente psicologiche e mi sfuggono ora, la più inquietante e misteriosa è la casa di Hazel sempre avvolta da fuoco e fiamme, già al momento in cui la donna l'acquista, un vero enigma che però affascina a prescindere. Davvero tantissime, il titolo calza a pennello e sicuramente ognuno, guardando il film, focalizzerà qualcosa di "suo", che gli è affine, che gli ricorda qualcosa.

Costante l'affannosa ricerca di una salute stabile, soprattutto nella prima parte, malattie psicosomatiche forse, la sensazione di essere sempre malato di qualcosa, ai denti, alle ossa, di Caden. Un'ipocondria che ha però riscontri oggettivi, sintomatologie bizzarre che si accompagnano a quelle banali come una carie, e in parte inspiegabili, con specialisti che lo rimandano ad altri specialisti. Una salute che peggiora coll'aumentare della depressione e lo scorrere degli anni.

Particolarissimo poi lo scorrere del tempo, altra caratteristica veramente d'eccezione! Non se ne ha quasi percezione diretta, sembra di vedere una sequenza di giorni consecutivi ed invece gli avvenimenti abbracciano un periodo di tempo molto lungo. E' Caden stesso ad averne una percezione distorta, pensa che la moglie l'ha lasciato da una settimana quando ormai è passato un anno, per fare un esempio.

A parziale interpretazione, dettata dal finale che mi ha illuminato, direi che c'è molto dell'interpretazione del momento immediatamente conseguente la morte. Le ormai famose esperienze dei "tornati in vita" che raccontano di aver visto la propria vita scorrergli davanti, ecc... . Ecco, è come se Caden questa esperienza la voglia realizzare in vita cosciente e di fatti la morte e le domande su di essa sono continuamente presenti, ripetute.

Un film che ho trovato, come detto, misterioso, enigmatico quanto realizzato con una trama, un montaggio ed un'attenzione ai dettagli di grandissimo livello. Nell'Olimpo perché è di una raffinatezza unica.

Consigliatissimo. Dovrò rivederlo fra un po', probabilmente occorrerà qualche aggiunta alla recensione, nella quale mi sono limitato alle poche, per il momento, "certezze".

sabato 24 luglio 2010

Katakurike no kofuku - The Happiness of the Katakuris

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Trama: una famiglia, dal nonno alla nipotina, mette su una pensioncina in un luogo di montagna sfigatissimo. Ne succedono di tutti i colori. Punto. Non c'ho voglia di dire altro oggi, preso da un attacco di pigrizia ma anche di sensazione di inutilità a delineare una trama che in realtà è quasi solo pretesto per un'esibizione di Cinema, splendida. Come se Miike volesse dirmi "avevi ancora dei dubbi che posso fare qualsiasi cosa? nulla mi è precluso, sappilo!".

Guardatelo e non ve ne pentirete. Oggi ho voglia di omaggiare questo strepitoso regista, poco conosciuto da noi se non tra amatori.

Se oggi mi chiedessero "secondo te, chi è il regista al mondo che più si diverte a fare Cinema?" risponderei senza esitare un attimo: Takashi Miike! Con l'esclamativo entusiasta. Dopo aver visto questo misto di musical - horror - commedia grottesca - satira - ecc..., bello e divertente, non ho più dubbi.

Miike, di cui consiglio la visione di ogni singolo film da me visto in passato e che vedrò in futuro (dico "da me" perché di quelli garantisco, non per altro), è un grandissimo film-maker, in inglese il termine è più appropriato, capacità tecniche immense, intelligenza ed ironia che in una parola si chiamano Cultura, nelle sue mani i film diventano intrattenimento e stimolazione emotiva.

Lo adoro. Ha fatto centinaia di film, e questo mi garantisce, tra lui ed altri, materiale per il mio hobby e quindi per il blog a sufficienza per anni! Ad oggi ho già 3 suoi film capolavoro nell'Olimpo, e viaggiano nelle sfere alte dello stesso: Big Bang Love, Juvenile A; Izo; Ichi the killer. Ma gli altri sono lì lì!

Con gli amici che condividono passioni musicali analoghe faccio spesso una battuta, per enfatizzare, dicendo: "caro amico, se non hai ascoltato questo o quell'autore/gruppo, di musica non sai ancora un cazzo!".
Ecco, per il Cinema di Miike vale la stessa affermazione.

venerdì 23 luglio 2010

Satantango

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Lo dico subito che è un film da Olimpo e chiudo qua con aggettivi ed iperboli, è un'opera molto atipica anche nel panorama del cosiddetto cinema d'autore, ed estrema sotto una serie di punti di vista che cercherò di sottolineare.

Anzitutto la durata. Circa 7 ore in bianco e nero, divisi in altrettanti dischi e non parliamo di uno sceneggiato, ma proprio di un film. Tutti piani sequenza, alcuni interminabili, interpretati a canovaccio, a rappresentazione di 12 parti che si rincorrono avanti e indietro nel tempo sul breve termine (da questo andamento deriverebbe il "tango" del titolo), come ripetizioni di scene precedenti da altri punti di vista più che dei veri e propri flashback.
Suoni in presa diretta, particolarmente amplificati i rumori come respiri o camminamenti. Musiche al confine tra la classica e la zigana, brani di fisarmonica ossessivi, un suono di fondo in molte scene che ha, come da titolo, del satanico. 4 anni di lavoro, dal 1991 al 94, nessuna scena costruita ad arte: la pioggia è proprio pioggia, ho solo qualche dubbio sul vento in qualche momento che sembra prodotto con un soffione per foglie, ma è un dubbio. Ricerca di assoluto realismo: una scena di festa e ballo piena d'ubriachi è stata girata con gli attori ubriachi (dichiarazione del regista).

Breve sinossi da Wiki: "La storia narra del collasso di una fattoria collettiva ai tempi della fine del comunismo in Ungheria. La maggior parte delle persone che vivono nella fattoria sono ansiose di andarsene via da quel posto che considerano disastrato e miserabile e sperano in un futuro migliore grazie al denaro che riceveranno dalla chiusura della comunità. Ma ecco che il carismatico Irimias, che sparì due anni prima dalla comunità e che ormai tutti davano per morto, sta per tornare. La voce del suo ritorno rapidamente arriva al villaggio e il film si concentra sull'impatto e le conseguenze che il ritorno di Irimias ha sugli abitanti della fattoria che si troveranno a far fronte non solo alle astuzie di Irimias ma anche a quelle messe in atto gli uni contro gli altri.".

Dovrei riscrivere molte delle considerazioni fatte poco tempo fa per Kinetta, altro film "per tutti e per nessuno". Anche questo film mi ha profondamente impressionato, per motivi tecnico-narrativi diversi in parte già descritti, ma sempre, come per il capolavoro di Lanthimos, perché ha creato un'esperienza la sua visione. Mi concentro su un aspetto preciso di quest'opera.

