venerdì 4 giugno 2010

A Single Man

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Una giornata, quella definitiva, di George, un professore di letteratura, piuttosto benestante, al quale è morto il compagno, con cui viveva felicemente da 16 anni, in un tragico incidente stradale. Opera prima di Tom Ford (adattamento anche di suo pugno dell'omonimo romanzo) devo dire molto apprezzabile, che prima di cimentarsi come regista era (ed è) uno stilista, che ha lavorato in passato a lungo per Gucci.

Una vita che fatica a ritrovare un senso, tutti gli agi possibili perdono significato. Un concetto semplice però espresso con naturalezza ed anche schiettezza, le vere sensazioni  che si provano dopo una perdita di questo genere, la disperazione priva di scampo, vengono mostrate ed espresse senza troppi giri di parole.

Il senso estetico del regista emerge in una evidente grande attenzione alla fotografia, ai dettagli del periodo (California, anni '60) ottimamente rappresentato. Abbigliamento ed arredamenti dell'alta borghesia sono splendidi, così come le musiche. La grande sostanza è però tutta nella mente di George, che ripercorre a flashback la vita trascorsa col compagno ormai morto. Lo scorrere di una una sola giornata è sufficiente ad offrire molte opportunità di uscita, di fuga da quella condizione di tormentata malinconia e solitudine, che lui vede chiaramente, individua, apprezza persino, ma non coglie o forse non vuole cogliere. Schiavo d'un passato irripetibile che non vuole cancellare o sovrapporre con nuove esperienze, ogni occasione è un deja-vu amaro.

Non un capolavoro ma decisamente godibile. Punti di forza l'estetica già citata e una costanza di ritmo, serafico ma incessante, privo di vuoti e sempre sul pezzo senza deviazioni inutili, che sottende una grande cura di regia e montaggio. Regista indubbiamente raffinato Tom Ford, a tratti mi ha ricordato Greenaway.

Guardandolo in lingua originale coi sottotitoli, cosa che consiglio caldamente come sempre, si apprezzano maggiormente le interpretazioni ed il testo, che si legge come un libro. Diversi i momenti da incorniciare, ma in particolare la lezione che tiene al college ispirato dalla lettura proposta agli studenti di un libro di Aldus Huxley, lo voglio salvare qui:
"I nazisti sbagliavano a odiare gli ebrei, ma il loro odio non era senza ragione. Solo non era una ragione reale. Era immaginaria. La ragione era la paura.
Lasciamo da parte gli ebrei per un momento. Pensiamo a un'altra minoranza che possa passare inosservata. Esistono minoranze di ogni sorta, i biondi per esempio, o le persone con le lentiggini. Ma una minoranza è riconosciuta tale solo quando costituisce una minaccia per la maggioranza. Minaccia reale o immaginaria. Ed è lì che si annida la paura. Se questa minoranza in qualche modo è invisibile allora la paura è maggiore. La paura è la ragione per cui le minoranze vengono perseguitate. Quindi c'è sempre una ragione: la ragione è la paura.
Le minoranze non sono che persone, persone come noi.
"

12 commenti:

  1. Mi attrae anche il film, ma voglio prima leggere il romanzo di Isherwood, incredibilmente introvabile qui in vatikalia.
    Bello il discorso sulla paura: non per niente la cosa che origina le violenze di certe scimmie inferiori si chiama omoFOBIA.
    A proposito: in Francia (come sempre vicinissima e come sempre distante anni luce) impazza uno spot (incredibilmente veicolato dal "diavolo" McDonald's) che col bello slogan VENEZ COMME VOUS ETES (che ricorda un po' il COME AS YOU ARE dei Nirvana) mostra un liceale gay (o bisex) che vive serenamente la sua storia con un compagno di classe, e accetta con un sorriso di condiscendenza le banalità etero della conversazione del padre. Aldo Grasso ne parla sul Corriere, e alla fine se ne viene fuori fresco fresco a dire "non sappiamo se lo spot verrà programmato anche in italia".
    Vogliamo scommettere che in Lobotom-Italy non lo vedremo?

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  2. fai bene a leggere prima il romanzo, io avrei dovuto aspettare troppo tempo al mio ritmo di letture per poi vedere il film ;-)
    escludo che quello spot possa arrivare da noi...
    hai notato che non ho minimamente parlato di omosessualità o argomenti affini? chiaro che l'argomento c'è, ma sono stanco di dire "film su..." "film che parla di..." come se fosse una cosa su cui soffermarsi, atipicità da sottolineare. un film parla d'amore, sofferenza, o che so io, indipendentemente dalla sessualità dei protagonisti. uno dice "tizio ha un fidanzato" e l'altro dice "ah ma allora è gay!", embé? è chiaro che lo è, c'è bisogno di stupirsi? il fatto che è gay lo rende diverso in tutto il resto dei comportamenti umani agli altri, in meglio o in peggio?
    caro Nicola, non credo faremo in tempo nella nostra vita a vedere in italia una tale evoluzione culturale diffusa...

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  3. Hai ragione, robydick: le etichettine hanno rotto. L'altro giorno a Milano due ragazzi che si tenevano per mano (così poetico che fa pure rima) sono stati insultati e malmenati da scimmie violente inferiori. C'è bisogno di mettere l'etichettina sessuale alle due vittime? Direi proprio di no. Semmai l'etichetta appiccichiamola alle scimmie inferiori violente (S.I.V.?), dopo averle impacchettate, messe in galera e buttato via la chiave.

