martedì 16 febbraio 2010

Saikaku Ichidai Onna - Vita di O-Haru, donna galante

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Dalla corte imperiale a Kyoto alla prostituzione di bassa lega.
L'intera odissea della vita di O-Haru.
Una incredibile e sempre più drammatica sequenza di eventi dei quali solo il primo, una "colpa d'amore", le è, per la cultura dell'epoca, imputabile. Il resto un'inevitabile destino verso il quale s'accanisce anche il fato.

Volutamente non racconto tutte le varie tappe della metamorfosi, se non qualche cenno nel parlare di qualche aspetto del film. E' una storia tutta da godere e da vedere, estremamente avvincente e coinvolgente, affatto noiosa, nonostante l'orientale lentezza di riprese e movenze...

Considerata l'epoca del film le immagini, per punto di ripresa, fotografia, cura d'ogni più minimo dettaglio storico, sono d'una bellezza abbacinante. Recitazioni che in quegli anni pensavo solo Kurosawa potesse ottenere, Mizoguchi ancora non lo conoscevo.

Questo film, per tutto e non per qualche particolare, è un Capolavoro Immenso.

Che coraggio poi a rappresentare una storia simile!
Il Giappone del '700 che viene raccontato, ancora fino a poco tempo fa, nell'atteggiamento nei confronti delle donne, pur avendo perlomeno superato la totale mercificazione, non era molto diverso da quello della metà del '900 che era molto indietro rispetto al resto del mondo "civile". Ricordo un'amica che mi raccontò, poco prima di sposare un giapponese che viveva in Italia, di aver ricevuto il seguente avvertimento (nel senso cortese del termine) da un altro giapponese conoscente: "sappi che un uomo giapponese non chiede mai scusa alla moglie". Era il 1988 circa, rimasi basito. La frase non intimorì la "tostissima" ragazza milanese che mise in riga il suo amato "samurai" alla grande, però è emblematica.
Se qualcuno pensa che in Italia le cose fossero molto diverse si guardi "Comizi d'Amore", un bel documentario girato da Pasolini che presto (spero) recensirò.

Quello che accade ad O-Haru è una catena di colpe che generano colpe, alcuna soluzione è possibile per l'onore, nulla può cancellare certe vergogne. Sempre sono gli uomini a chiederle, persino disperatamente, i favori e sempre gli stessi uomini la condannano per ciò che ha fatto. Tutto terribilmente reale. Salvo violenze di sangue, la povera e brava donna subisce ogni genere di violenza possibile, sia carnalmente che, soprattutto, moralmente e psicologicamente.
Questa colpa collettiva maschile emerge con un drammatico umorismo, auto-sarcastico, in un tempietto dove si troverà insieme alle colleghe prostitute, pieno di statue del Buddha, tutte statue raffiguranti uomini ovviamente e questo basti per intuire. Una scena perfetta! La perfezione che emerge nel corretto e chiaro simbolismo, nelle musiche e nel luogo che invece dovrebbe essere un regno di parità e non lo è. Una perfezione che cala come un martello sul chiodo dell'emozione che lentamente ha continuato a crescere lungo tutta la durate del non certo breve film: una vera mazzata. E' un film che punisce e condanna.

Il finale è mozzafiato, con musiche incredibilmente moderne che mi hanno ricordato il miglior René Aubry.

Insomma, un film senza tempo, per qualità e trama.
Non sono ancora pochi i luoghi nel mondo dove le donne sono trattare in quel modo quando non peggio. Il loro destino di catalizzatori di tutto il male che gli uomini riescono a procurare sembra non avere fine. Si pensi solo per un attimo alle guerre, a cosa producono ai civili ed alle donne in primis.

2 commenti:

  1. una cara amica m'ha detto:
    "Roberto, ho letto la tua recensione, non ho visto il film, ma posso dirti, da quello che ho letto nel tuo pezzo, che non mi meraviglia per niente il fatto che il luogo che dovrebbe essere "di parità", si riveli esattamente il contrario ....
    Come diceva qualcuno, la "sovrastruttura" dipende dalla "struttura", economica, diceva lui, sociale, dice qualcun altro.. In ogni caso, si tratta di poteri. E i poteri, nella tradizione, e non solo..., sono "colorati" al maschile.
    La situazione, e le logiche, che da ciò derivano sono sotto i nostri occhi.

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  2. la frase che hai colto è la più sentita. nemmeno il buddismo, nemmeno la corrente che segue il sutra del loto, quello dove la parità tra i sessi è sancita in modo inequivocabile da Shakyamuni in persona, riesce a superare queste vergognose disparità.
    curiosamente le donne, anche nelle organizzazioni religiose, diventano essenziali al funzionamento delle stesse, pur senza prenderne mai le redini in mano. dovreste fare una specie di "disobbedienza collettiva", diventare tante Rosa Parks, vorrei vedere poi tutti questi uomini che vogliono "dettare legge" che fine fanno.

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