La bellezza dell'estenuante
Così, tanto per dare un titolo alle righe che seguono.
Con camera spesso fissa, altre volte con movimenti comunque lenti, al limite dell'impercettibile, le scene riprese sono di totale completezza, non saprei come meglio dire. Situazioni che in qualsiasi altro film potrebbero durare anche solo pochi secondi, giusto il tempo di dirti "guarda, è successo questo" qui durano esattamente la durata che hanno in una vita normalmente vissuta, anche se qua parlare di vite "normali" è un po' difficile.
Quindi estenuante, una visione che all'inizio crea un vero e proprio sconcerto, sai quanto dura e ti chiedi se è il caso di continuare. Poi rimani fisso a cogliere ogni più piccola variazione di quanto avviene tra un frame e l'altro, come un gioco enigmistico in particolare nelle riprese fisse. Lentamente mi sono accorto che era come se vivessi una sorta di seconda vita, in personaggi e luoghi a me così lontani e sconosciuti. Gli occhi mi si sono aperti inseguendo dei tizi che camminano in un viale, tra pioggia e vento, sentendone i passi.
Quindi la bellezza che è insita nella vita, delle persone, anche le più strane, e di ciò che le circonda, quando ne puoi cogliere ogni impercettibile dettaglio. Una variazione di umore, solo da pochi movimenti e variazioni nel respirare. In una piazza inquadrata in ampiezza, uno dei pochi momenti di paesaggio urbano, una mandria di cavalli senza governo invade lentamente ogni spazio, per scoprire che erano fuggiti dal vicino macello eppure oltre quella piazza non riuscivano ad andare, bisogno di restare uniti pur ormai sapendo cosa li aspetta, minuti e minuti di una metafora che non scema, anche dopo che l'hai intuita ne senti sempre l'intensificarsi.

Credo sia un film per Cinefili, uso il maiuscolo perché anche fisicamente è un impegno importante. Io che sono un "cinefilo per caso" me lo sono imposto e passate le prime 2 ore è letteralmente volato via. Secondo me è alla portata di chiunque, non bisogna spaventarsi, solo non si può essere spettatori passivi, questo no.

Consigliatissimo a chi ama il Minimalismo, e sono tra questi, amatore incolto ed ignorante, uso la definizione spesso in modo improprio per ogni forma artistica o architettonica dove la quantità è ai minimi termini mentre l'attenzione al dettaglio ed all'armonia ai massimi. Mi piace tantissimo nella musica, il guru del genere è il mio amatissimo Wim Mertens, più volte citato in questo blog lo uso come esempio, una musica che non può essere consumata mentre si fa altro eppure spesso composta da pochissime note, bellissima e geniale.

Concludo ringraziando di cuore gli amici brazzz e eraserhead che mi hanno fatto conoscere questo grande regista, di cui guarderò certamente altro.

giovedì 22 luglio 2010

Fimeiru - Female

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Si tratta di 2 ore divise in 5 film corti, per altrettanti registi-autori di gran nome nel panorama giapponese (chiamarli episodi sarebbe troppo riduttivo), intervallati da qualche balletto/videoclip musicale, questi ultimi forse se li potevano anche risparmiare, lasciando magari solo il primo (bellissimo!) in apertura che introduce con efficacia l'argomento del film, se vogliamo: donne e femminilità, storie di amore ed erotismo soprattutto, più un po' di condizione sociale ma senza eccessi.

PEACHES di Tetsuo Shinohara
Una giovane donna torna al paese in occasione d'un funerale. Sarà un ricordare la vita adolescenziale, quando 14enne amoreggiava con un suo professore. Le pesche furono il frutto ed il simbolo di quella passione, mai sopita. Sensualissimo e poetico, con la bravissima attrice Kyoko Hasegawa d'una bellezza che ogni uomo etero sano di mente non può non osannare.

DRIVE UNTIL YOU SEE THE SUN di Ryuichi Hiroki
Quasi una commedia. Un'accompagnatrice di uomini (noi le chiamiamo escort) sale su un taxi guidato da una donna e un'altra donna già a bordo, la più giovane della triade che si viene a formare, armata di un coltello per rapinare entrambe. Una notte in giro fino a giungere al mare, quando saranno ormai amiche e confidenti, con le loro rispettive pene d'amore e difficoltà di vita anzitutto economiche. Curioso spaccato sociale, la complicità femminile ha il sopravvento, non rapini chi sta peggio di te. Divertente.

LICKING NIGHTS di Suzuki Matsuo
Per me il capolavoro dei 5. Un'operaia si lascia abusare dal capo reparto per ottenere ferie. Durante una vacanza viene in possesso di un fornelletto per bruciare essenze dagli strani poteri: se ci bruci un capello della persona amata la sognerai. Al ritorno vivrà la storia d'amore desiderata, con un impiegato della contabilità, a casa sua e nel suo letto, da sola, col fornelletto accesso e sonniferi mentre dorme farà sogni erotici palpabili che confonderà con la realtà. Durante gli amplessi qualcuno bussa sempre alla porta, ed alla fine l'apriranno. Fantastiche le riprese, esibizione di tecnica non fine a sé stessa, con un'ambientazione sempre in bilico tra il reale e l'onirico ed un finale straziante.

HEELS OF THE MUSE di Miwa Nishikawa
Un bambino s'innamora della mamma di una sua amica compagna di scuola (come biasimarlo? una dea!) e la signora se ne accorge presto, non facendo nulla per dissuaderlo. Nessuna scena erotica, solo sguardi intensi, ripresa di dettagli, quelle piccole movenze e posture che bastano a creare attrattiva, stimolare immaginazione. Episodio molto "latino", che gioca sui ralenty e sui particolari, coraggioso nell'illustrare la sessualità che nasce a quell'età e come quel desiderio sia ugualmente appagante per una donna che desidera essere desiderata. Bellissimo, secondo in classifica.

JEWEL BEETLE di Shinya Tsukamoto
Non nego che è stata anzitutto la presenza di questo regista a stimolarmi la visione, ho visto quasi tutti i suoi film. Un uomo ricco ed anziano vive in campagna con una donna sì matura ma molto più giovane di lui, che ne è innamoratissima, vive quasi segregata. Una sera l'uomo porta a casa un giovane collaboratore col chiaro intento di concedergli la donna e durante un temporale quando il vecchio s'addormenta il suo intento si concretizza. Non una trama da urlo, ma la regia è al solito fenomenale e ne viene fuori qualcosa di erotico, horror e fantastico-nero molto particolare.

Per concludere: nel complesso non è un capolavoro però sicuramente per chi ama il cinema asiatico e il loro particolare taglio di racconti, enormemente più emancipato e fantasioso di quello occidentale, che non finirà mai di stupirmi, è un film più che godibile, con l'episodio diretto da Suzuki Matsuo (regista da approfondire) che è un gioiello di rara bellezza.

P.S.:
non è importantissimo, ma mi sento in dovere di dire che tra balletti ed episodi c'è una carrellata di esemplari umani di sesso femminile da triplo sturbo carpiato, una roba che mi si sono cappottate le pupille! capolavori del dna.
non saprei dire riguardo agli esemplari maschili, ma se tanto mi dà tanto... aspetto il giudizio di chi li può apprezzare.

mercoledì 21 luglio 2010

Panther

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Cito le poche righe di Wiki: "Panther è un film del 1995 diretto da Mario Van Peebles, scritto dal padre Melvin Van Peebles, riguardante la storia delle Pantere Nere. Vinse il Pardo d'argento al Festival di Locarno nel 1995. In Italia non è stato mai distribuito nelle sale cinematografiche. Il Centro Sociale Leoncavallo lo ha sottotitolato in italiano e distribuito nel circuito alternativo.

Il film narra la storia del movimento rivoluzionario afroamericano delle Pantere Nere, dal 1966 al 1968. Dall'incontro tra Huey P. Newton e Bobby Seale alla scorta operata nei confronti di Betty Shabazz (la vedova di Malcolm X), fino ai tentativi da parte della CIA e dell'F.B.I. di smembrare il movimento, portando la droga nei ghetti afroamericani.
"

Per conoscere invece cos'è stata la storia delle Pantere Nere, cliccare QUA. Inutile che mi metto a raccontare fatti storici per i quali ogni sintesi sarebbe riduttiva, mi limito a qualche riflessione cinefila e personale. Questa più che una recensione è una segnalazione, un'informativa su un film che ha avuto scarsissima eco da noi.