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  4. voglio vedere questo film per diversi motivi :)

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  5. reginetta, facci sapere però poi eh! ;-)

    Nicola, sottoscrivo tutto. Aggiungo episodio personale: alla stazione di Lodi, 2 settimane fa, due ragazzine su una panchina, banchina affollata di pendolari, che si baciavano come solo gl'innamorati persi fanno, felici, allegre, era un piacere vederle. be', intorno loro una specie di vuoto, gente inorridita s'allontanava ma mai troppo perché non rinunciavano a guardare di sottecchi, soprattutto i maschi sempre safficamente morbosi. erano splendide, le ammiravo con invidia, talmente innamorate da non vedere l'orrore che le circondava.

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  6. il grande merito del film, così come quello della tua rece, è secondo me proprio il parlare di amore e vita in senso universale senza limitarsi alla tematica omosessuale, cosa che invece difetta a molte altre pellicole che trattano un argomento simile. e poi è registicamente e stilisticamente davvero notevole

    *zio
    sono certo anch'io che in italia quello spot non lo daranno, chesennò i preti poi non ci vanno più a mangiare, al mac

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  7. Concordo con la tua recensione. L'innato senso estetico di Ford non è mai fine a se stesso, dall'eleganza raffinata della fotografia e della musica, alla sceneggiatura semplice ed essenziale, alla regia/montaggio impeccabili.
    Non ho trovato furbizie nel film, al contrario di certa critica, ma lo ritengo comunque un po' sopravvalutato. La storia, pur non particolarmente originale, viene raccontata in modo così naturale, intimo e sofferto da farmi pensare che, oltre il romanzo di Isherwood, potesse contenere riferimenti a situazioni personalmente vissute. Quel che mi ha proprio deluso invece è la conclusione, ma ovvio che è solo un mio parere. Probabilmente anche il libro, che non ho letto, finisce così. Insomma, non un capolavoro, ma rimane un'eccellente opera prima e speriamo che ne arrivi una seconda, date le premesse.
    Il tuo riferimento a Greenaway mi spiazza un po' perché il suo (pur immenso!) senso estetico mi pare diversamente orientato, ma sai che con lui non ho un grande feeling...

    Su storie di pregiudizi e minoranze, ora mi viene in mente un grande film che è "Far from heaven" (con Julianne Moore) di quello strano, controverso e talentuoso regista che è Todd Haynes. Non so se lo conosci, di film ne ha fatti pochi, ma penso tu abbia sentito parlare di Velvet Goldmine.

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  8. non conosco nulla di Todd Haynes, mi documenterò.
    sul giudizio quindi concordiamo abbastanza.
    Greenaway è solo in qualche sprazzo dove l'estetica diventa corpo ed oggetto della storia. in particolare la scena di quando George balla a casa della sua vecchia amica, o il dialogo fatto più di sguardi ed immagini che di parole allo store dove incontra il ragazzo spagnolo. ma così, vagamente.

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  9. da wiki:
    "Lontano dal paradiso (Far from Heaven) è un film del 2002 scritto e diretto da Todd Haynes, nel quale vengono trattati diversi temi: la diversità, l'esser gay in una società omofobica; l'integrazione razziale nell'America degli anni Cinquanta; la figura della donna, capace di evolversi, capace di affrontare da sola le difficoltà della vita."
    Ti consiglio proprio di documentarti su Haynes.

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  10. tom ford. di isherwood ho letto quasi tutto.consiglio incontro al fiume. io ho i suoi libri, in qualche scatolone, nelle bellissime edizioni guanda. il film non l'ho visto proprio perchè apprezzai il libro, letto venti anni fa(eccellente traduzione del poeta dario villa). un po' come non riesco a vedere lolita perchè il libro di nabokov è di una bellezza inarrivabile. per quanto riguarda far from heaven, l'ho trovato banalotto, stucchevole nella scelte cromatiche forzatamente fifties.

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  11. Premessa: dove c'è Colin Firth (soprattutto in Pride and Prejudice, versione BBC, non confondiamo con quella uscita al cinema...e le varie Bridget Jones) ci sono io! ahahahah magari. Questo film è bello, proprio perchè è lento, è melodrammatico...e lui il professore sembra incarnare tutto il pathos (sofferenza) del mondo.


    *Nella vita ho avuto momenti di assoluta chiarezza,
    quando per pochi, brevi secondi, il silenzio soffoca il rumore
    e provo un'emozione invece di pensare
    e le cose sembrano così nitide
    e il mondo sembra così nuovo.
    E' come se tutto fosse appena iniziato.
    Non riesco a far durare questi momenti,
    io mi ci aggrappo,
    ma come tutto svaniscono.
    Ho vissuto una vita per quei momenti,
    mi riportano al presente
    e mi rendo conto che tutto
    è esattamente come deve essere...
    E all'improvviso, lei è arrivata.*

    va beh..mo' mi tocca vedere dove l'hai messo ancora il Colin...

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  12. ti piace proprio Colin! :D
    bella citazione, come sempre...

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