Anzitutto ora è disponibile doppiato in lingua italiana, in ogni caso faccio il mio più grande ringraziamento al Leoncavallo, sempre sia lodato il loro centro sociale che qualche volta ho pure frequentato (molti ma molti anni fa, quand'era appunto in via Leoncavallo a Milano, qua il sito ufficiale). Questo film, la storia che ritrae, sembra un loro manifesto, anche i "leoncavallini" combattono la droga come sistema di narcosi-sociale, per dirne una.

Film fatto bene, storico, con chiaro intento propagandistico ed omaggio finale a tutti i morti del partito delle Pantere Nere. Io sono contento che sia stato fatto così, per pareggiare tutte le palle raccontate dai media ufficiali a riguardo.

E' da quando sono bambino che subisco il fascino della foto che ritrae Tommie Smith e John Carlos sul podio alle Olimpiadi in Messico del 1968, che salutano col pugno chiuso nel guanto nero, simbolo e gesto delle Pantere, l'esecuzione dell'inno americano sul podio, un gesto che ha fatto storia, persino un monumento con quell'immagine è stato costruito. Inutile quasi dire che i 2 atleti non sono più apparsi nelle competizioni, loro sapevano bene che quel gesto gli sarebbe costato questo: gente con le palle, merce rara, rispetto infinito da parte mia.

Faccio sforzo di autocontrollo per evitare di vomitare tutto quello che penso degli stati uniti da sempre, non del popolo americano ma del potere che lo ha rappresentato. E' un distinguo che ho imparato a fare recentemente, soprattutto da quando in italia, in questi tempi bui, c'è della gente a governare che invece meriterebbe ampiamente di vedere il sole a scacchi.

Non sapevo che proprio durante il periodo delle Pantere a capo della California c'era quella peste bubbonica per l'umanità a nome ronald reagan, certe volte il caso la fa bella. Si comportò da par suo e di quegli assassini delinquenti che l'hanno seguito tra i conservatori alla guida del paese. Per non parlare di quelli che l'hanno preceduto. Disprezzo infinito a loro, per quanto mi riguarda.
Basta va, che se no mi esce il fiele.

Film bello ed interessante, visione obbligatoria.
Destrorsi, o razzisti, o filo-americani acritici: per voi è inguardabile.

martedì 20 luglio 2010

Sansho Dayu - Legend of Bailiff Sansho

2
Siamo nel Giappone feudale del primo medioevo. Il governatore di una piccola provincia rifiuta di obbedire agli ordini governativi di aumentare le tasse sui contadini, già ridotti alla fame da un periodo di grave carestia, ed a causa di questo rifiuto viene esiliato. Prima di partire saluterà,

lunedì 19 luglio 2010

Il villaggio dei dannati

23
Non una interpretazione ex-novo del romanzo di John Wyndham, ma dichiaratamente, nei titoli di testa, remake del superclassico ed omonimo film di Wolf Rilla. Leggete per un attimo la recensione che ho linkato, la trama è fondamentalmente la stessa, mi limito a sottolineare alcune differenze:

- La parte che racconta il black-out ha minore enfasi e durata che nel primo. un vero peccato dal mio punto di vista, è un momento di particolare mistero del film, quando ancora tutto è nebuloso e, se non si sa nulla, si forma una tensione che prosegue fino alla fine.

- L'ambientazione è più moderna, e qua ci sono aspetti scientifici interessanti, che Carpenter sottolinea. I famosi bambini paiono provenire più da ricerche genetiche terrestri che da altri pianeti, forse con qualche sottile metafora politica, ma non mi ci sbilancio

Per il resto, insomma, è proprio un remake in piena regola. Il fascino del film di Rilla resta unico, ma questo film, effettivamente molto poco apprezzato dalla critica, non è inguardabile come si dice. Curiosità: è stata l'ultima interpretazione "in piedi" di Christopher Reeve, il famoso superman, prima di diventare paralizzato a causa di una caduta da cavallo, e morto nel 2004.

Consigliato? Non saprei, il film di Rilla è un must, questo no, o forse solo per gli estimatori di Carpenter.

domenica 18 luglio 2010

Imprint - Sulle tracce del terrore

16
Un americano si reca su un'isola bordello in Giappone alla ricerca di una donna amata tempo addietro alla quale aveva promesso sarebbe tornata a prenderla con sé. Scoprirà che è stata venduta come schiava per la prostituzione. L'isola si rivelerà effettivamente la sua ultima dimora, dopo tante ricerche, purtroppo però è un luogo non proprio amichevole ed ospitale, ed il cadavere che vedono dalla barca prima di approdare lo fa pensare.
Tutto, in verità successive, sarà raccontato all'americano da una "strana" prostituta dal viso deforme, diverse versioni della storia a più riprese, fino ad un finale demoniaco che richiama nascita e morte nel modo più agghiacciante.

E' l'ultimo episodio della nota serie "Masters of horror", prima edizione, ed è stato realizzato da uno dei miei registi culto. Provai a guardarlo poco tempo fa, quando ancora la mia "pratica" sul genere era agli inizi e non riuscii a finirlo nonostante la brevità (dura circa 1 ora). Le scene di tortura, pur nella splendida eleganza coreografica, sono davvero dure.

Gli episodi erano vincolati nel costo e nella location: 1,8 mln di dollari e Vancouver. Per il resto ognuno faceva come gli pareva. L'episodio di Miike non venne trasmesso; nonostante la scelta di massima libertà venne ritenuto improponibile dalla tv via cavo che aveva sponsorizzato il progetto. Si guardi la locandina per avere un'idea.

Miike è un mostro in senso assoluto, anche quando fa cose mostruose. Non si smentisce: dagli le regole che ti pare e lui farà qualcosa di assolutamente unico, non ha eguali. Sono contento di aver retto le scene più cruente, decisamente gore non sono roba per tutti, ci vuole gran stomaco. Provai tempo fa a vederlo ma lo dovetti interrompere, ero ancora troppo impressionabile, ora invece dopo buon allenamento ce l'ho fatta.

Film sconsigliatissimo a chi mal tollera il genere. Vera perla invece, una lezione di Cinema, per chi lo apprezza.
Per me è stato un godimento totale, per l'horror ma anche per la fantasia del racconto "Bokkee Kyoutee" della scrittrice Shimako Iwai che partecipa al film anche come attrice. Come solo in oriente sanno fare, mischiare storie drammatiche, horror, fascino mistico, è qualcosa che al termine ti ha smosso ogni sentimento, rimani con un turbamento generale e non semplicemente scosso per il terrore provato.

Imperdibile!

sabato 17 luglio 2010

Dead Man

11
Western di frontiera, un paese sciroccato abitato da sciroccati dove il binario muore, Machine, una fabbrica con baracche e fango intorno, arriva un giovane, William Blake, con una lettera d'assunzione in mano come contabile per la fabbrica, che viene disattesa. Ed eccolo, senza soldi né casa, in un postaccio ostile. Trova casualmente l'affetto d'una ragazza, mentre sono a letto torna il suo ex che uccide la ragazza e lui, mai sparato prima, uccide l'ex.
Inizia la fuga. L'ex è un figlio del proprietario della fabbrica, che assolda 3 bounty killer assurdi, e non gli basta, mette anche una taglia, altra gente alle calcagna, cacciatori di opossum, sceriffi. Sarà Nessuno, nome proprio di un curioso indiano molto ferrato sulla cultura anglosassone, il suo compagno di fuga.

Jarmusch si cimenta anche col western e tira fuori dal cilindro un film che omaggia sia i predecessori del genere che, questa è proprio bella!, un grande poeta ed artista inglese dell'800, William Blake appunto, e gli dà il nome al protagonista. In un posto dove i peggiori esemplari di inglesi sono immigrati, è proprio l'indiano ad essere il più istruito, parla citando il poeta ed è una cosa che fa sorridere, come molti episodi anche esilaranti di cui il film è ricco, ma pure pensare, perché che Nessuno citasse il poeta l'ho scoperto indagando sul film, mentre durante la visione pensi ad un indiano un po' bizzarro che cita detti e proverbi indigeni. Non sono le religioni ad essere universali, ma la saggezza degli uomini intelligenti e capaci di arte e cultura, mi vien da dire.

A parte ciò, il film ha un ritmo lento e costante che all'inizio è fin esasperante, poi è proprio la costanza, l'ambiente dove è la vita umana ad apparire come rarefatta sempre sul ciglio d'un precipizio, a far percepire la metrica, come in una poesia seppure grottesca, ironica, ma sensibile e profonda. Occorre vederlo con attenzione e calma per capirlo. La musica di Neil Young, composta appositamente e cadenzata sulle scene come facevano i pianisti del muto, quella chitarra languida però elettrica che pigia il distorsore sulle corone, è parte essenziale del film.

E' uno di quei casi dove dico "mi piace" e che provo la sensazione di non essere andato a fondo nel senso complessivo del film. Dovrò rivederlo.

Consigliatissimo.

venerdì 16 luglio 2010

Shen nu - The Goddess

4
Se c'è al mondo una forma di violenza che accomuna culture e paesi è quella degli uomini nei confronti delle donne, antica come la notte dei tempi. Sfruttate in famiglia, nel lavoro, quello delle madri è un mestiere che non conosce riposo.

Se c'è al mondo una forma di pregiudizio vergognosa che accomuna culture e paesi è quella nei confronti delle donne che si prostituiscono. Desiderate e pagate dagli uomini, biasimate da tutti compreso le altre donne, emarginate, persino condannate dalla legge, quasi sempre scritta da uomini, che poco si cura ancora oggi di difenderle, di affondare nelle ragioni della loro professione che dubito pratichino volentieri.

Se esiste Amore nell'Universo non si chiama dio, altro personaggio inventato dagli uomini. La vera Dea è terrena, si chiama Madre, il resto è distante, non può raggiungere certe vette, gli sono carnalmente precluse.

Se esiste Amore nell'Universo e lo si vuole capire, comprendere, toccare con mano bisogna ammirare in silenzio, contemplare, quello che una Madre è capace di fare per il proprio figlio, a cominciare dal parto che è con dolore non per una punizione inventata da uomini crudeli, bensì perché quella sofferenza è il primo atto d'Amore che non potrebbe essere facile, sangue e dolore che decretano in un grido e in un pianto un Amore eterno, la sola cosa mistica che la specie umana dovrebbe studiare, e studiare e poi ancora.

Se esiste Gioia nell'Universo è quella di una madre che vede il figlio felice. Se esiste il Sacrificio è quello di una Madre che di fronte ai bisogni del figlio non antepone nulla. Se esiste Eroismo è quello di una Madre che all'occorrenza scompare dalla vita del figlio se comprende che questo possa aiutarlo.

Se c'è un film che illustra la violenza e l'Amore in questi termini è questo Capolavoro Dei Capolavori, film muto del quale fortunatamente s'è salvata una copia che è stata restaurata con eccellenza. Le musiche dell'attuale produzione, solo pianoforte che segue gli eventi come nei cinema dei tempi, composte ed eseguite da Kevin Purrone, sono di bellezza assoluta, più che godibili anche senza il film.

L'interpretazione di Ruan Ling-yu è da inchino degli Dei dell'Olimpo in assemblea plenaria!
Attrice morta suicida giovanissima a 24 anni, un anno dopo la produzione del film che la consacrò definitivamente. Lavorava come attrice dall'età di 16. Tra le cause che la spinsero al gesto, i molti pettegolezzi sulla sua vita privata pubblicati dai tabloid che la perseguitavano, e una difficile relazione. Al suo funerale il seguito era lungo 3 miglia, fu un dramma nazionale in Cina, 3 donne si suicidarono durante la processione.

giovedì 15 luglio 2010

Natural Born Killers

18
La storia dei coniugi Knox: Mickey, interpretato dal sempre bravissimo Woody Harrelson, e Mallory, la "solita" Juliette Lewis perfetta in ruoli da schizzata. Lui è il garzone d'un macellaio, padre ucciso violentemente che era ancora piccolo non è chiaro da chi. Lei la figlia di un cliente della macelleria, molestata dal padre con la madre che assiste passivamente.

Un incontro casuale, amore folgorante, miscela di violenza esplosiva a cui mancava solo la scintilla. Fanno secchi padre e madre di Mallory e cominciano una vita criminale, fatta di furti per vivere ma nella quale uccidere è la vera passione. Nulla a che vedere con "Bonnie and Clyde" quindi, qua l'omicidio costante, la violenza, è lo scopo.

Sceneggiatura scritta da Tarantino ma poi stravolta da Stone e collaboratori a quanto ho letto. Tarantino sarebbe rimasto sul pulp probabilmente, Stone invece va giù pesantissimo sul rapporto tra violenza e mass media al punto che Tarantino si dissocia (per motivi artistici) e la stampa e i critici da essa prezzolati s'incazzano (per motivi vari). Per una volta avrei preferito la tarantinata, da Stone film di svago puro non ce li si può attendere e io invece ne avevo proprio voglia, almeno quella era l'aspettativa iniziale. Però mi sono visto un film diretto e forte, non solo sui due folli protagonisti, ma su un mondo che è folle.

Bella, perlomeno curiosa ed originale, la modalità espositiva che non rinuncia a nulla, dai cartoni animati a riprese con molteplici tecnologie, la prima parte è una continua metafora, a ritmi vertiginosi, di violenza della coppia e di violenza nel mondo sempre morbosamente rappresentata dal mezzo televisivo. Fantastica addirittura una sit-com divertentissima dove invece la storia rappresentata è drammatica, si rimane esterrefatti. Dopo l'arresto dei 2, e l'inizio dell'intervista di Mickey trasmessa in diretta da un giornalista cinico e guardata da milioni di persone non da meno del giornalista, il film diventa esplicito nel messaggio e le parole del pluriomicida si trasformano in un atto d'accusa a tutti.
Da meditare.

Un Oliver Stone che non mi sarei mai aspettato, decisamente da vedere.
Juliette Lewis, non me ne vogliano i suoi estimatori, come attrice è un po' sopravvalutata a mio parere. Anche se non nego che ci sa fare, una Uma Thurman dei tempi in quel ruolo m'avrebbe fatto sballare molto di più e chi se ne frega se non canta. Woody Harrelson invece, quando diretto come qua, è veramente un grande.

mercoledì 14 luglio 2010

Ugetsu monogatari - I racconti della luna pallida d'agosto

6
Un altro film meraviglioso di Mizoguchi, ai vertici dell'Olimpo. Secondo Orso d'Argento consecutivo dopo O-Haru, altro capolavoro.

Ambientato alla fine del XVI sec., in un Giappone feudale martoriato da guerre intestine, fazioni in lotta. 2 famiglie in un villaggio remoto: Genjuro, con la moglie Miyagi e un figlio, è un vasaio; l'altra è composta dal cognato Tobei e la moglie Ohama. Genjuro oltre ad essere bravo nel suo lavoro ha spirito commerciale e dopo un primo successo diventa ambizioso. Il cognato invece è fissato che vuole diventare un famoso samurai. Dovranno fuggire dopo una scorribanda di soldati, attraverseranno un lago nebbioso, Genjuro per paura dei pirati lascerà al villaggio la moglie ed il figlio. All'arrivo sull'altra sponda sia Genjuro che Tobei realizzeranno i loro sogni, ma purtroppo le infauste preoccupazioni di Miyagi e Ohama troveranno conferma.

Ancora una volta le donne, vittime di un mondo che sfoga su di loro violenza e frustrazione, emergono protagoniste. Entrambe le mogli subiranno gli effetti dell'ambizione dei rispettivi mariti, in particolare Miyagi che saprà parlare a Genjuro, quando tornerà, in modo molto particolare.

E' una storia di formazione se vogliamo, poetica all'inverosimile, ricca di angeli come di demoni, simbolicamente. Costumi e scenografie impressionanti mentre per la fotografia in bianco e nero non ho nemmeno aggettivi da spendere, chissà cosa avrebbe fatto coi mezzi di oggi. Contrariamente a quello che si può pensare, è anche un film di grande dinamismo, sia di montaggio che di trama vera e propria, il numero di eventi a cui si assiste in soli 90' è notevole.

Una storia entusiasmante e coinvolgente, con richiami etici a leggende e mitologie, momenti di reale sogno ad occhi aperti, dei protagonisti ma anche di chi guarda il film, ed uno spaccato storico di un tempo in cui il Giappone era dilaniato da continue lotte di potere tra i feudi, violentissimo, e molto povero (terribili le scene di disperata ricerca di cibo).

Imperdibile, Cinema allo stato puro, un viaggio nel tempo e nella fantasia.

martedì 13 luglio 2010

The Horseman

15
Lo dico subito: non bisogna confonderlo con "The  horsemen" di Jonas Akerlund.

Un uomo è alla caccia dei partecipanti al filmino porno, di quelli home-made, al termine del quale la figlia, vittima di turno, è stata trovata morta. Esito dell'autopsia: droga, alcool, ecc... . Ma lui ha motivo di credere, e ne avrà le prove, che le cose non sono semplicemente così e la storia puzza parecchio, da subito, di snuff-film.

Un uomo normale, fisicamente e moralmente, diventa spietato, sanguinario, non dà scampo. Da ogni vittima le informazioni per la prossima e non si lasciano testimoni. Attori non da grido ma regia di spessore per il genere, una rivelazione. Le scene di violenza sono da batticuore e crescono per sangue ed intensità sino alla fine. Intermezzi in stile noir. La musica, la fotografia, il colore sempre tinto di scuro, pure.

Storia realista di un mondo sommerso, anche le vittime sono tutte borghesi e apparentemente rispettabili. Tranne l'ultimo, quello che invece di fuggire andrà alla ricerca del padre vendicatore. Non mancano spunti interessanti su paternità, amore padre-figlia. Film completo insomma.

C'è di tutto, ma la parte migliore sono le scene di lotta, combattimento, torture, si respira la ferocia infinita di quest'uomo che non ha più nulla da perdere, soprattutto nei primi piani del carnefice che è vittima trasformata dalla perdita della sola gioia della sua vita.

Anche per gli amanti dell'horror c'è di che trarre soddisfazione.
Tosto, duro, più che meritevole della visione.

lunedì 12 luglio 2010

Nanking! Nanking! - City of Life and Death

7
Non mi metto certo a riscrivere la storia, ben descritta sinteticamente su Wiki, del Massacro di Nanchino. Riporto qualche breve brano per rendere idea: "... Durante l'occupazione di Nanchino l'esercito nipponico commise numerose atrocità, come stupri, saccheggi, incendi e l'uccisione di prigionieri di guerra e civili.

Nonostante le uccisioni fossero iniziate con la giustificazione di eliminare soldati cinesi travestiti da civili, si ritiene che un gran numero di innocenti siano stati intenzionalmente identificati come combattenti nemici e giustiziati man mano che il massacro cominciava a prendere forma. Venne ucciso anche un gran numero di donne e bambini e gli stupri e gli omicidi divennero in breve la norma. ..." e riguardo al numero di vittime "... Un certo numero di ricercatori giapponesi ritiene valida una stima approssimativa che va da 100.000 a 200.000 vittime. Nelle altre nazioni generalmente si crede che il conto delle vittime vari tra 150.000 e 300.000. La cifra di 300.000 è stata proposta per la prima volta nel gennaio 1938 da Harold Timperley, un giornalista che si trovava in Cina al momento dell'invasione, e che si basava sui racconti di testimoni oculari dell'epoca. Anche altre fonti, tra cui Lo stupro di Nanchino di Iris Chang giungono alla stessa conclusione. Nel dicembre 2007, alcuni documenti del Governo federale degli Stati Uniti resi pubblici, che fino ad allora erano stati segreto di stato, hanno consentito di aumentare la triste conta a 500.000 considerando anche quanto successo nei dintorni della città prima della sua cattura." . Consiglio in ogni caso una lettura del link.

Argomento controverso, ma solo per i soliti revisionisti che non mancano mai. Uno dei delitti di guerra più efferati di sempre, con l'Olocausto e le bombe di Hiroshima e Nagasaki. Violenze gratuite inaudite, quelle verso le donne hanno talmente impressionato che molti chiamano l'episodio "Stupro di Nanchino". Sempre da wiki: "Il Tribunale Militare Internazionale per l'Estremo Oriente ha stabilito che vennero stuprate 20.000 donne tra le quali anche bambine e anziane.
Gli stupri durante il giorno spesso avvenivano in pubblico, talvolta di fronte ai mariti o a componenti della famiglia, che venivano immobilizzati e costretti a guardare. Un gran numero di tali atti furono frutto di un'organizzazione sistematica, con i soldati che cercavano le ragazze di casa in casa, catturandole e sottoponendole a stupri di gruppo. Le donne venivano spesso uccise subito dopo lo stupro, spesso infliggendo loro mutilazioni, come la recisione dei seni, o trafiggendole con canne di bambù, baionette, coltelli da macellaio o altri oggetti. Secondo alcune fonti varie donne furono avviate alla prostituzione nei bordelli militari giapponesi, mentre secondo altri le truppe giapponesi costrinsero intere famiglie a compiere atti incestuosi, obbligando figli a stuprare le proprie madri e i padri a stuprare le figlie...
" . Incommentabile.

Ma veniamo al film, fino ad ora ho fatto quasi un semplice copia-incolla.
Be', quasi tutto quello che avete letto sopra e nel link indicato è rappresentato, per cui se certe scene non riuscite a digerirle è meglio che non lo guardate. Altre scene, pur rappresentando come tutto il film fatti realmente accaduti, sono state tagliate per "eccessiva brutalità" (peccato davvero, come sempre non c'è film horror che supera la realtà), come le mutilazioni e le decapitazioni operate dai militari dotati di katana. Nonostante questa "cortesia", più verso le vittime che verso gli indemoniati nipponici invasori, il film in giappone non ha trovato distribuzione ufficiale.

E' stupendamente girato in bianco e nero, alcuni attori forniscono interpretazioni di grandissimo livello, i paesaggi glabri della Nanchino rasa al suolo hanno aspetto infernale, ci sono scene da kolossal soprattutto all'inizio durante i massacri con un numero impressionante di comparse. Ribadisco: ogni brutalità viene rappresentata, dal mio punto di vista ci si è anche voluti contenere.
Giudizio da cinefilo freddo? Alcuni momenti il film indugia su situazioni di scarso interesse, mosso più da volontà apologetica che storica. Questo rallenta e sminuisce un po' la trama, altrimenti sarebbe stato un film da super Olimpo, di forza devastante come la prima mezzora ed altri momenti lungo le oltre 2 ore, ma si è voluto fare qualcosa visibile da tutti, un Neo quindi comprensibile e giustificabile.

Io però non sono un cinefilo freddo, guardo il Cinema per divertirmi e quando possibile imparare qualcosa. L'ho visto in piena notte, contavo di guardarne un pezzo e rinviare il resto al giorno successivo. Non è stato possibile, sono rimasto incollato al video senza soluzione di continuità, un film grandioso ed imperdibile.
Se mai uscirà una versione uncut me lo riguarderò ben volentieri.

domenica 11 luglio 2010

Ghost in the Shell

8
Tratto dall'omonimo manga di Masamune Shirow.

Trama intricatissima e complessa, mi risparmio di scriverla, se volete leggetevela QUA su wiki e capirete subito perché non mi ci cimento.

Noir fanta-politico-scientifico, e pure filosofico, voglio sprecare gli aggettivi, sicuramente cyberpunk. Protagonisti dei cyborg che anticipano di qualche anno quello che nel 1999 si vedrà nel famoso Matrix, praticamente non esiste più un solo essere vivente che non abbia addosso un qualcosa di informatico. Si va da chi ha semplicemente dei potenziamenti di memoria a robot androgini completi, infinite le possibili sfumature.

Da informatico qual sono e fui e appassionato (molto alla buona) di filosofie orientali, non ho potuto evitare il fascino di questo film, a prescindere dalla qualità o meno di disegni e regia che non so giudicare e per i quali mi limito a dire: belli ed efficaci (tenere presente che è di 15 anni fa).

Un pianeta interamente interconnesso, ogni luogo e persona un terminale visibile e collegabile. L'intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante, i cyborg stessi, quelli più artificiali, si pongono domande esistenziali, che poi sono le domande che ci dobbiamo porre noi: come è definibile la vita. L'informatica la digitalizza, spacchettizza in enne funzioni, poi la domanda cruciale diventa sempre più difficile. Io non so rispondere personalmente, queste domande mettono in crisi tutta la mia fede nel materialismo empirico, è dai tempi che leggevo le saghe di Asimov che mi ci arrovello.

Un cartoon per adulti, ha ragione la copertina del fumetto, adulti. Un film da guardare ma soprattutto da ascoltare con grandissima attenzione, diversi i dialoghi e monologhi pregni, persino ad immagine fissa per non distrarre.

Presto su questo blog il sequel. C'è anche, mi dicono, un'ottima serie in corti, ma personalmente, per attitudine, mi concentrerò sui film.

sabato 10 luglio 2010

Lian ai zhong de Bao Bei - Baober in love

1
Una regista donna trasforma una giovane donna con un'infanzia problematica nel sogno di un giovane uomo che vive nella moderna Pechino.

Lui ha un matrimonio ricco ma infelice e passa da un'avventura amorosa all'altra. Per uno sfizio fa le sue confessioni davanti ad una videocamera ma un ladro gli fa perdere la cassetta che finisce in mano a Bao Bei, la quale

venerdì 9 luglio 2010

Cadillac Records

19
A Chicago nei primi anni '50 nasce la Chess Records. Il fondatore, Leonard Chess, figlio d'immigrati polacchi, non solo ama la musica nera, quello che ora chiamiamo Blues o Soul e varianti varie, in un paese dove la segregazione è ancora una dura realtà, ma intuisce che può essere un grande business. Prima stella un contadino strappato alle campagne del Mississipi, Muddy Waters, voce e chitarrista notevole, che diventerà quasi un suo braccio destro, poi a seguire il grande armonicista Little Walter che non vivrà a lungo, il duro e puro Howlin' Wolf che non accetta mai compromessi, il geniale Chuck Berry vero inventore del Rock 'n Roll incarcerato all'apice del successo per motivi in realtà esclusivamente razziali, proprio mentre il suo emulo bianco, tale elvis, sfondava sulle sue ceneri al limite del plagio.

Una storia vera, anzi tante storie vere, interessantissime, la nascita della musica moderna, che deve tutto alla musica nera. Un film meritevole, fatto bene, che dà a quei grandi artisti quello che è loro. Sono storie anche di rivalsa, quegli uomini compreso Chess avevano alle spalle, chi più chi meno, vite difficili fatte di povertà e per i neri anche di emarginazione razziale. Ambiziosi, vogliosi di successo, di dimostrare qualcosa, appassionati delle Cadillac, auto simbolo per eccellenza, il film non risparmia nulla, nemmeno le loro rivalità, la corruzione dei conduttori delle radio, episodi gravi di razzismo. Straordinarie tante scene, come quelle dei concerti di Chuck Berry quando il pubblico era transennato per dividere neri e bianchi e che poi la musica, con la sua travolgente influenza, portava a sfondare quei confini.

Bello, molto, per chi ama quel genere di musica obbligatorio. A me ha interessato tantissimo dal punto di vista storico, sul genere musicale personalmente mi piace a periodi, con questa visione me ne son fatto più che volentieri una bella abbuffata e sono a posto per un bel pezzo.

giovedì 8 luglio 2010

La strada verso casa

6
Film parallelo a "Non uno di meno", ancora una storia di scuola, stavolta immersa alla fine degli anni '50, ispirata da un romanzo.

Un giovane torna al paese nella Cina contadina, il padre è appena morto (siamo alla fine del XX sec.) e la madre, anziana e legatissima al marito, esige a tutti i costi per lui un funerale secondo antica tradizione, come si celebrava in onore di grandi uomini: portato in spalla lungo tutta la strada. Difficile realizzarlo, il paese è abitato per lo più da anziani, ma lei è irremovibile. Per capirne il perché, tra i ricordi del figlio e della donna, ci verrà illustrata la vita dei genitori del giovane, a partire dall'arrivo del padre al paese.

Il padre era un insegnante che volontariamente si trasferì in quel luogo remoto per insegnare. La madre s'innamorò immediatamente di lui, ogni pretesto per avvicinarlo era suo, alla fine si sposarono. Lei per quarant'anni passò sempre vicino alla scuola, solo sentire la voce di lui la inebriava. Tutta la vita così. Il marito divenne una persona molto amata, con una grande dedizione all'insegnamento.
Una storia semplicissima, dolce, con immagini e musica splendide, tutto sommato abbastanza convenzionale, certamente molto commovente. Fin esplicita la volontà di dare enfasi alla bellezza del passato, ritratto a colori, rispetto al presente, in bianco e nero, che tende a dimenticare i valori umani importanti.

Mi ha particolarmente colpito come la scuola dei bambini fosse un edificio d'importanza centrale nel villaggio, un luogo amato e rispettato da tutti, della massima importanza. La scuola era la loro chiesa: primo imparare a leggere, secondo imparare a scrivere, terzo imparare i conti, quarto rispettare sé stessi per rispettare gli altri, quinto conoscere il passato, sesto.... forse ho sbagliato qualcosa, così a memoria, ma per rendere l'idea di come insegnava quell'uomo. Molta parte dell'insegnamento aveva stampo educativo ed avveniva quasi cantando, coi bambini che ripetevano ad alta voce. Ah, che bello, mi sembrava di sognare ad occhi aperti, pensavo: "se fosse così ancora oggi e anche da noi, con le città ed i quartieri anzitutto preoccupati dei propri figli, della loro istruzione, portando allegria nell'istruzione, considerando gli insegnanti come persone di centrale importanza".
Solo un sogno, purtroppo ultimamente i politici, gelmini in testa, pare non sanno cosa inventarsi per mandare definitivamente in malora la scuola pubblica, meglio che mi fermo qua su questo discorso.

Un film molto dolce, carino e piacevole. Decisamente da vedere.

Vorrei dedicare questa recensione alla mia cara amica Monica alias Grace, insegnante in italia con passione.

mercoledì 7 luglio 2010

9 Songs

9
Film tutto musica e sesso, breve e intenso. E una volta tanto, sesso vero e senza veli, solo il preservativo.

Una coppia di giovani a Londra, raccontata come memorie da lui che ora lavora come geologo in Antartide. Lui inglese, lei americana. Un rapporto d'amore intenso, soprattutto sessualmente, la passione condivisa per la musica, ma non c'è altro, nonostante tutto nessuna ipotesi di una vita insieme se non per quel breve periodo, prima che lei torni al suo paese.

9 canzoni in altrettanti concerti, quasi tutte pop-rock ma non sono un esperto e svicolo l'argomento, belle e non dico altro, e tra una canzone e l'altra la loro vita di coppia, pochi dialoghi, molta pulsione sessuale. Un film vero ed esplicito quanto il sesso che viene esposto: chi a 20-21 anni non viveva così? Qualche sfortunato forse, o con altri interessi, personalmente ho sognato ad occhi aperti, ringiovanito di oltre 20anni, che momenti meravigliosi della mia vita, e che bello vederli riprodotti per filo e per segno. Storia vera e come tale mostrata.

L'amore, il sesso, non è pornografia. Film v.m.18, d'altro canto cosa tagliavano? Già dura 65 min, più della metà del tempo a letto a darci che ci do, diventava un corto per altro insignificante. M'è piaciuto molto, per motivi già detti.

La recensione sarebbe anche finita, ora passo in Modalità Predicatore Rap de noartri, scusate ma i film li guardo per questo, emozionarmi, divertirmi e quando si può farci su qualche riflessione.

Non condivido certe osservazioni lette qua e là, e non mi riferisco certo a quelle bacchettone, e quindi stupide in quanto tali. Nemmeno se le avesse dette Winterbottom in persona le condividerei, perché un film una volta che è fatto è fatto, diventa di tutti, e io, di per mio, decido che valore dargli.
Mi riferisco a quelle "voci" che vogliono questo film come rappresentazione di un sesso fine a sé stesso, senza sbocchi, vite aride alla sola ricerca del piacere. Be', a parte il fatto che i 2 giovani si amano, e si desiderano tantissimo come conseguenza, a questa opinione rispondo con un caustico Vaffanculo, è un'altra forma di bacchettonismo intellettuale intollerabile. Ma dico io!, a 20anni, giovani, belli, pieni di vita ed energia, cogli ormoni a palla, ma che cazzo si deve fare se non approfittare a più non posso di gioie che non saranno più ripetibili? Sono anni che vanno colti, ed anche se acerbi quei frutti sono i più gustosi della vita. Ma sì, si fanno qualche canna, tirano un po' di coca, e allora? "Ah ma insomma, e l'amore, dove lo mettiamo, il progetto di una famiglia, dei figli, bla bla bla..." ma non rompiamo il cazzo ai giovani porcaccia la miseria!, devono pompare sangue, hanno l'argento vivo addosso, che invidia! beati loro, altro che storie. Ci sono 2 categorie d'invidiosi: quelli che criticano e che nei casi limite vogliono persino vietare agli altri quello che loro non sono in grado di fare; quelli che sgranano gli occhi e sono contenti per chi può. Appartengo senza meno alla seconda categoria.

Non ci credo personalmente, ma se un dio esiste allora hanno sbagliato a dargli un nome, non occorreva coniarne uno nuovo, ce n'è già diversi di sinonimi: arte, musica, e tutto quanto dà gioia di vivere e senso alla vita, ultimo ma non ultimo il sesso.

Cari amici giovani, e anche meno giovani per chi può, in verità vi dico: scopate, scopate, e quando avanza del tempo scopate ancora che è la cosa più bella del mondo! Imperativo categorico. E fatelo con fantasia, studiatevi i corpi, assaporatene ogni odore e sapore, è bellissimo! Quando sarete vecchi puzzerete pure a lavarvi ogni mezzora, la pelle prolasserà e mostrerà crepe, gli ormoni latiteranno, i peli incresperanno, vista e udito e sensi assortiti s'indeboliranno, e via imbruttendo; non ci sarà possibilità alcuna a quel punto di recuperare il tempo perduto.

Chi vuol essere lieto sia, del doman non v'è certezza, tranne la caducità della vecchiaia, quella col tempo è garantita a tutti.

Robydixit.

martedì 6 luglio 2010

Okasareta Hakui - Violated Angels

7
Uscito un anno dopo Embrione che ho visto di recente e considerato da molti uno dei capolavori del grandissimo regista. Non potevo credere si potesse fare qualcosa di ancora più scioccante, eppure è così, ho dovuto attendere un attimo prima di scrivere questa recensione, necessario riprendersi.

In soli 54 minuti tutta la provocazione sulla misoginia, della quale ho scritto nell'altra recensione, qua assurgono a vetta eccelsa. Il film è davvero spaventoso, lo dico anche come preavviso. Nonostante la violenza esplicita sia solo intravista, e il gore si limiti allo spargimento di sangue, quella percepita è terribile.

Non capisco perché in giro ho letto "... un uomo irrompe in un dormitorio per infermiere e le uccide una a una..." più o meno. L'uomo, ossessionato dal sesso come si evince dalla sequenza di foto iniziale, non irrompe, bensì viene invitato ad entrare da 4 delle 6 infermiere residenti, mentre, senza apparente ragione, si muove intorno al dormitorio. E' importante il distinguo. Lo invitano a guardare di nascosto le altre 2 che fanno sesso nella loro stanza. Perché lo invitano? Non so, fatto sta che poi, stavolta sì, sovraeccitato dalle saffiche evoluzioni, irrompe nella stanza e uccide con la pistola una delle 2 ragazze, ed inizia il terrore.

Le ragazze non sanno cosa fare, una cerca la fuga, un'altra gli si concede con nefaste conseguenze. Si rendono conto che sono in una trappola con un pazzo. Lui ha allucinazioni, i pianti delle ragazze diventano ululati, dei sorrisi diventano risate stregonesche. Una commette l'errore di dirgli che loro in quanto infermiere sono angeli, e lui la prende alla lettera. Una sola, alla fine, rimarrà con lui, circondata dai cadaveri delle altre ed avranno un dialogo grottesco. Scene finali con immagini di repertorio, altri richiami alla violenza, quella diffusa: sconcertante.

Se c'è qualcuno che pensa che il cinema di Haneke sia il più disturbante che esista, dopo questo si deve ricredere.
Sul film, da Olimpo, ho detto pure troppo.
Un gioiello, da vedere.

lunedì 5 luglio 2010

McCabe & Mrs. Miller - I compari

14
Un west di frontiera non desertico. Montagne. Neve.
Un villaggio abitato per lo più da minatori vede arrivare McCabe, forse un ex pistolero, estroverso e sicuramente ambizioso, sfrutta il timore riverente che produce ed instaura attività ludico-bordelliche. L'arrivo della Miller di cui s'innamorerà, esperta del settore bordelli e fumatrice d'oppio, porterà poi ad un salto di qualità che si trasfonderà più in generale al villaggio.


McCabe, ormai padrone di tutto o quasi, miniera a parte, sarà contattato da una grossa compagnia mineraria che in cambio di un bel po' di dollari chiede che gli vengano cedute tutte le sue proprietà. Ai molteplici rifiuti seguiranno offerte di ben altro tipo, favorite anche da invidiosi del quartierino.

domenica 4 luglio 2010

Tai yang zhao chang sheng qi - The sun also rises

13
4 trame nella Cina a cavallo del 1950, fiabesche eppure calate nel contesto sociale coevo, le prime 2 ben distanti e definite, poi nella terza si prosegue la prima trama con un personaggio della seconda e nella quarta le 2 donne, che con amore, passione e pazzia hanno pesantemente inciso nelle prime due, si ritroveranno insieme e chiuderanno un cerchio che nella terza aveva solo in parte chiarito altri personaggi.

Festaiolo e parossistico finale alla zigana con parziale soluzione del rebus.
La rappresentazione filmica dei sogni di Wen Jiang, come lo stesso regista ha dichiarato a Venezia.

Alzo bandiera bianca. Posso raccontare qualche momento, niente di più. Un film di assoluto genio e fantasia, mi viene in mente per paragone, per qualità di immagini, un altro capolavoro visto di recente, The Fall. Questo però ha un ritmo vertiginoso, un lavoro di montaggio certosino a cui inchinarsi. Con rari momenti di calma nell'occhio del ciclone, è un turbinio di eventi, ogni istante qualcosa ti rapisce, la bellezza immensa della fotografia, dei paesaggi, delle interpretazioni degli attori, le storie raccontate che a metà tra il reale ed il fantastico ti assorbono nel cercare un senso al tutto, che ogni tanto trovi ma appena ti illudi di trovare una linearità vieni ulteriormente spiazzato. Non c'è una linea retta che sia una!

Sono in crisi perché devo mettere in discussione Mulholland Drive come mio film preferito del XXI sec. Non è solo una questione di classifica: in entrambi i casi si tratta di sogni. Se nel film di Lynch la dimensione onirica ha connotati drammatici ed anche in parte horror, qua li ha, come detto e ripeto, fiabeschi e gioiosi pur non difettando di episodi duri e tristi. I sogni sono una sequenza di episodi dettati dall'inconscio ed inseriscono, anche quando in storie apparentemente narrabili, una serie di fatti e situazioni inspiegabili, sono affioramenti a volte metaforici altre più diretti di memorie che abbiamo accumulato vivendo, volenti o nolenti, che non rispettano necessariamente una sequenza di causa-effetto, spesso ridondano in una casualità ingovernata.
Le scarpette a forma di pesce svaniscono su alberi da scalare, un film in un cinema all'aperto scatena sensualità tra gli spettatori, in un solo viaggio le montagne glabre si presentano sia sabbiose che ricoperte di neve. Le immagini le vedo dirette, riflesse in specchi di vetro e d'acqua, le costruisco nella mente coi rumori che sento fuori scena. Se ne dovrebbero dire tante, ne scelgo una, una scena dove la bellissima e bravissima Joan Chen, che interpreta una dottoressa oserei dire ninfomane, confessa ad un uomo perseguitato dalla folla che lo è a causa del suo amore, è lei la causa di ciò, ed è un apogeo di Cinema: il suo amore puro e sensualissimo, ogni frame vibra, ritrae volti a pezzi, pance, mani, labbra, poi occhi, la sua voce passionale è un concerto: sei lì. Memorabile.

Provo la spiacevole sensazione di non aver reso onore a questo film, non me ne sento all'altezza francamente, alzo ancora una volta bandiera bianca. Potevo scrivere solo: un film di sensazione e felicità riprodotta magnificamente. Non so come spiegarlo, raccontarlo senza rovinarne la visione, e però ce l'ho in mente come un'esperienza vissuta su un altro pianeta.

Capolavoro da vedere e rivedere.

sabato 3 luglio 2010

Le premier jour du reste de ta vie

4
La storia di una famiglia francese, bella casa, una coppia affiatata, 3 figli che vediamo crescere dall'adolescenza all'età adulta, il nonno paterno vedovo che però vive per conto suo. Diversi episodi scaglionati nel corso di diversi anni intervallati, protagonisti sempre gli stessi, gli anni passano ovviamente. In ogni episodio uno di loro è il particolare protagonista, un titolo didascalico introduce l'argomento.
Solite cose, tipo il figlio maggiore che soffre di incomunicabilità col padre il quale ne soffriva a suo tempo col nonno, la figlia alle prese col primo amore e con diverse delle situazioni che capitano appunto alle ragazze, l'altro figlio con un amore mai risolto ed un certo nichilismo. Poi le storie dei genitori, anche per loro il tempo passa!

Per una volta vorrei limitarmi a dire che il film è proprio bello! Non grazioso, o carino, o brillante, tutti aggettivi che ben calzano, in fondo è una commedia coi normali momenti drammatici che la vita di ogni famiglia può avere. E' bello! E' fatto bene, non è mai patetico o banale, non punta allo strappalacrime né alle battute pecorecce, non cerca fatti di dimensione epocale, è tutto così normale, semplice. Molto belle tutte le musiche scelte per accompagnare i vari momenti, c'è proprio di tutto, con una splendida "Perfect Day" di Lou Reed nel finale, anch'esso semplice ed anch'esso molto ben fatto.

Un film per tutti, sembra il solito filmetto di primo acchito ed invece non lo è. Se poi qualcuno ha una vita personale più o meno rapportabile, com'è il mio caso per diversi aspetti, allora si assaporano tante situazioni, fra le righe, che lo connotano come film originale ed inusuale.

Negli episodi dei ragazzi mi sono rivisto quand'ero ragazzo, ma ora, da genitore di 3 figli anche se non ancora così grandi, mi ha molto colpito l'attenzione rivolta alle figure dei genitori. Incredibile ma vero, anche i genitori crescono e come i figli devono imparare sempre qualcosa! E' la prima volta che vedo questa realtà così ben esplicitata. Io l'ho imparata diventandolo, genitore. Un giorno, un paio d'anni fa, ho ringraziato i miei, ancora vivi fortunatamente, per tutto quello che hanno fatto e sopportato per crescermi, e non se lo aspettavano, ma sentivo di doverglielo dire, avevo appena realizzato il casino in cui mi trovavo coi miei di figli. Altro cosa incredibile: il padre ha un ruolo importante quanto la madre! E qua, se vogliamo, andiamo a toccare un tasto delicato, rischio d'infilarmi in una querelle antica quanto la psicopedagogia, ma tant'è, io la penso così, forse opportunisticamente ma così.
La madre è uno splendido esemplare di mamma casalinga modello latino-apprensiva, senza eccessi manifesti salvo rare occasioni, opera nell'ombra ma ha un chiodo fisso in testa: i figli. Mi amano? si drogano? che fanno? che progetti hanno? E via paranoiando, ma è intelligente, si controlla abbastanza bene salvo violare la privacy dei ragazzi con la coscienza di chi è nel giusto. Fantastica Zabou Breitman, la sua interpretazione è stata quella che ho preferito anche se mi sono piaciuti proprio tutti.
Il padre, tassista, modello sembra-mi-faccio-i-cazzi-miei-ma-non-è-vero, non resisto alla tentazione di dire che mi somiglia tantissimo nei comportamenti, almeno per come io mi vedo. Mai una lamentela sul suo lavoro che pure è duro, sempre al servizio di tutti in casa, un muro del pianto che non si nega mai, discreto, ingenuo, allegro, accanito fumatore, e mi fermo per non elencare tutto. E' stato illuminante per me, nel bene e nel male.

Una recensione questa che, oltre ad essere come sempre soggettiva è anche emotiva. Un film che mi ha fatto ridere, commuovere e molto riflettere.
Decisamente da vedere. In italia non è uscito nei cinema, però è facilmente reperibile coi sottotitoli.